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Tax credit e caso Iervolino: pasticcio o mossa politica? Cosa non torna nel caso dei 66 milioni revocati al produttore cinematografico

La revoca record annunciata da Borgonzoni dopo lo scandalo Kaufmann si scontra con i numeri: il congelamento è 90 volte superiore a quanto contestato dall’Agenzia delle Entrate. E intanto l'imprenditore diventa editore
Tax credit e caso Iervolino: pasticcio o mossa politica? Cosa non torna nel caso dei 66 milioni revocati al produttore cinematografico
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Una strana sceneggiatura con due copioni aleggia da mesi sul cinema italiano. Per il ministero della Cultura, il produttore italo-canadese Andrea Iervolino, in lite da tempo con l’ex socia Monika Bacardi, era un truffatore seriale: il capo della Banda Bassotti nell’usare le falle del tax credit per riempirsi le tasche. E per questo il 14 luglio 2025 la sottosegretaria Lucia Borgonzoni annunciava in pompa magna la revoca record di 66 milioni di euro proprio alla società di proprietà di Iervolino Sipario Movies.

Poi c’è l’altra sceneggiatura, che si sta scrivendo a suon di ricorsi, conti e perizie, e che racconta una storia tutta diversa: secondo questa ricostruzione, il Ministero avrebbe preso le classiche lucciole per lanterne nel tentativo di dare un “segnale politico” di controllo sul comparto, dopo l’esplosione dello scandalo Kaufmann e i delitti di villa Pamphili, che avevano messo in imbarazzo l’intero sistema dei controlli e pure chi, come Borgonzoni, da molti anni sedeva a capo dell’Audiovisivo italiano.

A farne le spese, secondo questa versione dello stesso “soggetto”, il produttore 37enne che ha lavorato con Johnny Depp, Al Pacino, Robert De Niro, Nicolas Cage in produzioni hollywoodiane per le quali è stato sempre visto con un certo sospetto dal mondo del cinema italiano. E che ora si butta pure nell’editoria al fianco di Rocco Casalino, ex portavoce di Conte. Come Berlusconi, maligna qualcuno. Ma senza fondare un partito.

Su Iervolino non sono ancora emerse novità giudiziarie significative. Il 15 luglio 2025, nell’ambito dell’indagine della Procura di Roma (n. 25573/25 RGNR), il pm Antonino Di Maio firma il mandato di perquisizione per le società Arte Video Srl, Sipario Movies Spa e TaTaTu Spa, con indagati Andrea Iervolino, Maria Ruggiero, Giorgio Paglioni e Giuseppe Tissino. Gli esiti sono ancora ignoti.

Ma è appunto l’altro copione che continua ad allungarsi, con perizie tecniche che fanno pendere la storia verso un pasticcio ministeriale più che verso un “romanzo criminale” con il produttore come protagonista. L’ultima porta il nome di Ernesto Maria Ruffini, ex direttore generale dell’Agenzia delle Entrate. Si tratta di un parere richiesto da Sipario Movies, l’ex società di Iervolino oggi in amministrazione giudiziaria, datato 12 dicembre 2025, che riguarda i numeri della vicenda (scarica).

Il Ministero ha congelato 66 milioni di euro prendendo per buone le accuse di David Peretti, l’ex liquidatore della società (indicato) voluto dall’ex socia Monika Bacardi, che aveva portato tomi di carte al Mic in via del Collegio Romano, alla Corte dei Conti e in Procura a Roma, imputando quelle cifre come prodotto di falsi documentali, operazioni fittizie e simili. La revoca dei fondi del Ministero si fonda però necessariamente sull’unica cosa certa: una prima contestazione dell’Agenzia delle Entrate. Ruffini è stato interpellato per verificare se quella contestazione fosse stata correttamente tradotta in provvedimento amministrativo. La sua risposta è arrivata ed è netta: no.

