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Ultimo aggiornamento: 18:11

Francesca Albanese intervistata da Scanzi: “Le ispezioni di Valditara nelle scuole? Venga da me, ministro, parli con me”

"È vergognoso intimidire scuole e studenti". La relatrice speciale Onu, intervistata da Andrea Scanzi, replica al ministro dell'Istruzione
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“Il fatto di avere un ministro che manda le ispezioni punitive nei confronti di docenti e studenti è vergognoso. Ministro Valditara, vieni da me, parla con me”. È con questo affondo diretto che Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati dal 1967, risponde alle iniziative del ministero dell’Istruzione dopo i suoi incontri con studenti e studentesse in alcune scuole toscane.
Intervistata da Andrea Scanzi, Albanese respinge l’idea di aver trasformato quegli appuntamenti in comizi politici e denuncia un clima di delegittimazione che colpisce non solo lei, ma chiunque metta in discussione l’operato dello Stato italiano sul conflitto israelo-palestinese. “Mi accusano di corruzione di giovani, cioè non so se si sia mai sentita una cosa del genere”, afferma, rivendicando il diritto di parlare di diritto, etica e Costituzione.

La giurista racconta come l’attacco mediatico le abbia provocato ferite personali profonde, soprattutto quando arriva da figure che stimava. “Per me è stato doloroso vedermi criticare da persone di cui avevo stima, come Romano Prodi o Corrado Augias”, dice. Una delusione che, però, si trasforma in consapevolezza: “Alla fine ho capito che nessuno dei due abbia letto niente di ciò che ho scritto”. È qui che, spiega, scatta l’emancipazione: “Non avete diritto di esprimervi sulla mia persona, sul mio lavoro. Della serie: vivo anche con la vostra critica”.
Secondo la relatrice Onu, il caso italiano rivela un problema più ampio. “In Italia c’è un problema di sionismo diffuso”, afferma, chiarendo che non si tratta di un fenomeno legato alle comunità ebraiche, ma di un’ideologia che porta “all’oscurantismo rispetto alla condotta dello Stato di Israele”, nonostante i crimini che commette.

Albanese nega di aver mai definito fascista il governo Meloni, ma aggiunge che, anche se l’avesse fatto, “non è un crimine”. Ricorda come esponenti della maggioranza “si vantano di essere fascisti” e “criticano più il 25 aprile che le ragioni storiche che l’hanno prodotto”, parlando di una vera e propria “commedia dell’assurdo”.
Quanto alle accuse di istigazione alla protesta, chiarisce di non aver mai invitato gli studenti a occupare le scuole, ma di aver riconosciuto il ruolo dei giovani come primi oppositori del genocidio a Gaza, anche attraverso le occupazioni universitarie. “Siete voi, cittadini e cittadine, i guardiani ultimi della legalità”, ribadisce, richiamando l’etica del diritto e il primato della Costituzione come cardini della formazione giuridica in Italia.

Albanese rivendica anche la portata dei suoi incontri: oltre diecimila studenti raggiunti in pochi giorni, grazie a collegamenti online che coinvolgono decine e poi centinaia di scuole. “Ma non è colpa mia. Lo facessero pure loro”, osserva, respingendo l’idea che questo possa configurare una colpa o un abuso.
Il nodo focale resta però la responsabilità politica. “Io ho detto assolutamente che questo governo è corresponsabile dei crimini che Israele sta commettendo, afferma senza esitazioni. Una corresponsabilità che, sottolinea, spetta all’autorità giudiziaria valutare nel “quid e nel quantum”, ma che lei fonda su elementi concreti. “Ho portato le prove empiriche di questo nell’ultimo rapporto che ho pubblicato per le Nazioni Unite”, aggiunge, accusando i ministri italiani di non averlo nemmeno letto.

Nel mirino c’è il ruolo dello Stato italiano, che a suo dire “primeggia tra i governi occidentali nell’aver garantito supporto politico, diplomatico, economico, finanziario e militare” a Israele, per ragioni prevalentemente ideologiche. Un sostegno che accompagna, nella sua analisi, la trasformazione di Israele “da uno Stato di apartheid che mantiene un’occupazione illegale su Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est in uno Stato genocida”.
Da qui la richiesta finale di un confronto pubblico basato sui fatti, non sulle ispezioni e sul “killeraggio mediatico”. “Se hanno qualcosa da dire si confrontassero, rispondessero con i fatti – conclude la giurista – Dimostrare coi fatti che Francesca Albanese si sbaglia: questo è il vostro ruolo in quanto istituzioni”.

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