Le tensioni tra i due capi di Stato erano iniziate lo scorso settembre, poi in ottobre Washington ha revocato aiuti economici e la certificazione di partner nella lotta al commercio di stupefacenti. Ieri il tycoon ha rinnovato le accuse verso il leader sudamericano, lui replica: "Trump è disinformato, liquida il Paese che ha più conoscenze sul traffico di coca"
“Lui sarà il prossimo”. Nel mondo di Trump, fatto di annunci secchi e dalla presa sicura, non c’è spazio per chi si occupa del traffico di droga. Così, dopo l’operazione contro i narcos venezuelani del Cartel de los soles – organizzazione che per Washington è gestita direttamente dal governo di Maduro, tanto da mettere una […]
“Lui sarà il prossimo”. Nel mondo di Trump, fatto di annunci secchi e dalla presa sicura, non c’è spazio per chi si occupa del traffico di droga. Così, dopo l’operazione contro i narcos venezuelani del Cartel de los soles – organizzazione che per Washington è gestita direttamente dal governo di Maduro, tanto da mettere una taglia sullo stesso leader chavista – ora tocca al presidente colombiano Gustavo Petro finire nel mirino di The Donald.
L’avviso è stato recapitato tramite i giornalisti che il tycoon ha incontrato mercoledì. Come spesso accade, i toni del presidente americano sono stati altalenanti: se in un primo momento ha dichiarato che a Petro non aveva pensato più di tanto, ha poi cambiato atteggiamento durante lo scambio di battute. “La Colombia produce molta droga, quindi è meglio che si faccia furbo, altrimenti sarà il prossimo. Spero che stia ascoltando: sarà il prossimo”. Petro ha risposto durante una riunione di Gabinetto, affermando che Trump “è molto disinformato sulla Colombia. È un peccato, perché liquida il Paese che ha più conoscenze sul traffico di cocaina. Sembra che i suoi interlocutori lo stiano ingannando”.
Già all’inizio della settimana, durante una conversazione con il media Politico, Trump aveva manifestato l’idea di estendere l’operazione anti narcos a Messico e Colombia. Che la Casa Bianca non si fidi di Petro è stato manifesto già a metà settembre. Washington in un primo momento ha detto che avrebbe continuato a inviare aiuti economici. Le cose sono peggiorate in ottobre: alla Colombia è stata revocata la certificazione di partner per il controllo sul traffico di stupefacenti e il 19 del mese il capo dello Stato è stato definito drug dealer: uno “spacciatore di stupefacenti”. Lo scambio di battute era avvenuto sulle piattaforme social. Trump su Truth aveva descritto Petro come “un leader del narcotraffico illegale che incoraggia fortemente la produzione massiccia di droga, in campi grandi e piccoli, in tutta la Colombia” e nel contempo aveva annunciato il taglio degli aiuti economici: “Questi pagamenti, o qualsiasi altra forma di pagamento o sussidio, non saranno più effettuati alla Colombia”.
Petro aveva replicato su X affermando che Trump era stato ingannato dalle “sue logge e dai suoi consiglieri”, invitandolo ad “analizzare attentamente la Colombia e a determinare dove sono i narcotrafficanti e dove sono i democratici”. Il presidente colombiano ha sostenuto di essere stato lui a intralciare i legami tra le reti del narcotraffico e il potere politico: “Il principale nemico del narcotraffico sono sempre stato io”. Petro ha detto che il suo Paese aveva intenzione di denunciare i funzionari del governo americano che avevano permesso l’attacco letale nei confronti di un marinaio di una nave colombiana in acque nazionali, sempre nell’ambito della lotta al trafficanti voluta dalla Casa Bianca. La revoca della certificazione è stata un brutto colpo per la Colombia tanto che nei giorni successivi Petro ha inviato una delegazione nella capitale americana, per sottolineare la “forte cooperazione” tra i due Paesi e i progressi compiuti nella lotta contro il narcotraffico. Ma la diplomazia non ha fatto breccia nell’amministrazione Trump.
Alla base c’è uno scontro sul metodo. Per il tycoon debellare i trafficanti è un obiettivo da perseguire by any means necessary: con ogni mezzo necessario, così come l’immigrazione illegale. Petro invece ha chiesto al suo Paese di creare “alternative pacifiche” alla coltivazione della coca, anziché perseguire gli agricoltori o i trafficanti di piccolo calibro. Resta il fatto che l’Ufficio delle Nazioni Unite per la droga e il crimine (UNODC) ha certificato che la Colombia è il principale produttore mondiale di cocaina e rappresenta quasi due terzi della produzione totale di questa sostanza stupefacente. Dunque, Trump ha una base solida da cui partire e ha fatto capire che non verserebbe lacrime se Petro lasciasse l’incarico: una possibilità concreta visto che in Colombia si vota il prossimo 31 maggio e il leader colombiano non potrà presentarsi per il secondo mandato consecutivo.