I brutti ricordi possono essere cancellati con un clic? Individuato l’“interruttore” molecolare in grado di modulare l’intensità della memoria
E se i brutti ricordi potessero essere “spenti” con un clic? Non è fantascienza, ma il suggerimento – per ora confinato al laboratorio – di una ricerca pubblicata dal Politecnico Federale di Losanna. Lo studio, condotto su modelli animali, ha individuato una sorta di “interruttore” molecolare in grado di modulare l’intensità dei ricordi negativi agendo sui meccanismi biologici che regolano la plasticità sinaptica, cioè la capacità delle connessioni tra neuroni di rafforzarsi o indebolirsi nel tempo. I ricercatori hanno osservato che intervenendo su uno specifico gene coinvolto nella stabilizzazione delle tracce mnestiche è possibile attenuare la risposta emotiva associata a ricordi di paura, senza cancellarne completamente il contenuto.
In altre parole, l’esperienza rimane, ma perde parte del suo carico emotivo. Un risultato che, almeno nei modelli animali, sembra funzionare anche su ricordi consolidati da tempo, aprendo scenari che vanno ben oltre la ricerca di base. Le possibili applicazioni in psichiatria – dalla cura del disturbo post-traumatico da stress alla gestione dei ricordi traumatici persistenti – accendono però anche interrogativi profondi: fino a che punto è lecito intervenire sulla memoria? E cosa rischiamo di perdere, oltre al dolore?
I ricordi vanno trasformati
“I ricordi non vanno cancellati. È utile semmai evitare che vengano rivissuti continuamente, riducendone il potere emozionale – spiega al FattoQuotidiano.it il professor Claudio Mencacci, psichiatra, copresidente Sinpf (Società italiana di neuropsicofarmacologia) e Direttore emerito di neuroscienze al Fatebenefratelli, Sacco di Milano -. I ricordi, anche quando sono negativi, fanno parte della nostra storia: ci aiutano a proteggerci in futuro e spiegano in parte come siamo diventati quello che siamo. Il punto centrale è affrontarli con l’aiuto necessario, perché spesso ignorarli li rende più forti, non più deboli. La ricerca sugli animali è senza dubbio affascinante, ma come tutte le cose affascinanti porta con sé anche delle preoccupazioni”.