La Fed taglia i tassi di un quarto di punto ma il board si spacca. E Trump attacca di nuovo: “Troppo poco”
La Fed taglia i tassi di interesse per la terza volta nel corso del 2025. E fa scendere il costo del denaro di un quarto di punto in una forchetta fra il 3,50% e il 3,75%, ai minimi degli ultimi tre anni. Ancora non abbastanza per Donald Trump, che ha di nuovo criticato la decisione a suo avviso insufficiente: “Avrebbe potuto essere più grande”. Da quando ha avviato il suo ciclo di tagli nel settembre 2024, la Fed ha ridotto il costo denaro sei volte (la prima è stato un maxi taglio da mezzo punti, tutte le successive da 25 punti base). Ma per il 2026 la banca centrale stima solo una riduzione dei tassi di 25 punti base, in deciso rallentamento rispetto agli ultimi anni.
La decisione ha spaccato il board. A favore di un taglio hanno votato in nove, mentre tre per la prima volta dal 2019 hanno votato contro. Due infatti avrebbero preferito lo status quo, mentre uno (Stephen Miran nominato da Donald Trump) voleva una riduzione più pesante di 50 punti base. Che la Fed fosse spaccata su come procedere, complice anche la carenza di dati dovuta allo shutdown, era emerso chiaramente nelle ultime settimane. Le colombe del Federal open market committee, preoccupate dall’indebolimento del mercato del lavoro, l’hanno alla fine spuntata sui falchi che puntavano quantomeno allo status quo vista la corsa dei prezzi. Secondo le nuove previsioni della Fed l’inflazione è attesa restare saldamente sopra il 2% per i prossimi anni. La crescita è però prevista accelerare il prossimo anno al 2,3%, in rialzo rispetto all’1,8% stimato in settembre.
Anche se Trump continua a minimizzare il problema dell’”affordability” definendolo una “bufala” dei democratici, la maggior parte degli americani – stando agli ultimi sondaggi – lamenta un caro-vita che non dà tregua e che potrebbe peggiorare ulteriormente qualora non fosse raggiunto in Congresso un accordo per l’estensione dei sussidi all’Obamacare. L’inflazione è uno dei motivi di preoccupazione della Fed: gli effetti dei dazi iniziano a farsi sentire sui prezzi e le prospettive delle tariffe non sono chiare in attesa della decisione della Corte Suprema sulla loro legalità. Una loro abolizione potrebbe causare un peggioramento dei conti pubblici americani, facendo venire a mancare le entrate per pagare il taglio delle tasse voluto da Trump e per ridurre il debito e il deficit.
Come se queste incertezze non bastassero, la Fed si è trovata a decidere anche sullo sfondo della corsa a sostituire Powell, il cui mandato scade nel maggio del 2026. Trump avrebbe deciso chi nominare ma la partita non è ancora chiusa. Il presidente e il segretario al Tesoro, Scott Bessent, stanno infatti tenendo un ultimo giro di colloqui per confrontare il favorito Kevin Hassett con altri tre pretendenti, incluso l’ex governatore della Fed Kevin Warsh. Il consigliere economico della Casa Bianca è in pole position ma i mercati lo guardano con scetticismo temendo che sia troppo allineato con Trump e che quindi rischi di politicizzare la Fed. Il presidente dovrebbe annunciare la sua scelta agli inizi del prossimo anno rendendo ancora più in salita gli ultimi mesi di Powell.