La legge sullo stalking presenta profili di incostituzionalità e rischi per i diritti della vittima e dell’accusato, perché – fra l’altro – per provare l’accusa prende a riferimento il danno psicologico (soggettivo) e non il comportamento delittuoso (oggettivo). Tali aspetti sono emersi nel corso in una giornata di studi su mobbing e stalking tenutasi a Milano il 26 marzo, a cui hanno partecipato come relatori docenti universitari, magistrati, avvocati, psicologi e rappresentanti delle Forze dell’Ordine.

I limiti segnalati sono ancora più seri se si considera l’aumento di denunce pervenute: solo a Milano, dal 24 marzo 2010 al 24 marzo 2011, da 574 denunce di stalking si è passati a 750 (le archiviazioni sono state 210), come emerso dai dati forniti dal dott. Pietro Forno, capo del Dipartimento sui delitti contro la famiglia, pornografia e pedopornografia (anche on-line) della Procura di Milano. Forno ha sottolineato che per l’esperienza globale del lavoro del Dipartimento, come risposta al reato prevalgono le misure non detentive rispetto a quelle detentive.

La legge prevede infatti il divieto, per l’imputato, “di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”, ai prossimi congiunti, ai conviventi o alle persone legate alla persona offesa da relazioni affettive, come spiegato dall’avv. Corrado Limentani, consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Milano. E’ previsto altresì il divieto di comunicare con tali persone attraverso qualsiasi mezzo (e quindi anche con i moderni strumenti telematici). Queste misure costituiscono, a parere di molti dei relatori, uno strumento utile di prevenzione di delitti ancora più gravi di cui spesso lo stalking è soltanto preludio, come l’omicidio.

Al centralino nazionale appositamente istituito per questo genere di reati arrivano circa 18/20 mila telefonate in un anno, ma la dott.ssa Gemma Gualdi, giudice del Tribunale di Milano, ha messo in guardia sul fatto che la marea di denunce deve essere suddivisa tra quelle chiaramente infondate (strumentali ad esempio, ad un procedimento per separazione giudiziale in corso, ad una questione di eredità, ad altre controversie) e quelle corrispondenti a dei dati penalmente rilevanti. Tuttavia i possibili errori del magistrato nel valutare la querela, ha sottolineato Gualdi, sono accresciuti dal fatto che a volte lo stalker è una persona qualunque, una persona per bene, quindi apparentemete insospettabile.

Ma il problema è spesso la stessa legge, che pecca di indeterminatezza e punisce il danno causato alla vittima e non i comportamenti dello stalker. La dott.ssa Claudia Cimmino, psicologa e psicoterapeuta, ha spiegato dettagliatamente la classificazione del danno psicologico in caso di stalking e la sua misurazione da parte degli esperti dopo anni di ricerche in materia, tuttavia sotto il profilo legale permangono problemi. Lo ha chiarito l’avv. Floriana Maris, cassazionista, citando le difficoltà di utilizzare i parametri indicati dalla nuova legge, soprattutto il “grave stato di ansia e di paura” e il “fondato timore”, per stabilire la soglia di comportamenti punibili, poiché si tratta di eventi psicologici di difficile accertamento e di carattere prettamente soggettivo.

D’accordo l’avv. Giuseppe Siniscalchi, coordinatore dei lavori, il quale ha spiegato che l’art. 612 bis del Codice penale, che sanziona il reato di stalking, “è una norma estremamente lacunosa”. Rispetto a profili quali la prova del danno psicologico, il relatore – che ha messo in guardia anche rispetto al cyberstalking (atti persecutorii messi in atto con l’uso delle nuove tecnologie) – ha parlato di possibili profili di incostituzionalità della norma italiana, ricordando che “altri ordinamenti (come ad esempio quello austriaco) hanno preferito dare rilevanza alla condotta più che agli stati soggettivi della vittima”.

E di incostituzionalità ha parlato anche il prof. Mario Zanchetti, ordinario di Diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Carlo Cattaneo” – Liuc. Il docente ha sottolineato come espressioni come “lo stato d’ansia e di paura” e “il fondato timore” generino marcata indeterminatezza della norma e quindi un possibile vizio di costituzionalità, come avvenuto con il reato di plagio, ritenuto incostituzionale per l’impossibilità di attribuire ad esso un contenuto oggettivo, coerente, razionale e suscettibile di prova in giudizio.

Anche per il prof. Angelo Giarda, ordinario di Diritto processuale penale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, se le norme sono approssimative e poco chiare come nel caso in questione, vuol dire che potremmo invocare un sospetto di incostituzionalità. Fra gli altri punti critici, il prof. Giarda ha evidenziato i dubbi generati dalla possibilità di ammonimento da parte del questore nei confronti della persona denunciata per comportamenti persecutorii, in assenza di  garanzie quali la presenza dell’avvocato difensore (o il controinterrogatorio, ndr). Questi profili critici, ha sottolineato il prof. Giarda, sono il risultato di una legiferazione poco meditata e condivisa, che richiederà successivi interventi di aggiustamento.

In particolare, l’avv. Maris ha puntato il dito sul ricorso da parte del Governo al metodo della legiferazione per decreto, sottolineando che ad una normativa di criminalizzazione dello stalking sarebbe stato più consono un dibattito ed un confronto più ampio nell’assemblea parlamentare.

Qui la pagina web del convegno con gli interventi dei relatori

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