Mattarella chiama la mamma di Alberto Trentini: “L’Italia è con voi, non perdete la speranza”
“Signora Armanda, sono Sergio Mattarella. Non perdete la speranza: l’Italia è al fianco di Alberto. E al vostro”. Con queste parole il presidente della Repubblica – nei giorni scorsi – ha esordito durante una telefonata a casa Trentini, rivolgendosi alla mamma di Alberto, il cooperante italiano recluso da più di un anno nel maxi-carcere venezuelano de El Rodeo I, per esprimerle solidarietà e vicinanza di tutta l’Italia. A riportare i dettagli della telefonata è Repubblica.
La signora Armanda Colusso, insieme all’avvocata Alessandra Ballerini, ormai da diverso tempo chiede supporto e aiuto agli italiani, con la disperazione di una mamma che non intravede una soluzione immediata. Trentini era stato arrestato il 15 novembre 2024 mentre viaggiava da Caracas a Guasdualito, nello Stato di Apure. Un fermo a un posto di blocco, senza altre spiegazioni, a cui hanno fatto seguito settimane di isolamento: nessun contatto con la famiglia, nessuna possibilità per l’Italia di vederlo o di avere informazioni precise e frequenti.
Dopo mesi di aperture e passi indietro, adesso potrebbe esserci un piccolo spiraglio per la famiglia Trentini. In questi giorni si è infatti aperto un nuovo canale di trattativa per il rilascio e il ritorno a casa del giovane. Non stiamo parlando di svolte diplomatiche nei rapporti Roma-Caracas, ma di un canale di trattativa aperto dall’ambasciatore Onu Alberto López, venezuelano radicato a Vienna, con il sostegno del Palazzo di Vetro, l’Organizzazione internazionale per lo sviluppo delle relazioni diplomatiche, l’Organizzazione internazionale per i diritti umani e dalla Santa Sede.
Lopez è arrivato a Caracas e la sua roadmap prevede anche un incontro con il presidente venezuelano Nicolás Maduro. Per l’occasione López consegnerà a Maduro una lettera a firma della madre di Alberto. “Sono qui per restituire un sereno Natale alla famiglia Trentini e riportare Alberto a casa. Il mio operato non prevede formule magiche: punto alla pace, a rispetto e alla diplomazia, capace di costruire ponti tra mondi distanti”, aveva dichiarato ni giorni scorsi a Ilfattoquotidiano.it, alla domanda su come intende superare i malintesi e le diffidenze che hanno finora condizionato la trattativa sul rilascio del cooperante. “Questi 13 mesi di prigionia per Alberto sono stati una crudeltà quotidiana, per lui e anche per noi”, aveva dichiarato la signora Armanda in un’intervista a Repubblica. “Non oso immaginare i pensieri e le riflessioni di mio figlio quando inizia un nuovo giorno: ‘In che Paese sono nato, se permettono che io resti in cella senza colpa alcuna?’, si chiederà”.