“Gli zingari devono obbedire alla legge”: il leader portoghese di estrema destra Ventura condannato a rimuovere i manifesti elettorali
Il candidato André Ventura, uno dei quattordici in pista il 18 gennaio 2026 per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica portoghese, è stato condannato lunedì a rimuovere immediatamente i cartelloni elettorali nei quali la sua immagine è accompagnata da questa frase: “Gli zingari devono obbedire alla legge”. La sentenza è stata emessa dal tribunale civile di Lisbona: il giudice Ana Barao, accogliendo la denuncia presentata da sei associazioni comunitarie, ha concesso ventiquattro ore di tempo per rimuovere i manifesti, con una multa di 2.500 euro per ogni giorno di ritardo. Il leader di Chega, partito populista di estrema destra, ha annunciato che presenterà ricorso “perché questa sentenza apre un precedente gravissimo per la Repubblica e per la democrazia. In tutta Europa, questa decisione appare unica e invece di più libertà e più democrazia, l’imposizione di rimuovere i cartelloni rafforza il senso di impunità da parte di una comunità”. Nessun procedimento invece su un’altra comunità presa di mira da Ventura nella sua campagna elettorale: quella dei cittadini del Bangladesh. Non c’è stato un pronunciamento per la semplice ragione che non ci sono state denunce.
La sentenza di Lisbona, emessa lunedì, è stata una delle notizie più rilanciate dai media nei notiziari della sera. È stata commentata sui social e nelle cene prenatalizie da milioni di cittadini portoghesi. Da alcune settimane il dibattito presidenziale è servito a tavola, tra zuppe e baccalà. Quattordici candidati per la successione di Marcelo Rebelo de Sousa sono un record. E la scelta da parte del presidente in uscita di rinunciare ai privilegi concessi a chi ha servito il Paese nel ruolo più importante – ufficio, segretario, attendente, auto e benzina pagata – ha scosso un Portogallo in cui la casta, come in altre nazioni, rappresenta un’élite dorata.
André Ventura è il nuovo astro della politica lusitana. Ha fondato il partito Chega nel 2019 e nel 2025 lo ha condotto al secondo posto nelle preferenze dei portoghesi, preceduto solo dai socialdemocratici del premier Luìs Montenegro. Se si dovesse andare alle urne in questi giorni, Chega conquisterebbe la medaglia d’argento, lasciando il bronzo ai socialisti, ancora scossi dall’uscita dalla scena dell’ex pm Antònio Costa, Presidente del Consiglio Europeo dal 1° dicembre 2024.
L’ascesa dirompente di Chega è legata in gran parte all’istrionismo e alla spregiudicatezza del suo leader. Avvocato, 42 anni, ex commentatore televisivo sportivo, Ventura si muove sul solco di Matteo Salvini e dello spagnolo Santiago Abascal di Vox. Ha assimilato in fretta la lezione degli omologhi europei e ha accorciato il “ritardo” populista del Portogallo, rilanciando temi e slogan degli schieramenti demagogici del vecchio continente. La candidatura alla presidenza della Repubblica è l’ultimo passo di un’ascesa irresistibile. Nei sondaggi, Ventura lotta per la prima posizione, anche se appare quasi impossibile – ma in politica mai dire mai – che possa succedere a Marcelo, come chiamano affettuosamente i portoghesi l’attuale presidente.
Il problema, come rilevato in un editoriale firmato dal direttore aggiunto di O Pùblico, Pedro Candelas, è che il populismo di Chega ha qualche problema con la giustizia: “Rappresenta una contraddizione insanabile nel partito che si alimenta di indignazioni e risentimenti”. In effetti, basta scorrere i reati commessi da alcuni esponenti di Chega per avere un campionario di misfatti ed orrori, tra valigie rubate all’aeroporto, guida in stato di ebbrezza, incitamento all’odio, prostituzione di minori e abusi sessuali su minori. Una sfilza di crimini che, per ora, non ha frenato l’ascesa del partito che ha scelto come slogan la parola “Basta!”. Una parola che, pronunciata contro, potrebbe fermare la corsa di Ventura. Già, ma quando?