Expo 2015 potrebbe trasferirsi a Smirne, sulla quale Milano vinse per pochi voti a Parigi nel marzo 2008. Entro novembre ci sarà la verifica del lavoro svolto in questi quasi tre anni. Il Bureau International des Expositions (Bie) valuterà il lavoro fin qui svolto e il rispetto del dossier di candidatura sul quale la città meneghina ha vinto. Ma la società Expo 2015 Spa è ancora in alto mare per quanto riguarda i terreni su cui sarà allestita l’esposizione. Il passaggio è chiave. Tanto da aver portato allo scontro appena due mesi fa due dei soci principali: Comune e Regione Lombardia. Da una parte il sindaco Letizia Moratti contraria all’acquisizione dei terreni, dall’altra il governatore Roberto Formigoni che invece spingeva affinché una nuova società da lui ideata comprasse i terreni dai proprietari, Fiera Milano e gruppo Cabassi. E la questione è tutto fuorché risolta. “La valutazione sulle aree avverrà a metà settembre”, ha detto il 25 agosto Formigoni. Il rischio è quello di vedersi sfilare la manifestazione. E se le voci su un possibile “trasloco” a Roma, circolate insistentemente lo scorso ottobre quando lo stallo della società era evidente e denunciato da molti (in primis l’exposcettico Giulio Tremonti), vennero smentite; quelle relative al passaggio di mano addirittura alla città Turca, da tempo nell’aria e oggi messe nere su bianco da ItaliaOggi, sono state apparentemente ignorate. L’offerta avanzata da Smirne potrebbe essere allettante per i disastrati conti degli enti locali, in particolare Provincia e Regione. La Turchia sarebbe infatti pronta a una sorta di risarcimento economico in cambio dell’esposizione universale. La proposta dovrà essere vagliata dal Bie. Ma, ricorda ItaliaOggi, la Turchia ha una crescita annua del pil pari al 4,5% con tendenza al rialzo contro l’1% italiano. Dato più che rilevante per il Bie parigino.

Milano non ne uscirebbe di certo a testa alta. Non è un caso che i vertici della società stiano cercando di correre ai ripari. Angelo Provasoli sta valutando la possibilità di lasciare l’incarico di presidente del collegio dei sindaci di Expo 2015 Spa. Mentre dal consiglio di amministrazione potrebbe dimettersi Leonardo Carioni, consigliere nominato dal ministero del tesoro, socio di maggioranza con il 40%. Carioni si è speso sin dall’inizio per evitare gli sprechi. Grazie a lui la società è riuscita a ottenere gratuitamente gli uffici di palazzo Reale che il sindaco voleva invece affittare a Expo 2015 per oltre un milione di euro. Alla proposta Carioni, fra l’altro presidente leghista della provincia di Como, saltò in aria: “Ma come il Comune mette i soldi nella società e poi se li riprende con l’affitto?”. Ma per lasciare il cda Carioni ha bisogno del via libera del ministro dell’economia e di Umberto Bossi. Nessuno dei due intende accordargli il permesso. Al momento. Certo è che se la barca andrà inesorabilmente verso il fondo, Carioni non accetterà di certo di andare a picco per i fallimenti altrui.

Al momento di certezze ce ne sono poche. Le grandi opere previste sono ferme o avviate da poco. Non è ancora stato dato il via libera alle prime sette gare di progettazione della piastra espositiva, la base in pratica. Il viceministro Roberto Castelli prima e Umberto Bossi poi hanno riconosciuto che a Milano “sono fuori tempo massimo”. Intanto a Expo 2015 continua il balletto delle nomine. Tra giugno e luglio è stato sostituito, e inviato ad altro incarico, il capo della comunicazione, Andrea Radic, sostituito con Roberto Arditti, ex portavoce del ministro Claudio Scajola e direttore de Il Tempo. E’ toccato poi a Lucio Stanca lasciare la carica di amministratore delegato a Giuseppe Sala, direttore generale di Palazzo Marino e uomo di fiducia di Letizia Moratti. Ma poco preparato su Expo. Al suo insediamento rilasciò una dichiarazione ad agenzie e tv: “Taglieremo i costi, primo fra tutti gli uffici di Palazzo Reale”. Gli altri consiglieri si guardarono esterefatti. “Ma come, l’unica cosa gratis che abbiamo sono proprio gli uffici”. I costi sono sempre stato un liet motive della società per giustificare l’empasse di questi anni. I tagli della manovra economica, il patto di stabilità da rispettare e i versamenti da parte dei soci che non arrivano o arrivano in ritardo. Basti pensare che il ministero dell’Economia ha inviato i 7,5 milioni per l’esercizio del 2009 solamente lo scorso 5 agosto. Ma ne mancano ancora 9,2. Questi 7,5 milioni di euro fanno infatti parte dei 16,7 milioni che lo Stato si è impegnato a versare alla società di gestione per il 2009 sulla base del piano pluriennale di finanziamenti statali a Expo ma, pur essendo già stanziati, finora erano rimasti bloccati per un complicato intreccio di ostacoli giuridici e contabili.

Di nodi da sciogliere ce ne sono ancora molti. Ma pare che la società non abbia fretta. Nell’ultimo Cda, riunitosi il 30 luglio, è stato nominato ad Sala, e gli è stato fissato il compenso annuo a 270mila euro più 130mila come incentivazione dei risultati. Punto. E le gare? L’avvio dei lavori? I terreni? I fondi? Niente. “La società ha deciso che prima di bandire le gare in questione la società dovrà completare il processo di adozione del modello organizzativo previsto dal Dl 231/2001 e nominare l’organismo di vigilanza previsto dalla normativa”. La seduta si è conclusa con la promessa di una nuova convocazione a fine agosto. Oggi è il primo settembre. Il Cda ad agosto non si è riunito. E a Palazzo Reale ancora non sanno per quando convocarlo. “Entro settembre”, rispondono genericamente.

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