IL PUNTO -Israele chiude il valico di Rafah in attesa di tutti i corpi degli ostaggi uccisi. Ma potrebbero volerci giorni
Il giorno dopo la firma dell’accordo di pace di Donald Trump i mediatori stanno già lavorando alla ‘fase 2’ del piano, in particolare sulla sicurezza e la futura amministrazione della Striscia, quando ancora la prima parte resta fragile. Hamas ha accusato Israele di aver aperto il fuoco contro i palestinesi, uccidendone 44 nelle ultime 24 ore “violando il cessate il fuoco”. Dal canto suo lo Stato ebraico ha deciso di chiudere per due giorni il valico di Rafah all’ingresso degli aiuti per la mancata consegna delle salme di 24 ostaggi, gli ultimi ancora a Gaza dopo i 4 corpi restituiti poco dopo il rilascio degli ultimi 20 rapiti ancora in vita.
“Il lavoro non è terminato” ha scritto Trump su Truth, chiedendo il ritorno immediato delle salme. La fazione palestinese ha quindi annunciato la restituzione di altri quattro corpi: “La pressione israeliana e quella dei mediatori hanno fatto il loro lavoro e Hamas è andata nel panico”, ha commentato una fonte politica israeliana ai media ebraici. Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha tuttavia avvertito che potrebbero volerci “giorni o settimane” per ritrovarli tutti sotto le macerie della Striscia: la questione è “una sfida enorme, ancora più grande del rilascio delle persone vive”, ha spiegato, ammettendo che esiste anche la possibilità che non vengano mai ritrovati.
Anche l’Egitto, riferiscono media arabi, ha inviato sue squadre a Gaza per aiutare a individuare la posizione degli ostaggi deceduti e accelerare la consegna a Israele. Le condizioni sul terreno sono infatti disastrate: secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, oltre l’80% degli edifici nella Striscia sono andati distrutti o danneggiati dalla guerra, e nella sola Gaza City la percentuale arriva al 92%. L’Undp descrive la distruzione come “devastante”, con almeno 55 milioni di tonnellate di macerie da smaltire prima di avviare la ricostruzione.
Le autorità locali del resto affrontano le stesse difficoltà nel recupero dei corpi dei palestinesi uccisi durante la guerra: dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, le squadre di soccorso hanno recuperato più di 250 corpi, alcuni dei quali giacevano per strada, scrive l’agenzia palestinese Wafa, ma si stima che siano oltre 10.000 quelli sotto le macerie. Intanto il bilancio delle vittime continua a salire: secondo al Jazeera altre 9 persone sono rimaste uccise mentre tentavano di tornare alle loro case a Gaza City, nel nord della Striscia, o a Khan Yunis nel sud, mentre il ministero della Sanità di Hamas parla di 44 e 29 feriti nelle ultime 24 ore.
L’Idf ha spiegato che i soldati israeliani hanno sparato colpi di avvertimento all’indirizzo di “individui sospetti” che si stavano avvicinando alle truppe o tentavano di oltrepassare la ‘Linea Giallà, la prima demarcazione del graduale ritiro dei militari, prima di richiedere l’intervento aereo. La situazione nella Striscia resta critica anche sul piano umanitario e sanitario: l’Oms ha avvertito che 15.600 persone hanno urgente bisogno di evacuazione medica per poter essere curati fuori dalla Striscia. Tra questi 3.800 sono bambini, e la maggior parte ha subito amputazioni agli arti. Onu e Croce Rossa hanno inoltre chiesto l’apertura di tutti i valichi di frontiera per Gaza per consentire l’ingresso degli aiuti.
Nella Gaza del cessate il fuoco si continua dunque a morire. Di spari, di fame, di malattie, ma anche di vendette tra bande. Un video shock porta alla luce i crimini di Hamas contro i clan di oppositori e le famiglie beduine che negli ultimi mesi si erano schierate apertamente contro i terroristi: il filmato mostra i miliziani sparare a sette condannati a morte in ginocchio e con le mani legate dietro la schiena. Intorno una folla di persone che riprendono la scena con i cellulari, urlano Allahu Akbar, inneggiano, fischiano. Poi gli spari, il sangue, i corpi a terra.