Caso Almasri, archiviata la pratica contro Lo Voi al Csm. I consiglieri progressisti: “Era un avviso ai magistrati sgraditi”
Come da attese, il Consiglio superiore della magistratura ha archiviato la pratica di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale aperta nei confronti del procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi in relazione al caso Almasri. La proposta di archiviazione della commissione competente (la Prima) è stata approvata dal plenum a maggioranza, con sei astensioni. La pratica era una delle iniziative adottate un anno fa dai consiglieri laici di centrodestra contro Lo Voi, dopo che il pm aveva iscritto nel registro degli indagati la premier Giorgia Meloni, i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano, denunciati dall’avvocato ed ex politico Luigi Li Gotti per la liberazione e il rimpatrio di Osama Almasri, generale libico accusato di torture. Come prevede la legge, la denuncia era stata trasmessa senza indagini al Tribunale dei ministri (lo speciale collegio competente a indagare sui reati ministeriali) che mesi dopo ha archiviato la posizione di Meloni, chiedendo invece l’autorizzazione a procedere – negata dalla Camera – per gli altri tre membri del governo. I laici di centrodestra, però, hanno sostenuto che l’iscrizione da parte di Lo Voi non fosse un atto dovuto ma una precisa scelta politica contro l’esecutivo, depositando al Csm un esposto in cui si chiedeva l’allontanamento coatto del procuratore da Roma, possibile solo quando un magistrato non può esercitare le funzioni in una determinata sede “con piena indipendenza e imparzialità“. Un’iniziativa già presa più volte per “bastonare” i magistrati sgraditi, che però non ha mai raggiunto l’obiettivo per l’assenza dei presupposti giuridici.
Questo caso non è stato diverso: il Csm ha archiviato la pratica affermando che dall’istruttoria non è emerso “alcun profilo di anomalia, abnormità o comunque di patologica deviazione o sviamento rispetto all’iter” previsto dalla legge. La decisione di Lo Voi, quindi, non è stata dettata da un qualche “intento persecutorio“, ma “fondata su una legittima e plausibile interpretazione della normativa” sulle indagini a carico dei ministri. Ad astenersi nel voto, com’è ovvio, sono stati solo i sei laici di centrodestra, i cinque che avevano firmato l’esposto più il nuovo arrivato Daniele Porena, eletto lo scorso agosto. In un comunicato, i togati del gruppo progressista di Area definiscono la pratica “l’ennesima iniziativa strumentale, un “avviso” a tutti i magistrati che adottano decisioni sgradite ai potenti“. E ricordano come a sottoscriverla siano state anche le consigliere Isabella Bertolini e Claudia Eccher, rispettivamente in quota Fratelli d’Italia e Lega, “non a caso le stesse che, per quanto si apprende dalla stampa, sono entrate nel comitato promotore del Sì al referendum” costituito dai partiti di governo. “Non contestiamo certo il diritto – anzi il dovere – dei componenti del Csm di partecipare in prima persona alla dialettica politico-culturale che anima la campagna referendaria; ma assumervi un ruolo di organizzazione e direzione attiva implica una esposizione politico-mediatica che non fa il bene dell’istituzione e snatura il ruolo di chi, in quanto designato dal Parlamento a camere riunite, dovrebbe rappresentarne le diverse sensibilità, senza però assumere direttamente ruoli politici organici”, scrivono i consiglieri di Area, Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Genantonio Chiarelli, Antonello Cosentino e Tullio Morello.
Un’accusa a cui le due consigliere rispondono poco dopo: “Stupisce parecchio il maldestro tentativo di censura messo in atto da chi non sì è mai fatto problemi a esondare dal proprio ruolo”, scrivono Bertolini ed Eccher. “Se questo è l’inizio di quello che dovrebbe essere un confronto improntato su un franco e costruttivo dibattito c’è poco da stare allegri. Il referendum sulla giustizia chiamerà tutti gli italiani ad esprimersi su una riforma attesa da anni che da piena attuazione alla Carta costituzionale. La campagna referendaria vede già impegnati i consiglieri del Csm, specialmente quelli togati, che vogliono che non cambi assolutamente nulla. Come è logico che sia, ci sono anche consiglieri che invece sono per il Sì alla riforma. Per fortuna, alla fine, saranno gli italiani a decidere e non le correnti della magistratura”.