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“La Miteni sapeva di inquinare, ma non ha denunciato i Pfas”: le motivazioni della condanna dei manager

Per i giudici di Vicenza, l'azienda voleva guadagnare senza curarsi delle conseguenze ambientali e per la salute pubblica. Ora gli avvocati potranno fare ricorso in Appello
“La Miteni sapeva di inquinare, ma non ha denunciato i Pfas”: le motivazioni della condanna dei manager
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La Miteni era a conoscenza dell’inquinamento da Pfas e, pur sapendolo, non lo ha mai comunicato alle istituzioni. È uno dei passaggi centrali delle 2.062 pagine di motivazioni della sentenza della Corte d’Assise di Vicenza che lo scorso 26 giugno ha inflitto 141 anni di carcere a 11 dei 15 manager dell’ex fabbrica chimica di Trissino (Vicenza) e delle multinazionali Icig e Mitsubishi, per l’inquinamento da composti perfluoroalchilici (i cosiddetti “inquinanti eterni”) che ha toccato le provincie di Vicenza, Padova e Verona e 350mila cittadini. Lo riferiscono Il Giornale di Vicenza e Il Corriere del Veneto. Per i giudici, l’azienda sapeva di inquinare e lo ha fatto allo scopo di guadagnare senza curarsi delle conseguenze ambientali e per la salute pubblica. Il processo era durato quattro anni. Le motivazioni, depositate ieri, sono a disposizione degli avvocati della difesa che dovranno decidere se ricorrere in Corte d’Appello.

Il caso era scoppiato nel 2013, quando la Regione Veneto venne informata dal ministero dell’Ambiente della presenza di Pfas in concentrazioni “preoccupanti” nelle acque potabili di alcuni Comuni: il caso ha dato il via alla battaglia dei movimenti ambientalisti, in particolare del movimento delle “Mamme No Pfas“. La Corte aveva stabilito risarcimenti per oltre trecento parti civili fra privati ed enti pubblici: al ministero dell’Ambiente sono stati riconosciuti 58 milioni di euro, alla Regione Veneto 6,5 milioni, all’agenzia per l’ambiente Arpav 800mila euro. Ristorati Comuni, società idriche e Provincia di Vicenza. Per le persone fisiche, invece, i risarcimenti vanno dai 15 ai 20mila euro.

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