Scuola

Il vocabolario cartaceo è scomparso dai banchi degli studenti. Ed è un vero peccato

L’allontanamento da quel “librone” al quale ricorrere quando non si conosceva il significato di qualche parola, è stato progressivo. Ovviamente la Rete ha le sue responsabilità

Trantran = andamento uguale e consueto di vita, di lavoro e simili: si torna in ufficio e si comincia il solito «trantran».
(Dizionario Palazzi)

Il Trantran, uno dei racconti de Il libro degli errori, pubblicato da Gianni Rodari presso Einaudi nel 1964, inizia così. Con la definizione del vocabolario Palazzi di una scritta che compare su un cartello. Il vocabolario è lo strumento al quale ci si affida, naturalmente. Quando si è in difficoltà. Oppure quando non si vogliono alimentare incertezze.

“Il vocabolario è un punto di riferimento per l’accrescimento delle competenze lessicali, per conoscere a fondo le parole e il loro significato”, ha spiegato ad Adnkronos Claudio Marazzini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca e professore emerito di Linguistica italiana all’Università Piemonte Orientale. “Noi adulti siamo cresciuti con l’aiuto del vocabolario a casa e a scuola, mentre tra le nuove generazioni e il vocabolario si è aperto un solco, direi quasi un baratro”, ha dichiarato Valeria Della Valle, linguista e condirettrice con Giuseppe Patota dei dizionari Treccani. “La ricerca solo in Rete del significato delle parole potrebbe produrre effetti deleteri: per esempio, si potrebbe perdere l’abitudine alla sequenza dell’alfabeto, visto che i motori di ricerca trovano tutto da soli”, ha affermato Marazzini.

Insomma il vocabolario cartaceo è scomparso dai tavoli a casa degli studenti e dai banchi, a scuola. Bene che va, rimane nelle librerie. Inutilizzato. Ed è un peccato. Una inspiegabile ed autolesionistica scelta. Chi lascerebbe una fuoriserie in garage, senza utilizzarla, mai? Nessuno, più che probabile. Invece al vocabolario cartaceo, accade.

L’allontanamento da quel “librone” al quale ricorrere quando non si conosceva il significato di qualche parola, è stato progressivo. Ovviamente la Rete ha le sue responsabilità. Indiscutibili. “Se proprio devo cercare che significa caleidoscopio preferisco farlo su un motore di ricerca, piuttosto che sfogliare delle pagine. E poi con un dito supportato dallo sguardo, andare in alto e in basso”, sostengono i ragazzi. Con la Rete è tutto più immediato. Più veloce. “Nessuna perdita di tempo”, pensano i ragazzi. Non capendo che proprio attraverso la ricerca della pagina “giusta” e al suo interno, della parola ignota, si migliora.

Quindi una parte del problema è costituita dall’utilizzo non ponderato della Rete. E’ innegabile, temo. Ma anche i cambiamenti che hanno interessato la società, almeno negli ultimi 20-25 anni, hanno avuto un ruolo. In maniera quasi generalizzata le famiglie a casa, e gli insegnanti, a scuola, hanno cominciato a delegittimare le parole. A svuotarle di importanza. Ad abbassare il livello, più o meno consapevolmente. La copia del quotidiano cartaceo che a casa, difficilmente poteva mancare, a prescindere dal grado di istruzione dei genitori, è stato soppiantato dalle notizie diffuse dalla rete. In alcuni casi dai social. L’abitudine della gran parte delle famiglie di riunirsi la sera a cena, ascoltando un tg, si è progressivamente persa. I ragazzi che per generazioni hanno quanto meno sbirciato il quotidiano che trovavano a casa e prestavano un qualche ascolto alle notizie del giorno trasmesse dal tg, hanno perso strumenti di conoscenza. Di prima conoscenza. Una specie di pruriti intellettuali che innescavano curiosità. Interesse. Che non di rado trovava piena soddisfazione nella consultazione del vocabolario.

Le parole, contano. Eccome, se contano. Anche oggi. Per esprimersi. Per capire. Per provare a farlo. Per cui acquisirne di nuove dovrebbe essere naturale. La circostanza che non sia (più)così dovrebbe preoccupare. Le famiglie, la Scuola e i nostri governanti.
Nel passato qualche insegnante di italiano, alle medie, faceva leggere con una frequenza scadenzata il vocabolario. Una pagina. Due. Nelle quali potevano alternarsi articoli e nomi, avverbi e complementi, verbi. Leggerli significa farli proprii. Magari, non tutti. Ma almeno qualcuno. In questo modo si arricchiva il proprio lessico, ovviamente. Ma s’imparava anche a soffermarsi sulle parole. S’imparava a soffermarsi. A pensare. Nella convinzione che la velocità, non sempre assicura buoni risultati. Che invece non di rado si raggiungono con un qualche sforzo.

“Il vocabolario è un punto di riferimento per l’accrescimento delle competenze lessicali, per conoscere a fondo le parole e il loro significato – ha detto ancora Marazzini. – E poi il vocabolario è anche divertente. Giocare con il vocabolario significa approfondire la conoscenza della nostra lingua con informazioni grammaticali, esempi, sinonimi e contrari, anche perché i vocabolari sono ormai molto generosi di dati e notizie”.

Non di rado ci sono alunni che ad una domanda riguardante qualche argomento trattato nelle lezioni oppure una spiegazione di qualche parola, sostengono, “Professore, lo so … ma non so spiegarmi”. In molti casi non si tratta di scuse. Piuttosto dell’incapacità di elaborare una risposta utilizzando correttamente i diversi termini. Quanto sia terribile questo, lo si può capire agevolmente. Ritornare all’uso del vocabolario cartaceo aiuterebbe i ragazzi. Anche a crescere con una maggiore consapevolezza di sé stessi e del mondo che abitano. Reintroduciamone l’uso!