Usa incriminano due alti funzionari dell’ex regime per torture
I procuratori statunitensi accusano due alti funzionari siriani di aver supervisionato un carcere in cui venivano torturati manifestanti pacifici e altri prigionieri politici, tra cui una donna americana di 26 anni che si crede sia stata giustiziata.
L’incriminazione ufficiale, tardiva, arriva dopo due giorni dal rovesciamento del governo di Bashar Al-Assad, fuggito a Mosca. L’atto d’accusa era stato depositato il 18 novembre presso un tribunale federale di Chicago. I due nomi indicati nell’accusa sono Jamil Hassan, direttore del ramo dell’intelligence dell’aeronautica siriana, che secondo i procuratori ha supervisionato un carcere e un centro di tortura presso la base aerea di Mezzeh nella capitale, Damasco, e Abdul Salam Mahmoud, che avrebbe diretto l’istituto penitenziario di Sednaya, conosciuto come “mattatoio umano”.
I due sono accusati di cospirazione per commettere trattamenti crudeli e disumani nei confronti di detenuti civili durante la guerra civile siriana. Secondo i procuratori, i detenuti del carcere venivano frustati, presi a calci, sottoposti a scosse elettriche, bruciati e sottoposti ad altri abusi fisici e psicologici, inclusa la detenzione in celle insieme ai cadaveri di altri prigionieri deceduti.
Le vittime includevano siriani, americani e cittadini con doppia nazionalità, si legge nell’accusa. Il Syrian Emergency Task Force, un’organizzazione con sede negli Stati Uniti, ha a lungo sollecitato i procuratori federali a intervenire su questi casi, tra cui quello dell’operatrice umanitaria americana di 26 anni Layla Shweikani. Il gruppo ha presentato testimoni che hanno testimoniato delle torture subite da Shweikani nel 2016 in carcere. Le organizzazioni siriane per i diritti umani credono che sia stata successivamente giustiziata nella prigione militare di Sednaya, alla periferia di Damasco.
Il direttore della Syrian Emergency Task Force, Mouaz Moustafa, ha detto che tra i torturati nel carcere c’erano anche suoi parenti. I procuratori federali hanno dichiarato di aver emesso mandati di arresto per i due funzionari, che rimangono latitanti. Le prospettive di portarli a processo sono incerte.