Milano, chiude l’ultimo centro pubblico di incontro per il decadimento cognitivo. L’appello delle famiglie
Dopo averli ridotti da quattro a uno solo, il Comune di Milano si prepara a chiudere anche l’ultimo Centro Incontro rimasto attivo: quello di via Cenisio. Dal primo gennaio 2026 scomparirà così il servizio comunale gratuito dedicato alle persone con decadimento cognitivo lieve-moderato, nell’ambito di una riorganizzazione che Palazzo Marino definisce una “ricalibrazione delle risorse”. Una decisione che allarma i familiari caregiver degli utenti, che chiedono all’amministrazione di non smantellare un presidio pubblico considerato essenziale e di riconoscerne il valore per la comunità.
“Chiediamo al Comune di Milano di non chiudere il Centro Incontro di via Cenisio a partire dal 1 gennaio 2026 – spiegano a ilfattoquotidiano.it i familiari caregiver di una decina circa di utenti – ma di valorizzarne la funzione e di valutare l’estensione del modello sul territorio milanese, come previsto dal progetto iniziale”. I centri incontro sono una rete pubblica di supporto gratuita che, da quasi un decennio, incoraggia la domiciliarità, stimola le capacità cognitive e motorie residue oltre a offrire supporto psicologico sempre gratuito e qualificato per i caregiver secondo un protocollo scientifico validato. “Sono l’unico servizio esistente pensato specificamente per persone che vivono condizioni di media disabilità psicomotoria, rappresentando una sorta di primo livello per le persone con diagnosi di decadimento cognitivo lieve-moderato, situazione intermedia che anticipa condizioni ben più gravi di adulti che poi vengono trasferiti nei centri diurni per un’assistenza più complessa”, spiegano i familiari caregiver. Queste strutture pubbliche costituiscono la soluzione intermedia tra la presa in carico totalizzante della persona con demenza presso ricoveri (RSA) o altri interventi per fasi più avanzate della patologia (CDI) e la possibilità di far loro ancora vivere le potenzialità residue. Offrono una serie di servizi che prevedono la realizzazione di azioni mirate per le persone con decadimento cognitivo (stimolazione cognitiva, stimolazione neuro motoria, attività ricreative specializzate per la tipologia di utenza) e per i caregiver (interventi informativi e psicoeducativi, gruppi tra pari, partecipazione alla programmazione delle attività).
“Non esistono finanziamenti dedicati né dalla Regione né dallo Stato”
Contattato da ilfattoquotidiano.it per un commento il Comune di Milano conferma la chiusura ma precisa che “l’attività del Centro Incontro rientra all’interno di una più ampia evoluzione del modello di intervento che riguarda il decadimento cognitivo che prevede una ricalibrazione delle risorse verso strumenti utili a rispondere a una platea più ampia di persone: si stima che siano 30mila le persone con decadimento cognitivo in città, a fronte di un’utenza dei Centi Incontro che si limita a poche decine”. Ma che fine faranno quindi le persone, in maggioranza anziani, che fino al 31 dicembre di quest’anno usufruiscono delle attività della sede? Il Comune meneghino non lo esplicita ma afferma che “la destinazione delle risorse comunali avviene attraverso il lavoro della Rete cittadina Alzheimer e Decadimento Cognitivo di Milano, che ha individuato come prioritari il progetto Memoria Comune, il rafforzamento dei Centri di Psicologia per l’Anziano e l’Alzheimer (CPAA), uno per Municipio, che garantiscono orientamento, accompagnamento e sostegno psicologico anche ai caregiver e il sostegno alle iniziative territoriali degli enti del terzo settore attraverso l’erogazione di contributi”. L’amministrazione guidata dal sindaco Giuseppe Sala aggiunge che “parallelamente, il Comune è impegnato in modo diffuso su azioni di prevenzione primaria”. La chiusura ci sarà ma in vista di un progetto più ampio, garantiscono dal Comune. “Non esistono finanziamenti dedicati e continuativi da parte dello Stato e della Regione Lombardia”, dichiara Palazzo Marino, “non solo per questo specifico servizio, ma, più in generale, per i servizi comunali dedicati al decadimento cognitivo, che, intervenendo su una patologia, dovrebbero vedere coinvolti il sistema sanitario. In questo quadro”, conclude, “la riorganizzazione in corso va quindi letta come una riallocazione responsabile delle risorse”.