Dalle contestazioni dell’Agenzia delle Entrate emergono 2,47 milioni di euro di costi che, tradotti in tax credit effettivamente contestabile, valgono 743.607 euro, non 66 milioni di euro come quelli oggetto della revoca integrale, che sarebbe quindi priva di supporto normativo. Il Ministero avrebbe agito come se fossero state già accertate falsità documentali che non risultano contestate. Non ha applicato la norma per il recupero parziale della quota indebitamente fruita, bensì quella che consentirebbe la revoca totale solo in caso di documenti falsi. A fronte di 743 mila euro contestabili, il Ministero ha quindi revocato quasi 90 volte l’importo effettivamente revocabile sulla base della documentazione in suo possesso.

Prima di Ruffini, alle stesse conclusioni era arrivato anche l’amministratore giudiziario Paolo Bastia, nominato dal Tribunale di Roma il 10 giugno 2025. Bastia ha chiesto al Ministero di revocare la revoca, sia perché le accuse apparivano ricalcate sulle relazioni del suo predecessore David Peretti — revocato dal Tribunale di Roma il 10 giugno 2025 per irregolarità gestorie e istruttoria unilaterale — sia perché gli importi contestati riguardano solo due produzioni su trentotto, con un’incidenza marginale.

Bastia è tornato a scrivere al Mic il 19 settembre 2025, ribadendo che la sua due diligence smonta le conclusioni di Peretti e del consulente Spadavecchia. Ancora prima erano arrivate le certificazioni di Mazars e Grant Thornton, società di benchmark internazionali, che avevano attestato la congruità dei prezzi e l’allineamento ai valori di mercato delle animazioni. In ultimo, una relazione firmata dall’avvocato Marcello Maria De Vito (studio M&A Consulting), che ribadisce che la revocaè giuridicamente infondata, e che anche seguendo la tesi più restrittiva, il Ministero avrebbe potuto recuperare solo quella quota di 743.607 euro su 2,47 milioni di costi, non azzerare l’intero beneficio.

Le falle della costruzione ministeriale

Il fatto è che il Ministero sembra aver costruito il provvedimento più afflittivo possibile affidandosi quasi esclusivamente alla documentazione di David Peretti, liquidatore nominato su istanza della stessa Bacardi, senza tenere conto che lo stesso era già stato revocato dal Tribunale di Roma per aver costruito un’istruttoria unilaterale, considerando solo i dati contrari alla società e ignorando sistematicamente quelli a discarico. Il paradosso, se questa è la storia, sta tutto qui: il Ministero ha fondato la sua decisione su un soggetto che la giustizia italiana aveva già rimosso perché inattendibile.

Anche le tempistiche sollevano interrogativi. Le prime segnalazioni dell’Agenzia delle Entrate risalgono a metà settembre 2024. La revoca scatta il 14 luglio 2025, nove mesi dopo, pochi giorni dopo lo scandalo sul tax credit che travolge il Ministero. Nel frattempo Sipario Movies aveva già rinunciato volontariamente a 128,93 milioni di euro di crediti, tra aprile e luglio 2024, come comunicato dallo stesso Iervolino al Ministero. Se quei fondi erano già tornati nelle casse pubbliche, perché annunciare una revoca così punitiva mesi dopo?

Il tempismo diventa ancora più significativo se si guarda al contesto politico. Nel luglio 2025, mentre il caso Kaufmann diventa politicamente insostenibile, Borgonzoni annuncia con grande clamore mediatico la revoca dei 66 milioni di euro di tax credit alla società di Iervolino, come per dare un segnale ben preciso di stop ai “furbetti del tax credit”.

L’ex direttore generale del Cinema e dell’Audiovisivo Nicola Borrelli si dimette il 3 luglio 2025, alla vigilia della formalizzazione del provvedimento. Con la ratifica del Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2025, ovvero poco più di quattro mesi dopo, Borrelli viene trasferito al Ministero dell’Università e della Ricerca come capo di gabinetto della ministra Anna Maria Bernini. Una parabola amministrativa emblematica: gli errori non fermano le carriere, le spostano soltanto da un Ministero a un altro.

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