Diritti

Condannato per molestie il regista del Teatro Due: ora la città di Parma si comporterà da comparsa o protagonista?

La città di Parma si confronta con lo scandalo di violenze sessuali nel suo teatro. Una sentenza storica svela un sistema di abusi di potere

Parma è scossa, turbata, indignata, fiera, orgogliosa che “noi queste cose non si fanno!”.

Lo sapevano tutti, è la frase che circola più di ogni altra. Tutti chi? Sapere cosa? Che sua altezza il regista, noto come il prezzemolo ma innominabile come una bestemmia (non si può dire il nome per sentenza del Tribunale del lavoro, anche se è facile, facilissimo saperlo, anzi lo sanno tutti), insomma che per anni ha approfittato della sua posizione per usare violenza ad aspiranti attrici.

Il Teatro Due, teatro dei fatti e condannato, esce dall’anonimato perché non ci sta e contrattacca in appello: noi all’oscuro di tutto, mai saputo, fatti avvenuti altrove. La città oscilla in balia dell’onda emotiva, ora si agita ma poi la rabbia lascerà il posto al silenzio, il silenzio ingoierà rospi cui Parma non è nuova, ma si adegua, come sa fare una piccola città dai poteri forti e interpreta l’imbarazzo della verità passando oltre, come quando schifi il mendicante all’ingresso del ristorante (pezzente).

Maurizio Chierici, giornalista vero come Parma non ne ha più da tempo, quarant’anni fa scriveva sul Corriere della Sera: “La città resta quella di sempre, molte vetrine e pochi retrobottega”. Dopo quarant’anni splendono serrande abbassate e luccicano vetrine dei mille festival che si susseguono. Eppure la sentenza di questo sordido presente è storica: una sentenza civile del lavoro riconosce l’abuso di potere di chi ha chiesto sesso in cambio di promesse e la responsabilità di chi avrebbe dovuto vigilare.

Molestie in teatro: scandalo. Accade ovunque. Accade continuamente. Uomini che fanno male alle donne. E il teatro non fa differenza: anche nel cinema, in ufficio, al centro commerciale, in ospedale, in fabbrica, tra un nome importante e il lavoratore qualunque non c’è differenza: questa cultura è sistema. Io sono io e tu sei mia. La Casa delle Donne di Parma non si fa attendere, unica voce che si alza al di sopra del coro prudente (opinione pubblica locale, puritana e opportunista: decidere se schierarsi conviene oppure no). E’ alla Casa delle Donne di Parma che due delle attrici che hanno subito raccontano in pubblico il ricatto sessuale; è alla Casa delle Donne che si costruisce la volontà di non retrocedere dall’indignazione e promuovere un cambiamento.

Cosa farà Parma? Tutti sapevano, nessuno parlava. E’ la storia di malanova, cattiva notizia, puttana. E’ la storia, vera, di Anna Maria, la ragazzina stuprata nel paesino in cui tutti sapevano, ma nessuno diceva. E quando Anna Maria deciderà di ribellarsi la giustizia le darà ragione, ma il paese la condannerà e diventerà malanova. Sarà costretta ad andarsene, colpevole per l’opinione pubblica di aver trasformato una piccola comunità in un paese di stupratori.

Cosa farà Parma? Lascerà scorrere questa piena putrida in attesa della quiete della normalizzazione? Cosa è disposta a fare? Perchè non basta il coraggio, ci vuole consapevolezza, come ha detto Veronica, una delle due attrici alla Casa delle Donne di Parma pochi giorni fa. Tutti sapevano, nessuno diceva. Ora sono in tanti a voler cambiare le cose, ma cosa siano disposti a fare è tutto da dimostrare. Per andare contro questa odiosa cultura del maschio predatore occorre essere disposti a perdere qualcosa, perchè una battaglia non è senza conseguenze e in una città piccola come Parma dove tutti siamo legati a doppio filo con l’altro… forse ribellarsi non conviene.

Cosa farà la città che ora si sente vittima di un copione già visto? Perché non è solo un regista di cui si vuole la pelle, né un CdA di cui si chiede le dimissioni, ma è l’occasione per decidere che ruolo avere in questo spettacolo indecente: protagonista o comparsa?

Gisèle Pelicot, vittima di stupro di massa per una decina d’anni, ha denunciato e rinunciato all’anonimato cui aveva diritto. Hanno detto di lei che è stata coraggiosa, lei ha risposto: “No, è la volontà di rompere il muro di omertà contro la cultura dello stupro e la vergogna di chi si sente in colpa”. Che ne sarà della vetrina-Parma, ma soprattutto: quanto ci vorrà prima che nel foyer ducale si passi da “Tutti sapevano” a “Se la sono cercata?” E infine: noi uomini quando faremo i conti con la nostra fragilità senza violare una donna?