Stablecoin, perché la nuova criptovaluta rischia di creare effetti disastrosi (nonostante il nome)
Il mondo della finanza è in continuo fermento e alcuni osservatori sono molto preoccupati per una prossima, e forse imminente, grave crisi finanziaria. Il mare della finanza è sempre increspato, ma a volte si verificano dei disastrosi tsunami, come è accaduto nel 1929 e nel 2008. Queste due crisi nere della finanza hanno avuto due caratteristiche in comune. La prima è che sono state generate dall’innovazione finanziaria, la scoperta delle azioni negli anni Venti e l’emergere della finanza derivata a cavallo della fine del Novecento. Inoltre, hanno avuto come epicentro gli Usa.
È la presenza attuale di questi due elementi a destare preoccupazione. La prossima crisi arriverà, probabilmente, ancora dall’innovazione finanziaria, stavolta dall’ecosistema in rapida evoluzione delle criptovalute. La moneta digitale poi ha trovato un volano insperato nell’Amministrazione Trump che già a luglio ha approvato il Genius Act (Guiding and Establishing National Innovation for Us Stablecoins Act) che sta per aprire il vaso di Pandora delle nuove valute digitali.
Il pericolo maggiore non viene, come molti potrebbero pensare, dalle criptovalute oramai quasi tradizionali come il Bitcoin, ma da un altro tipo di criptovaluta dal nome molto rassicurante, la stablecoin. Il nome ha un certo che di tranquillizzante, ma gli effetti della sua adozione di massa potrebbero essere disastrosi. Oggi la fetta di finanza occupata dalle stablecoin è di circa 300 miliardi, ma spinti dalla politica potrebbero arrivare a 3.000 miliardi secondo la Banca centrale americana.
A differenza delle altre criptovalute, la stablecoin non dovrebbe avere nessuna valenza speculativa, orientata cioè alla differenza di prezzo. Il nome deriva dal fatto che questo tipo di criptovaluta è rapportato 1 a 1 con la moneta legale. Ad esempio, per compare 1.000 unità di stablecoin devo versare 1.000 dollari. Quindi la moneta digitale rimane saldamente ancorata a quella legale. È una sorta di moneta naturale da adoperare in questo mondo della finanza.
Quale il vantaggio per noi comuni mortali nell’acquistare questa valuta digitale? Intanto quello di poter comprare beni e servizi nel mondo delle criptovalute con una moneta sicura che non dovrebbe variare di prezzo. In secondo luogo, è garantito l’anonimato e quindi nessuno può conoscere la reale situazione finanziaria del possessore. Da ultimo, le transazioni in stablecoin non richiedono commissioni, o sono modestissime, perché viene saltato l’anello bancario o similare. Le transazioni finanziarie diventano rapide, comode, sicure ed economiche anche più della moneta legale.
Quali i vantaggi per le imprese private che emetteranno stablecoin? Infatti la vera novità del Genius Act è che la moneta da bene pubblico, un bene prodotto e controllato dallo Sato, diventa un bene privato che anche le singole imprese, con determinati requisiti patrimoniali, possono produrre. Il vantaggio principale, oltre le commissioni, per le imprese è che le somme stanziate nei nuovi conti dai risparmiatori per comprare stablecoin dovranno essere obbligatoriamente usate per acquistare obbligazioni sicure, come i titoli di Stato americani. Il rendimento di questi asset non verrà girato ai risparmiatori, come di consueto, ma andrà nelle casse della società emittente. Si verrà a creare quindi un sistema di pagamenti paralleli dove potremo pagare con differenti monete digitali. Un po’ come accadeva con i mini assegni in Italia nei lontani anni Ottanta, quando le banche furono autorizzate a stampare banconote per sopperire alla carenza di moneta metallica.
Avremo la stablecoin di Amazon o di qualche altra grande impresa? Questo è quasi sicuro. Avendo investito in obbligazioni istituzionali, l’azienda che produce le stablecoin dovrebbe essere abbastanza solida. E se fallisse? Qui cominciano i veri guai perché i depositi delle stablecoin non sono equiparati ai comuni depositi bancari, e quindi non sono assicurati. Se la società fallisce anche i risparmiatori perderanno tutti i soldi, come accadeva negli Usa prima della legge bancaria del 1933. La corsa agli sportelli fu una delle prime cause dei moltissimi fallimenti bancari che hanno aggravato la crisi del 1929. E questo potrebbe benissimo ripetersi, anzi si è già verificato recentemente nel 2023 con il caso della Silicon Valley Bank, fallita e salvata con soldi pubblici.
Il Genius Act traghetta l’economia verso il futuro o verso il passato? Ora si torna all’antico, come con i dazi peraltro. Passare dalla moneta pubblica a quella privata è l’ultimo azzardo del capitalismo finanziario e tecnologico che ama creare le crisi, con una differenza. Le crisi del ’29 e del 2008 sono state create dal mercato e poi risolte dalla politica. Stavolta il problema è creato dalla politica con la sua estrema fiducia, non certo disinteressata, nei guadagni creati dall’innovazione finanziaria. Non è un caso che molti studiosi vedano profilarsi nuvoloni all’orizzonte dal momento che la politica ha perso la bussola dell’interesse generale.