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Giorgetti: “Noi austeri? È prudenza”. E difende il favore ai fondi pensione (“resterà nella storia”) e la tassa sui piccoli pacchi

Il ministro, costretto a rimangiarsi il primo maxi emendamento alla manovra che penalizzava chi ha riscattato la laurea e allontanava le pensioni anticipate, interviene in aula e si innervosisce per le contestazioni dell'opposizione sulla tassa di 2 euro sui pacchi in arrivo dalla Cina
Giorgetti: “Noi austeri? È prudenza”. E difende il favore ai fondi pensione (“resterà nella storia”) e la tassa sui piccoli pacchi
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Ribattezza “prudenza” la scelta di tenere strettissimi i cordoni della borsa, che gli è valsa l’accusa giustificata di “attuare una politica di austerità. Difende le imbarazzanti giravolte dei giorni scorsi sulle pensioni rivendicando che “la riforma della previdenza complementare che coraggiosamente abbiamo affrontato è un tema ineludibile ed un passaggio che resterà nella storia“. Si intesta uno stanziamento “mai visto nei tempi recenti” per la sanità. E promuove la tassa da 2 euro sui piccoli pacchi in arrivo dall’Asia la cui invasione “costringe a chiudere” i negozi “fatti da persone”. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, costretto a rimangiarsi il primo maxi emendamento alla manovra che penalizzava chi ha riscattato la laurea e allontanava le pensioni anticipate, coglie l’occasione delle repliche al termine della discussione generale in Senato sulla legge di Bilancio per togliersi qualche sassolino dalla scarpa.

“L’obiezione fondamentale che ho sentito nel dibattito è l’accusa al governo di attuare una politica di austerità”, dice. “Questa politica di austerità io la traduco con il termine prudenza”. Perché “con il livello del debito pubblico che ha questo Paese, con il fatto che il governo deve mettere 400 miliardi all’anno di debito pubblico, col fatto che il nostro bilancio è gravato di 90 miliardi di interessi sul debito pubblico, io non posso continuare a ragionare come si ragionava cinque anni fa, quattro anni fa, in cui i tassi di interesse erano zero o negativi e, quindi, quel debito costava molto poco, oppure quando la Banca Centrale Europea faceva una politica monetaria espansiva”. Oggi “i tassi di interesse sono aumentati, la Banca Centrale Europea non compra più il nostro debito, quindi noi siamo tenuti a maturare una credibilità, una fiducia sui mercati in modo che tutti possano valutare se comprare il nostro debito o no, e senza la fiducia nei confronti del Paese e del governo che lo rappresenta questo non sarebbe possibile”. Le figuracce e i litigi in maggioranza come si conciliano con la necessità di credibilità? “Non so se tutto questo passerà alla storia, so soltanto che grazie a questo tipo di politica l’Italia si presenta a testa alta in Europa e nel mondo“, assicura.

Poi entra nel merito delle norme, rimaste nella versione definitiva, che spingono la previdenza complementare. Vedi la possibilità di trasferire il proprio piano previdenziale, comprensivo di contributo del datore di lavoro, a forme previdenziali non negoziali: un “bel regalo” a banche e assicurazioni che gestiscono piani di previdenza non contrattuali, per la senatrice Pd Maria Cecilia Guerra. “Penso che la riforma della previdenza complementare che coraggiosamente abbiamo affrontato sia un tema ineludibile ed un passaggio che resterà nella storia”, replica Giorgetti. Perché, argomenta, “senza il secondo pilastro le pensioni del lontano futuro non saranno in grado di garantire pensioni dignitose. Quindi è una scelta che nel lungo termine farà un gran bene soprattutto ai giovani e questa la rivendico”.

Quanto al cuore della manovra, il taglio della seconda aliquota Irpef, che segue gli interventi delle precedenti leggi di Bilancio, il titolare del Mef ribadisce che gli sforzi si sono concentrati sui lavoratori dipendenti “prima fino a 30mila euro, poi 40mila euro, poi 50mila euro, perché che erano quelli in qualche modo vessati. Quei lavoratori dipendenti, soprattutto con famiglia e figli a carico, sono quelli che hanno avuto la maggiore attenzione giustamente da questo governo e che infatti hanno recuperato puntualmente quello che si chiama fiscal drag“. Anche se secondo l‘Ufficio parlamentare di bilancio nella fascia 32-45 mila euro il drenaggio è stato recuperato solo parzialmente.

Quanto alle contestazioni per la tassazione sui piccoli pacchi extra-Ue, il ministro si innervosisce quando il senatore M5s Bruno Marton definita la misura “baggianata“. Chiede di replicare e spiega che bisogna guardare il quadro più ampio: “Non so se permetterà di salvare il commercio e la produzione europei, ma bisogna ragionare seriamente su misure di contrasto alla concorrenza sleale o in cinque anni la manifattura in Europa non sopravvivrà. Non sono baggianate. Io ho visto un cambiamento totale, rivoluzionario, in Europa su questo aspetto, perché finalmente qualcuno, anche in Europa, ha capito che se non si faceva nulla, l’overcapacity di alcuni paesi asiatici con l’invasione di questi piccoli pacchi avrebbe distrutto anche con riflessi economici e sociali la rete del commercio. Ci sono anche i negozi fatti da persone, uomini e donne che di fronte a questa concorrenza non fair sono costretti a chiudere”.

Poi Giorgetti respinge al mittente l’accusa di aver allentato “la fase del controllo e dell’accertamento fiscale: no. Abbiamo avuto coraggio”, dice, “siamo andati a fare accertamenti milionari, miliardari ai giganti del web“. Anche se poi con qualche gigante si sono trovati accordi non più miliardari e assai favorevoli al gigante stesso.

Non basta: passando al metodo, Giorgetti ha ammesso e difeso anche il monocameralismo di fatto per cui ormai da anni – non è certo una novità di questa legislatura – le leggi di Bilancio vengono esaminate da un solo ramo del Parlamento mentre l’altro, dopo Natale, si limita ad approvare a scatola chiusa con la fiducia. “I parlamenti sono nati per approvare i bilanci, alcune importanti democrazie parlamentari in questo momento in Europa non sono in grado di approvare il bilancio. E anche l’iter di approvazione del bilancio nel Parlamento italiano è andato via via perdendo forse la centralità, la dimensione che dovrebbe essere propria, con di fatto un monocameralismo che constatiamo da diversi anni”. Così è e così continuerà ad essere? “Questo interroga e dovrebbe interrogare tutti noi su come le democrazie parlamentari dovrebbero aggiornare e aggiornarsi per essere al passo coi tempi e mantenere le prerogative per cui esse sono nate”.

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