Manovra, ecco tutte le nuove tasse: dal balzello sui piccoli pacchi alle sigarette, passando per Rc auto e carburanti
“Una manovra seria che si concentra sulle stesse grandi priorità delle precedenti: famiglia e natalità, riduzione delle tasse, sostegno alle imprese e sanità”. Così Giorgia Meloni, il 16 ottobre, aveva presentato il disegno di legge di Bilancio appena approvato in consiglio dei ministri. A due mesi di distanza, e quando mancano meno di due settimane all’esercizio provvisorio, il governo ha sfiorato la crisi su un maxiemendamento che modificava in maniera sostanziale la mini-manovra da 18,5 miliardi aggiungendo un pacchetto da 3,5 miliardi di sgravi e incentivi per le imprese finanziati tra il resto con una stretta draconiana sulle pensioni. Fino alla marcia indietro arrivata nella notte tra giovedì e venerdì e al successivo nuovo testacoda seguito al vertice di emergenza di venerdì pomeriggio. Il punto di caduta, al netto del taglio Irpef che porterà benefici soprattutto alla parte di popolazione che ha redditi più alti, è un testo che non mantiene la promessa di ridurre le tasse.
Nel pacchetto di riformulazioni del governo approvato venerdì in commissione Bilancio c’è per prima cosa un aumento che riguarda milioni di automobilisti: per i contratti assicurativi stipulati dal 1° gennaio 2026 sale al 12,5% l’aliquota dell’imposta applicata alle polizze Rc auto limitatamente alle coperture per infortuni del conducente e assistenza stradale. Una voce che pesa sempre di più nei premi complessivi e che, inevitabilmente, finirà per essere scaricata sui clienti. Un adeguamento tecnico che per chi rinnova l’assicurazione si tradurrà in maggiori costi.
Via libera anche alla nuova tassa sui piccoli pacchi: un contributo fisso di 2 euro sulle spedizioni provenienti da Paesi extra Ue di valore fino a 150 euro. È il caso tipico degli acquisti online di basso importo, soprattutto sulle piattaforme asiatiche. Il governo l’ha presentato come un modo per contrastare la concorrenza sleale che danneggia le imprese italiane, ma per i consumatori che faticano ad arrivare a fine mese e cercano il risparmio significa un rincaro sugli acquisti più economici.
Misure che si sommano agli aumenti di tasse inseriti nel ddl fin da ottobre, anche se in alcuni casi sono stati modificati in corsa. Un capitolo che tocca direttamente le famiglie è quello dei carburanti. La manovra avvia il riallineamento delle accise sul gasolio a quelle sulla benzina, con aumenti progressivi nei prossimi anni. Lo sconto per il diesel è del resto ufficialmente classificato come sussidio dannoso per l’ambiente e le norme europee richiedono di penalizzare fiscalmente i carburanti più inquinanti. Ma imporre ai consumatori di pagare di più alla pompa è difficile da giustificare per una maggioranza e una presidente del Consiglio che tre anni fa le accise prometteva di eliminarle.
C’è poi il fronte dei tabacchi e delle sigarette elettroniche. Dal 2026 sono previsti nuovi aumenti dell’imposta di consumo, ovvero rincari sui pacchetti di sigarette e sui liquidi da inalazione. I primi, per effetto dei ritocchi all’accisa sui tabacchi lavorati, aumenteranno in media di 15 centesimi a pacchetto l’anno prossimo, 25 centesimi nel 2027 e 40 centesimi dal 2028, per i secondi si spenderà il 10% in più se contengono nicotina e 5% in più se non ne contengono. L’Associazione italiana di oncologia medica aveva proposto un’accisa fissa di 5 euro su tutti i prodotti per disincentivare il fumo e finanziare il Servizio sanitario nazionale.
L’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi intermediati dalle piattaforme digitali è stato invece depotenziato rispetto alla versione originaria: l’aliquota salirà dal 21 al 26% solo dalla seconda casa data in locazione, mentre dalla terza resta scatta la presunzione che l’attività sia svolta in forma imprenditoriale per cui bisognerà aprire partita Iva. Limitatissimo (solo 13 milioni) il gettito aggiuntivo atteso.
Ci sono poi interventi che non colpiranno direttamente i cittadini, ma in alcuni casi potrebbero danneggiarli in via indiretta. Prendiamo il pacchetto di misure fiscali che riguardano le banche: la manovra prevede innanzitutto un aumento di due punti dell’aliquota Irap per gli istituti, a cui si aggiunge la possibilità di affrancare le riserve accantonate versando un’aliquota del 27,5% (per chi non lo fa subito l’aliquota è poi destinata a salire), il rallentamento della deducibilità delle svalutazioni sui crediti e la riduzione della percentuale di deducibilità delle perdite pregresse utilizzabili in compensazione. Prelievi che sono stati concordati con l’Abi, la lobby che riunisce gli istituti, ma a cui le banche tenderanno a reagire riducendo i prestiti e aumentando gli oneri per i clienti.
È infine passato attraverso una riformulazione del governo l’emendamento, proposto in sede di esame parlamentare da Fratelli d’Italia, che raddoppia la Tobin tax, la tassa sulle transazioni finanziarie introdotta nel 2013 dal governo Monti. Dal gennaio 2026 l’aliquota passa dallo 0,2% allo 0,4% sulle operazioni di acquisto e vendita di azioni italiane. Il balzello, che al momento frutta poco più di 500 milioni l’anno, è da anni contestato dagli operatori per i suoi effetti sulla liquidità e sulla competitività di Borsa italiana. E l’incremento ha lasciato spiazzati, per usare un eufemismo, gli elettori di centrodestra. Che ricordavano come il programma elettorale della Lega per le Politiche del 2022 prevedesse la soppressione della Tobin perché “penalizzante” per il settore finanziario italiano a fronte di un gettito limitato.
Su questo il Carroccio, che ha puntato i piedi sull’ulteriore allungamento delle finestre per andare in pensione, ha abbozzato accettando senza fare una piega l’aumento dell’aliquota. Il gettito aggiuntivo contribuirà a evitare il forte aumento della tassazione dei dividendi incassati da società partecipate previsto dal testo originario del ddl di Bilancio. La norma, che avrebbe posto fine alla Participation exemption voluta nel 2003 dal governo Berlusconi, aveva scatenato l’indignazione di Forza Italia, che ha ottenuto di limitare l’applicazione in maniera sostanziale. Con i risultato che i maggiori incassi per lo Stato si fermeranno a poco più di 30 milioni l’anno.