La sposa bambina Goli Koohkan salvata dall’esecuzione in Iran: ha ottenuto il “perdono” della famiglia della vittima
Era in carcere in Iran da quando aveva 18 anni, e dietro le sbarre ha passato gli ultimi sette, in attesa dell’esecuzione: era stata infatti condannata a morte per avere ucciso il marito, un cugino al quale era stata data in sposa, senza il suo consenso, e l’anno dopo era rimasta incinta. Ma ora Goli Koohkan è stata salvata grazie a una raccolta internazionale di fondi, rende noto “Nessuno tocchi Caino”, che il tre novembre aveva segnalato il caso. La scorsa settimana, i relatori speciali delle Nazioni Unite, compreso il relatore speciale sull’Iran, avevano formalmente invitato le autorità iraniane a sospendere la sua esecuzione. Koohkan, di etnia Baluca, ha ottenuto il “perdono” dalla famiglia della vittima. Ha trascorso gli ultimi sette anni nella prigione di Amirabad a Gorgan in attesa dell’esecuzione. Al processo ha raccontato di essere stata sottoposta per anni a gravi violenze fisiche e psicologiche. Quest’anno in Iran sono state giustiziate più di 50 donne, molte delle quali in circostanze simili. Secondo l’agenzia di stampa Mizan, vicina alla magistratura, i querelanti nel caso di Goli Kouhkan hanno accettato di rinunciare al loro diritto all’esecuzione come punizione. I funzionari giudiziari non hanno rivelato l’importo pagato, anche se la famiglia della vittima aveva precedentemente richiesto 10 miliardi di toman (circa 100mila euro), oltre all’esilio permanente di Koohkan da Gorgan.
L’avvocato di Goli, Parand Gharahdaghi, ha confermato in un post sui social media che l’originale ‘diya’ è stata ridotta a 8 miliardi di toman (circa 80mila euro) e che era stata raccolta attraverso donazioni e beneficenza.
Goli è stata condannata al ‘qisas’ (principio della giustizia islamica che in Occidente viene spesso tradotto, con qualche approssimazione, come “legge del taglione’) per una lite che ha portato alla morte di suo marito. Assieme a Goli, anche Mohammad Abil, il cugino della vittima che Goli quel giorno aveva chiamato in preda alla disperazione, è stato considerato responsabile della morte della vittima, ed è stato condannato a morte. Va notato che Mohammad rimane nel braccio della morte e rischia l’esecuzione. Mizan ha scritto che la grazia è stata concessa “grazie alla mediazione del sistema giudiziario”. Tuttavia, sottolinea l’ong, fonti indipendenti sottolineano il ruolo delle campagne pubbliche e degli attivisti per i diritti umani che hanno raccolto il prezzo del sangue per garantire il suo rilascio. Le sue ex compagne di cella hanno testimoniato che Koohkan aveva subito anni di violenza domestica e che la morte di suo marito è avvenuta durante una lite familiare senza premeditazione. Hanno detto che lei aveva immediatamente chiamato i servizi di emergenza nel tentativo di portarlo in ospedale. Durante la detenzione, Koohkan ha imparato a leggere e scrivere ed è stata descritta dalle altre detenute come “la detenuta più calma e gentile”. Al momento della condanna, Koohkan non aveva accesso a un avvocato indipendente ed era analfabeta. Gli esperti delle Nazioni Unite hanno descritto il suo caso come un chiaro esempio di “discriminazione strutturale contro le donne” in Iran.
(immagine di repertorio)