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Ultimo aggiornamento: 14:31

Cacciari scuote Coldiretti: “Se l’Europa pensa che Putin sia il nuovo Hitler, si riarmi pure. Ma abbia il coraggio di dimostrarlo”

La guerra in Ucraina come specchio della crisi europea: Cacciari accusa Bruxelles di aver perso la sua funzione storica
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All’assemblea nazionale di Coldiretti, l’intervento di Massimo Cacciari viene accolto da applausi ripetuti e non rituali. Non è una lectio accademica, ma una requisitoria politica che tocca nervi scoperti dell’Europa contemporanea, con la guerra in Ucraina come epicentro di una crisi che, secondo il filosofo, non è solo militare o geopolitica, ma prima di tutto democratica.
Cacciari parte dalla struttura dell’Unione europea e ne denuncia lo svuotamento politico: “Si parla della Commissione von der Leyen, ma di fatto quello che dirige la baracca è l’apparato tecnocratico e burocratico: sono i funzionari, sono quelli che fanno i dossier, che preparano le strategie, sono loro più che i membri politici della Commissione”. È qui, sottolinea, che si consuma “un deficit totale di democratizzazione degli organismi della Comunità europea”. Il Parlamento europeo appare “sempre più fantasma”, la Commissione “non ha nessuna diretta legittimazione democratica” e funziona “di fatto da esecutivo”, mentre le decisioni finali restano in mano agli Stati, in un sistema che a 27 membri rende “impossibile ogni decisione”.

Questo quadro, già fragile, viene aggravato drammaticamente dalla scelta europea sulla guerra. Cacciari usa un’espressione che colpisce la platea: l’Europa ha deciso “di andare alla guerra da sola”.
Il paradosso è evidente: “Ormai è chiaro come il sole che gli Stati Uniti non ritengono più di avere il nemico da questa parte”, perché sanno bene che “la Russia non rappresenta più nessun reale pericolo, almeno per loro”. La competizione strategica americana, insiste, “si è spostata tutta sul fronte dell’Oceano Pacifico” e il messaggio agli alleati europei è netto: “Volete fare la guerra? Fatevela per conto vostro”.
Le conseguenze sono immediate e pesanti: “Questo significa che le nostre spese già decise per il riarmo assorbiranno sempre di più le poche risorse che abbiamo per welfare, per solidarietà, per tutte le politiche sociali ed economiche che ci servirebbero”. La guerra in Ucraina, così come viene gestita dall’Europa, diventa il simbolo di una scelta che sacrifica la coesione sociale sull’altare della militarizzazione, senza una vera discussione politica e senza un mandato democratico chiaro.

Cacciari non nega che l’Europa sia necessaria, anzi ribadisce il contrario: “Possiamo fare a meno dell’Europa? No, l’Europa ci è sempre più necessaria perché è l’unica dimensione all’interno della quale possiamo svolgere politiche di sviluppo”.
Ma la domanda cruciale resta sospesa: “È possibile ancora, nella situazione in cui ci troviamo?”. La sua risposta è radicale e spiazzante per il sistema politico tradizionale: la ricostruzione dell’unità europea non può partire dai partiti, ma dai corpi intermedi. “È possibile soltanto che i corpi intermedi europei, e non i partiti, le rappresentanze dei grandi interessi economici, produttivi, a partire dalla Coldiretti stessa o da organismi simili, da lì riparte un discorso di ricostruzione dell’unità politica ed economica europea”. Solo così, sostiene, può avviarsi “un processo di ridemocratizzazione dell’Unione Europea”.
Il giudizio sulla classe politica continentale è impietoso. “Ma in tutta l’Europa ci rendiamo conto della forza presunta di questa leadership europea?”, chiede provocatoriamente. Macron, osserva, “se domani si va a votare prenderebbe il 15%, forse neanche”; Merz “ha il fiato al collo addirittura di neonazisti”. Il paradosso, aggiunge, è che “obiettivamente il leader più forte è la Meloni”, l’unica che conserverebbe una legittimazione elettorale immediata. “Siamo in una situazione disperante dal punto di vista della rappresentatività dei partiti e delle forze politiche e questo non è una buona notizia per la democrazia”, perché “la democrazia non c’è senza partiti, è conflitto e competizione tra forze politiche organizzate”.

Quando la moderatrice Monica Giandotti chiede se la Russia possa rappresentare un problema per l’Europa, la risposta di Cacciari è ironica e tagliente: “Certo, se pensiamo che Putin abbia in testa di invadere l’Europa, è giusto riarmarsi, anzi non basteranno certamente 100 miliardi, dovremmo dotarci magari anche di un arsenale atomico adeguato”. Ma il filosofo chiede chiarezza politica. Se la leadership europea sostiene che la Russia non si ferma a Donbass, Crimea e Ucraina, ma ha “una volontà di potenza continentale”, allora lo dica apertamente. “Se mi dicono che dall’altra parte dell’Ucraina non c’è Putin ma c’è Hitler, va bene, ottimo, ma me lo devono dire nero su bianco”.
In assenza di questa verità esplicita, per Cacciari l’Europa tradisce se stessa e i suoi fondamenti costituzionali. Ricorda che gli statisti europei avevano inscritto nelle Costituzioni, “tra cui quella italiana, articolo 11”, un’idea precisa: l’Europa non come centro egemonico del mondo, ma come spazio di mediazione. “Capivamo di essere stati detronizzati come grande potenza globale, però potevamo svolgere una funzione fondamentale di intermediazione, di compromesso, di dialogo tra le diverse potenze”. Questa era, e dovrebbe essere, la funzione europea: “l’elemento di rapporto, di dialogo tra mondo mediterraneo, Maghreb, continente sub-sahariano, Medio Oriente, Russia, Stati Uniti”.

La guerra in Ucraina è la conferma di una rottura storica, che Cacciari fa risalire a una data precisa: “Tutto cambia quando c’è un momento cruciale, l’11 settembre 2001”. Da lì partono le guerre e l’Europa “comincia a cambiare natura sui principi fondamentali di pace, di solidarietà”. A determinare questo slittamento è soprattutto “il crescente strapotere delle grandi corporazioni”, dall’informazione alle tecnologie, dalla farmaceutica all’agricoltura, “una dozzina di soggetti fondamentali che stanno inglobando in sé ogni forma politica”.
Anche i tecnocrati più avvertiti, riconosce Cacciari, ne sono consapevoli: “Mario Draghi queste cose le sa perfettamente”. Sa che l’annichilimento della politica produce disastri, perché “conflitti sociali, disuguaglianze” non possono essere affrontati dal solo punto di vista dell’interesse economico o tecnico-finanziario. Ma i tecnocrati “non hanno nessun modo di affrontare la questione, perché il loro linguaggio, la loro cultura è quella”.
Per questo, conclude tra nuovi applausi, la responsabilità ricade su altri soggetti: “Sta a noi, sta in particolare nella crescita di dimensione politica e di forza politica dei corpi intermedi”. È da lì, insiste Cacciari, che può ancora nascere un’Europa capace di parlare di pace e di democrazia mentre rischia di perderne la sostanza.

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