La denuncia: “Epidemia di scabbia al Cpr di via Corelli a Milano, 10 contagi ma nessuna cura”
Nel Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) di via Corelli a Milano è in corso un’epidemia di scabbia. Lo denuncia la rete No Ai Cpr, in contatto con le persone trattenute nella struttura, secondo la quale ad oggi sarebbero almeno 10 i detenuti contagiati ai quali non è stata garantita nessuna cura. Il Cpr milanese nel 2023 finì sotto accusa per le condizioni “disumane e infernali” in cui si trovano le persone con tanto di sequestro e procedimento a carico dell’allora gestore, La Martinina, che è iniziato la scorsa primavera. Secondo quanto verificato dagli attivisti, però, continua a essere “un luogo invivibile”. “Il focolaio di scabbia dimostra il degrado igienico-sanitario di questo ‘lager’, ma è solo la punta dell’iceberg”, spiega a Ilfattoquotidiano.it l’infettivologo e attivista della rete Nicola Cocco. “È una sentinella di un’emergenza sanitaria più ampia che caratterizza il Cpr, un luogo di per sé patogeno”.
Le prime segnalazioni al centralino della Rete risalgono a circa dieci giorni fa. Due persone, dopo una valutazione clinica che ha confermato la diagnosi, sono state rilasciate. “Per parlare di focolaio in un luogo di restrizione servono più di due casi. Dopo i rilasci, non è stata garantita nessuna visita agli altri ristretti che presentavano gli stessi sintomi”, denuncia Cocco. “Se non viene fatta una disinfestazione e le persone rimangono in condizioni di detenzione la scabbia continuerà a diffondersi, causando pruriti insopportabili e disagio a persone innocenti”. Una situazione che No Ai Cpr ha segnalato alle agenzie di tutela della salute, al Garante Nazionale, alla Prefettura e ovviamente al CPR stesso, “senza ricevere però nessuna risposta”. Ilfattoquotidiano.it ha a sua volta provato senza successo a contattare la struttura, l’Ats e la Prefettura per un commento.
Al momento, secondo quanto riferisce a Ilfattoquotidiano.it Teresa Florio, operatrice legale del centralino Sos Cpr, in un settore di 24 persone già in 10 presentano sintomi compatibili con la malattia. “I materassi e le coperte rimangono gli stessi, mentre i lenzuolini, che sono di carta e si strappano facilmente, non sono un filtro efficace”, racconta Florio. Una situazione di “abbandono e negligenza” analoga, spiega, a quanto accaduto l’estate scorsa nel Cpr di Gradisca d’Isonzo: “Anche lì c’è stato un focolaio di scabbia. Per non ammetterlo ed evitare che la Asl dovesse prendere provvedimenti dopo un primo caso conclamato, le altre persone contagiate sono state rilasciate con una diagnosi psichiatrica”.
Chi ha la scabbia parla di pruriti insopportabili, che peggiorano nella notte, e di lesioni diffuse in tutto il corpo. Sintomi gravi ma facilmente curabili, se solo venisse garantita un’adeguata assistenza sanitaria: “È stata data loro – riferisce Florio – una pomata antistaminica, assolutamente inutile in questi casi. Nelle docce poi c’è solo acqua bollente: non hanno sollievo nemmeno quando si lavano”. Così nell’abbandono generale la disperazione ha il sopravvento e al centralino della Rete ogni giorno arrivano segnalazioni di tentati suicidi: “Provano a impiccarsi, si tagliano, la loro vita è rovinata: il Cpr nel migliore dei casi ti porta ad avere la scabbia, nel peggiore ti uccide”, denuncia Cocco.
La Rete chiede innanzitutto che vengano garantite le cure ospedaliere e che siano verificate le condizioni igienico-sanitarie della struttura. E ricorda che nulla, in ciò che sta accadendo, è eccezionale: “Purtroppo la mancata tutela dei diritti umani è la quotidianità in questi luoghi”. Una realtà già emersa nelle indagini di due anni fa, in cui gli atti parlano di sporcizia, cibo scaduto e, ancora una volta, visite mediche negate. E che trova conferma nelle foto e nelle chiamate che arrivano al centralino dai migranti trattenuti. Materiale che, osserva Cocco, dimostra come “la detenzione amministrativa sia intrinsecamente patogena”. Per questo, ribadisce la Rete, “l’unica vera soluzione è chiudere il Cpr”.