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Semestre filtro a Medicina: l’imbroglio, il danno, la beffa. Hanno ragione gli studenti a contestare la ministra

Il numero programmato, contrariamente a quanto era stato propagandato da Bernini, non è stato abolito, e non era praticamente possibile abolirlo
Semestre filtro a Medicina: l’imbroglio, il danno, la beffa. Hanno ragione gli studenti a contestare la ministra
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La riforma dell’accesso a Medicina, voluta dal governo attraverso la ministra Bernini, è un imbroglio a danno degli studenti, aggravato da una beffa. Hanno ragione gli studenti a contestare la ministra, che ha dato prova di straordinaria pochezza rispondendo alle loro giuste critiche con insulti.

L’imbroglio: il numero programmato, contrariamente a quanto era stato propagandato dalla ministra Bernini, non è stato abolito, e non era praticamente possibile abolirlo. Il numero programmato, oltre a evitare il rischio di creare professionisti in eccesso, è una conseguenza della grande conquista della libera circolazione dei laureati in Europa: l’Unione stabilisce criteri formativi comuni, rispettando i quali ogni paese si impegna a riconoscere la formazione professionale erogata negli altri paesi: un medico laureato in Italia può lavorare ovunque nell’Unione. Tra i criteri rientra però la proporzione tra il numero di studenti iscrivibili nei corsi e la capienza dei corsi stessi, che per i Corsi di Laurea in Medicina include anche la dimensione delle strutture sanitarie presso le quali i laureandi si formano.

Per aumentare il numero di studenti iscritti a Medicina occorrerebbe non solo aumentare aule e docenti, ma anche la dimensione degli ospedali universitari; con i nostri numeri di aspiranti medici addirittura al di là del fabbisogno della popolazione: paradossalmente, per abolire il numero programmato avremmo bisogno di più posti letto in ospedale e più malati! Già oggi i nostri studenti si lamentano perché il loro accesso ai reparti ospedalieri è limitato, immaginiamoci cosa succederebbe se il numero di studenti triplicasse! L’alternativa sarebbe quella di uscire dal circuito della libera circolazione dei laureati in Europa: organizzarsi una laurea locale, di più basso livello.

Certamente questa soluzione sarebbe rifiutata da tutti quegli aspiranti medici che vorrebbero liberalizzare l’accesso ai Corsi di Laurea: è umano volere il dritto della medaglia e rifiutarne il rovescio, ma non esistono medaglie senza il rovescio. Inoltre liberalizzare davvero l’accesso al Corso di Laurea rischia di alimentare disoccupazione o sottoimpiego: infatti il fabbisogno di medici del paese non è infinito, ed è stimabile in circa 8.000-10.000 nuovi professionisti ogni anno, necessari per rimpiazzare i pensionamenti dei circa 4.000 medici per milione di abitanti di un paese avanzato.

All’imbroglio consegue il danno: gli studenti hanno frequentato, studiato e sostenuto esami ma in grande maggioranza non sono o non saranno ammessi, salvo l’esito dei numerosi ricorsi ai Tribunali Amministrativi: in pratica hanno perduto sei mesi, se non un anno, tutto tempo che, se fosse rimasto in vigore il metodo precedente, avrebbero potuto meglio impiegare in altre attività formative o lavorative. Questo è il principale argomento contro lo svolgimento della selezione concorsuale durante il percorso formativo. Se si vuole offrire formazione preliminare al concorso di ammissione, questa deve essere basata su un programma ristretto, limitata al solo mese di settembre, e la prova concorsuale deve essere svolta alla fine di settembre o all’inizio di ottobre, prima dell’inizio dei corsi veri e propri. Ovviamente, la prova concorsuale non deve essere confusa con un esame: deve soltanto stabilire una graduatoria per l’ammissione.

Per mascherare il danno la riforma aggiunge una soluzione che è una vera e propria beffa: gli esami sostenuti, in caso di mancato accesso al Corso di Laurea scelto possono essere convalidati in un Corso considerato affine: la riforma implica cioè che, per il giovane che sceglie la sua futura professione, fare il medico, il farmacista o il biotecnologo sia la stessa cosa. Sfugge alla ministra che l’università prepara ad una professione e due Corsi di Laurea che includono materie parzialmente sovrapponibili non conducono a professioni altrettanto sovrapponibili. Se fosse rimasto in vigore il metodo selettivo precedente, gli studenti avrebbero saputo a settembre se erano stati ammessi o meno al Corso di Laurea preferito ed in caso di insuccesso avrebbero potuto scegliere in modo autonomo una diversa soluzione senza vedersela imporre da una legge autoritaria e paternalistica.

La ministra ha appena accettato di aprire un tavolo per discutere le problematiche della riforma, premettendo però che non si può tornare indietro: l’intenzione è quindi quella di continuare a imbrogliare, danneggiare e beffare gli studenti per gli anni a venire.

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