I caregiver familiari: “Siamo molto preoccupati per il futuro dei nostri cari”
Di fronte a queste parole i familiari caregiver dei frequentatori del Centro commentano al Fatto.it che “siamo molto preoccupati per le dichiarazioni rilasciate dall’amministrazione comunale e soprattutto spaventati dal futuro dei nostri parenti in condizione di fragilità evidente e in via di peggioramento se non adeguatamente assistititi dagli operatori professionisti del Centro sia dell’area neuromotoria che degli specialisti della psicomotricità”. Il tutto è iniziato nell’autunno 2023, quando le famiglie dei partecipanti sono state informate che era in corso una riorganizzazione del sistema e quindi i quattro Centri Incontro allora esistenti presso i Municipi 4 – 6 – 7 – 9 dovevano essere progressivamente chiusi. Con diversi affidamenti, il Comune ha garantito il servizio fino ad oggi, ma con una riduzione ed accorpamento graduali delle sedi: da quattro ad una. E dal 1 gennaio sarà chiusa anche l’ultima e unica sede. Gli utenti di via Cenisio si recano in sede tre mattine la settimana (lunedì, mercoledì e venerdi) dalle 9.30 alle 13 circa accompagnati dai rispettivi assistenti personali. “E’ un modello che risponde a dei criteri internazionali scientificamente validati, che dimostrano che per avere efficacia, anche per motivi di sicurezza di queste persone, il numero dei partecipanti deve essere un massimo di 15 utenti, perché superato tale cifra non è più funzionale rispetto ai risultati che si vogliono ottenere”, spiega Elena Ruzzolini, figlia di Renato, 94enne e frequentatore della struttura. Il Centro resta l’unica realtà gratuita del Comune di Milano che offre un supporto oltre ai pazienti anche ai caregiver familiari, ad esempio il mercoledì c’è la cosiddetta “condivisa” dove i familiari caregiver si ritrovano con una psicologa per un gruppo protetto di mutuo aiuto. L’efficacia di questo modello di intervento è stata verificata dal progetto Europeo JPND Meeting Dem e successivamente dallo studio di “user evaluation”. Tant’è che questo specifico servizio si è diffuso in tutto il mondo.
Le testimonianze dei parenti delle persone che frequentano il Centro Incontro
Quando anche l’unico Centro esistente chiuderà le persone fragili che lo frequentano saranno costrette a modificare la propria routine, a rinunciare ad una importante comfort zone, e vedersi dirottate verso eventuali soluzioni adatte a stadi più avanzati della malattia, che probabilmente purtroppo raggiungerebbero più velocemente. “Viene meno l’unico punto di riferimento per le famiglie e si contraddirebbe l’impegno di Milano come città inclusiva e solidale”, denunciano i parenti degli utenti.
“Per mia mamma vuol dire perdere la possibilità di conoscere e socializzare con altre persone che hanno le sue stesse difficoltà. Questo vale anche per noi caregiver il non avere più uno spazio di confronto e di conforto ci costringe ad affrontare la malattia dei nostri cari in solitudine” dice a ilfattoquotidiano.it Monica. “La chiusura per i pazienti vuol dire rimanere soli e per noi caregiver significa perdere i momenti d’informazione e formazione ad esempio su come si gestisce l’Alzheimer, su come si affronta lo stress”, aggiunge Maria Rosaria, moglie di Gaetano che sta avendo grandi benefici dalla frequenza. Una nuora di un utente sottolinea che non avere più la sede è “come chiudere una porta sulla comunità: i nostri cari restano senza il calore della condivisione. Senza questo spazio, si indebolisce la solidarietà e si spegne la possibilità di costruire legami nuovi e vitali”. E termina dicendo che “resta forte il nostro impegno a difendere la dignità e la voce di chi ha bisogno, perché nessuno venga lasciato indietro”.