Manovra, l’emendamento del governo: 780 milioni per il Ponte slittano al 2033. Per le imprese arriva la misura chiesta da Confindustria
Dalle pesantissime misure sulla previdenza all’iperammortamento per i beni strumentali, passando per la rimodulazione dei finanziamenti per il Ponte sullo Stretto di Messina. Il governo ha depositato in Senato all’ultimo secondo un emendamento che aumenta di 3,5 miliardi i fondi per le imprese, come annunciato lunedì dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Il maxiemendamento, bollinato e accompagnato dalla relazione tecnica, contiene diverse misure, comprese disposizioni in materia di rimodulazione del Pnrr. “Il dato politico di oggi è questo ritardo clamoroso, per il quale si rischia l’esercizio provvisorio”, attacca dal Pd il capogruppo Francesco Boccia. “È la riprova che non hanno nessun rispetto per il Parlamento, che hanno piegato il Parlamento al loro volere”. I parlamentari M5S delle commissioni Attività produttive di Camera e Senato dal canto loro parlano di “finanza difensiva costruita contro chi lavora, contro chi produce e contro chi si cura. Il Governo parte da un fatto semplice: i conti non tornano. Non ci sono risorse nuove sufficienti per tenere in piedi incentivi, spesa corrente e vincoli europei. E allora si sceglie una strada precisa: recuperare cassa dove si può, rinviare spesa dove non fa rumore, anticipare tasse dove è più facile”.
Dopo lo stop della Corte dei Conti, che allunga i tempi per l’avvio dei lavori del Ponte sullo Stretto di Messina, gli stanziamenti per la grande opera cara a Matteo Salvini vengono rimodulati spostando 780 milioni al 2033 “alla luce dell’aggiornamento dell’iter amministrativo e del non perfezionamento degli impegni relativi alle somme iscritte in bilancio nell’anno 2025 in conto residui rinvenienti dall’anno 2024”, spiega la Relazione tecnica. L’incremento delle risorse per il 2033 lascia “inalterato il valore complessivo delle somme autorizzate” pari a 13,5 miliardi complessivi. “Cade l’architettura finanziaria del Ponte, un segnale chiaro del disastro compiuto da Matteo Salvini”, commenta Angelo Bonelli, deputato di AVS e coportavoce di Europa Verde.
Arriva poi un contributo di 1,3 miliardi dalle assicurazioni con l’introduzione di un meccanismo di versamento, entro il 16 novembre di ogni anno, di un acconto pari all’85% del contributo sul premio delle assicurazioni dei veicoli e dei natanti dovuto per l’anno precedente. “L’acconto versato in un determinato anno può essere scomputato, a partire dal successivo mese di febbraio, dai versamenti da eseguire nell’annualità successiva”, si legge nell’emendamento. “Rispetto al vigente meccanismo di versamento, la previsione genera un maggior gettito positivo derivante dalla quota del predetto contributo di spettanza erariale di circa 1,3 miliardi di euro per il solo 2026, atteso che su tale anno si concentreranno i versamenti previsti a legislazione vigente, oltre all’acconto previsto dalla norma in esame”, si spiega. Dal 2027, il nuovo meccanismo “andrebbe a regime senza generare un maggior gettito”.
Passando alle misure caldeggiate da Confindustria, l’iperammortamento previsto dalla manovra per le imprese che investono in beni strumentali diventa triennale come preannunciato dal viceministro all’Economia Maurizio Leo ma viene eliminata la maggiorazione ulteriore del costo di acquisizione per gli investimenti “green“. Sul primo fronte vengono prorogate fino al 30 settembre 2028 le agevolazioni riguardanti gli investimenti in beni strumentali nuovi materiali e immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica o digitale in chiave Transizione 4.0 e 5.0 destinati a strutture produttive in Italia, a condizione che gli investimenti abbiano ad oggetto beni Made in Eu. Come si legge nella relazione tecnica, gli investimenti Made in Eu effettuati nel 2026 e fino al 30 settembre 2028 sono deducibili con maggiorazioni pari al 180% del costo d’acquisto per investimenti fino a 2,5 milioni di euro, 100% per investimenti compresi tra 2,5 e 10 milioni di euro e 50% per investimenti compresi tra 10 e 20 milioni di euro. Per gli investimenti eccedenti i 20 milioni di euro non è prevista alcuna maggiorazione della deducibilità delle quote di ammortamento.
L’emendamento prevede anche nuove risorse per 1,3 miliardi per finanziare il credito d’imposta Transizione 4.0, i cui fondi sono andati esauriti. Si prevede che venga istituito, nello stato di previsione del Mef, un Fondo da ripartire con una dotazione di 1.300 milioni di euro per il 2026 “al fine di incrementare le dotazioni di misure a favore delle imprese”. Le risorse possono essere assegnate, “limitatamente agli investimenti effettuati prima del 31 dicembre 2025, all’incremento dei limiti di spesa previsi per il credito di imposta” Transizione 4.0, da usufruire “esclusivamente in compensazione” presentando il modello F24 nel corso del 2026.
Il capogruppo M5s al Senato, Stefano Patuanelli, attacca: “Si dice: ‘abbiamo rimesso risorse sull’industria’. I numeri raccontano altro. Alle imprese tornano poco più di 2 miliardi: circa 1,3 miliardi di crediti d’imposta per la tanto odiata Transizione 4.0 (odiata perché costruita da noi), e un incremento della ZES Unica di 882 milioni rispetto alla versione iniziale della manovra. Tutto il resto dei soldi recuperati dal PNRR non va all’economia reale. Transizione 5.0 non viene rifinanziata: viene ridimensionata, si spende meno PNRR e la differenza rientra nel calderone della cassa”.
Il governo anticipa poi una parte dei fondi per finanziare il Piano casa e per completare opere pubbliche. In particolare, le modifiche alle tabelle prevedono 150 milioni l’anno per il 2026 e il 2027 nello stato di previsione del ministero dei Trasporti, per il capitolo “Politiche abitative, urbane e territoriali”. Risorse vengono specificamente allocate nel Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche: 800 milioni per il 2026 e 400 milioni nel 2027.