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Melfi, il giudice accetta il ricorso di Fiat
contro gli operai licenziati

Il Tribunale ha accettato l'istanza presentata contro il reintegro dei tre operai licenziati un anno fa nello stabilimento lucano della Fiat. I tre erano stati rimessi in servizio nell'agosto scorso, con un decreto d'urgenza del giudice del lavoro. Fiom attende di conoscere le motivazioni, ma già annuncia ricorso in Appello
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Quel licenziamento non fu antisindacale: il Tribunale di Melfi ha accettato, poco fa, il ricorso presentato dalla Sata contro il reintegro dei tre operai licenziati un anno fa nello stabilimento lucano della Fiat. La decisione del Giudice, Amerigo Palma, è arrivata al termine dell’ultima udienza che si è celebrata questa mattina a porte chiuse. Davanti al Tribunale, sin dalle prime ore si era radunato un nutrito gruppo di militanti e dirigenti della Fiom-Cgil, il sindacato delle tre tute blu protagoniste della vicenda.

La storia di Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli inizia la notte tra il 6 e il 7 luglio 2010. Nel corso di uno sciopero, ai tre viene contestato di aver bloccato un carrello e di fatto interrotto la produzione. Dal giorno successivo non viene consentito loro l’ingresso in fabbrica, fino al licenziamento che arriva nove giorni dopo. Per la Fiom quel provvedimento è antisindacale. La pensa così il Giudice del Lavoro di Melfi, Emilio Minio, che il 10 agosto 2010 rimette in servizio i tre con un decreto di urgenza: “Il licenziamento appare sproporzionato e illegittimo”. La Fiat non ci sta, presenta ricorso e, intanto, chiede alle tre tute blu di starsene a casa.

In alternativa, propone il “confino” nello stesso stabilimento, nonostante le parole del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “Il mio vivissimo auspicio – che spero sia ascoltato anche dalla dirigenza della Fiat – è che questo grave episodio possa essere superato, nell’attesa di una conclusiva definizione del conflitto in sede giudiziaria”. Si andrà avanti così, con i tre operai costretti a trascorrere le loro ore di lavoro al chiuso di una stanzetta, senza poter stare sulle linee di produzione. Fino alla sentenza di oggi che dà ragione a Fiat, che da sempre ha respinto le accuse di un “licenziamento politico”. Ora, la Fiom attende di conoscere le motivazioni ma già annuncia ricorso in Appello. Per gli operai, che ora dovranno nuovamente lasciare il loro posto di lavoro, c’è un’altra chance: sulla legittimità del provvedimento, se cioè quella decisione fu adeguata o spropositata, deciderà un nuovo procedimento già avviato, individualmente, dalle tre tute blu.

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