Il giudice libera la nave di Mediterranea, il governo ne ferma un’altra. Chi sta vincendo la guerra alle ong?
Chi sta vincendo la guerra che il governo Meloni, e in particolare il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ha dichiarato al soccorso civile in mare? Risultati, conseguenze? Domandarselo è d’obbligo visti i 36 fermi amministrativi imposti alle navi umanitarie da inizio 2023, quando il decreto Piantedosi aprì la strada ai blocchi motivati da un salvataggio di troppo, dalla disobbedienza alla guardia costiera libica o dallo sbarcato delle persone soccorse in un porto diverso da quello assegnato. Come nel caso della ong Mediterranea Saving Humans, la cui nave è rimasta bloccata dal 6 novembre a Porto Empedocle per non aver diretto verso Livorno. Al contrario, Nave Mediterranea aveva sbarcato 92 persone di cui 31 minori non accompagnati. Da qui i previsti 60 giorni di detenzione amministrativa e la sanzione di 10 mila euro per comandante e armatore, “nonostante il Medico di bordo e lo stesso CIRM Telemedicina, incaricato dalle Autorità marittime, abbiano certificato che tutte le persone soccorse non erano in grado di affrontare altri tre giorni di navigazione” e il Tribunale dei Minorenni di Palermo avesse chiesto ai ministeri dell’Interno e dei Trasporti “di far sbarcare i minori a Porto Empedocle”, aveva denunciato la ong. Come già in altri casi, il fermo è stato sospeso, stavolta dal Tribunale di Agrigento. “Decreto Piantedosi illegittimo”, commenta la ong. “C’è una strategia illegale del governo che mira a confiscare la nostra nave di soccorso. Ma ancora una volta viene sconfitta davanti a un giudice”. Sconfitta?
Fuori una, dentro l’altra – Meloni e Piantedosi non demordono. “La nave di soccorso Humanity 1 è stata sequestrata dalle autorità italiane per essersi rifiutata di comunicare con il centro di coordinamento dei soccorsi libici”, ha appena comunicato Justice Fleet, la coalizione di 13 ong annunciata il 5 novembre 2025 per coordinare i soccorsi e opporsi alla collaborazione con il centro di coordinamento dei soccorsi di Tripoli che il decreto Piantedosi impone. A un mese dall’iniziativa, ecco la risposta del governo, un altro sequestro. Nonostante “tre volte, nelle ultime settimane, le milizie della cosiddetta guardia costiera libica hanno sparato contro le navi di soccorso”, ricorda la coalizione. In base al decreto, le navi sono costrette a comunicare le loro posizioni operative alle milizie. “Non ci faremo costringere a rivelare le nostre posizioni operative a milizie armate finanziate dall’UE che sparano contro persone in cerca di protezione e contro i nostri team di soccorso”, è quanto ribatte Justice Fleet in un comunicato. Mentre scriviamo, la ong Sea-Watch fa sapere che la nave Sea-Watch 5 “ha salvato 34 persone, tra cui 10 minori. Altri e altre avrebbero bisogno di assistenza e soccorso ma il Governo italiano ha deciso di impedirci di salvare vite assegnandoci il porto di La Spezia, lontano dalla zona di soccorso. Chiediamo un porto più vicino”.
Chi sta vincendo la guerra alle ong? – Dichiarazioni a parte, dal varo del decreto Piantedosi i fermi sono a quota 36 – il conto è del direttore del DataLab dell’Ispi, Matteo Villa –, e corrispondono a oltre 800 giorni, per una media di 24 giorni a nave. Giorni in cui il soccorso civile non è dove vorrebbe essere. Questiona finite anche davanti alla Corte costituzionale, che pur rinviando le decisioni ai giudici di merito, ha stabilito che “nessuna sanzione, in definitiva, si può irrogare quando l’osservanza del precetto si ponga in contrasto con i principi sovraordinati”, coerentemente con quanto già detto quattro volte dalla Cassazione, e cioè che nessuno può essere sanzionato per non aver collaborato al rientro dei migranti in Libia, Paese che tra l’altro non può offrire alcun “luogo di sbarco sicuro”, elemento essenziale per completare un’operazione di soccorso. La Consulta ha infatti ribadito che “non è vincolante un ordine che conduca a violare il primario ordine di salvataggio della vita umana e che sia idoneo a metterla a repentaglio e non ne può essere sanzionata l’inosservanza”. Chissenefrega, dice l’ennesimo fermo. E poco importa se verrà sospeso o annullato, come nei 12 casi in cui un giudice è intervenuto prima della fine del provvedimento. E non perché siano stati raggiungi grandi risultati: le ong hanno infatti soccorso solo l’11% dei migranti sbarcati nel 2025, un dato che arrivava appena al 15% nell’anno precedente al decreto Piantedosi. Ciò che importa è la comunicazione politica, che il messaggio della guerra alle ong sia passato. Ed è passato.
Chi sta perdendo la guerra alle ong? – C’è poi la pratica, altrettanto efficace, di assegnare porti lontani. Nel caso di Mediterranea, quello di Livorno significava quattro giorni di navigazione in più. Rafforzata dal decreto Piantedosi, la pratica ha infatti limitato ulteriormente la capacità di intervento delle ong. SOS Humanity ha calcolato 760 giorni di navigazione in più per raggiungere i porti assegnati dal governo. A conti fatti, le vittorie in tribunale non equivalgono certo ad aver vinto la guerra. Che invece fa proseliti, almeno a sentire Piantedosi. Dopo il Consiglio Ue dell’8 dicembre, il ministro ha fatto sapere che con la Germania “abbiamo condiviso un nuovo approccio verso le ONG, che abbiamo convenuto costituire spesso un fattore di pull factor per i flussi migratori irregolari”. Il “fattore di attrazione” è stato sempre smentito dalle analisi dei flussi ma, ancora una volta, a chi importa? Non alle 1.184 persone morte o disperse nel Mediterraneo centrale da inizio 2025. Nel 2024 la nave Geo Barents di Medici senza Frontiere aveva già dimezzato i salvataggi rispetto al 2023. Mentre ad aumentare sono state le persone intercettate e riportate indietro, soprattutto dai libici. Il diverso approccio nei soccorsi, quando non si tratta addirittura di disimpegno, l’assegnazione di porti lontani, i fermi e le limitazioni alla possibilità di salvataggi multipli ha oggettivamente limitato l’attività delle organizzazioni umanitarie, che considerano i dispersi o la maggior parte di questi, casi di mancati soccorsi. Basandosi su quelli effettuati in mare nel 2024, Sos Mediterranée ha calcolato di aver salvato una media di 30 persone al giorno. Non è statistica, solo un ordine di grandezza su cui ragionare a fronte dei 760 giorni di navigazione in più e degli oltre 800 di fermo imposti dal governo Meloni. Difficile dire quante siano le vittime dirette di queste scelte. Ma molto più difficile sarebbe negare che ce ne siano.