Giovani e periferie, il report: “Il disagio socio-educativo nelle città del Sud è quattro volte superiore”
Chi cresce nelle periferie delle grandi città italiane, in particolare del Sud, vive in condizioni di fragilità. I giovani che crescono nei quartieri San Nicola a Bari, San Michele a Cagliari, nella zona Pendino di Napoli, ma anche alle Piagge a Firenze, all’ex mercato ortofrutticolo di Bologna o al Lambro di Milano, sempre più spesso abbandonano la scuola prima di finire le superiori e sono “in potenziale disagio economico”, ovvero vivono con genitori che hanno meno di 64 anni e nessun soldo in tasca. A lanciare un nuovo allarme sono la Fondazione “Con i bambini” e Openpolis che – insieme ad esponenti della commissione parlamentare d’inchiesta sulle periferie – hanno presentato alla Camera dei Deputati il report 2025 su “Giovani e periferie”. “Le ultime analisi”, ha dichiarato il presidente della fondazione Marco Rossi Doria, “mostrano concentrazioni più elevate di povertà educativa, una minore disponibilità di spazi aggregativi e un’offerta formativa e opportunità occupazionali minori e meno diversificate rispetto alle aree protette”. Dunque meno lavoro, istruzione e spazi pubblici. Parole che commentano dati sui quali vale la pena soffermarsi. A destare preoccupazione è anche l’aumento di comportamenti violenti tra i più giovani: la crescita del tasso di presunti autori di delitto denunciati o arrestati dalle forze di polizia ogni 100mila residenti tra 14 e 17 anni, tra prima e dopo la pandemia segna un più 54%.
Disagio economico e povertà educativa
Le disuguaglianze territoriali pesano sulla condizione educativa dei più giovani. Le situazioni di maggiore fragilità sociale si concentrano nelle aree del mezzogiorno. A Catania (6,2%), Napoli (6%) e Palermo (5,8%) l’incidenza delle famiglie con figli in potenziale disagio economico risulta molto marcata. Si tratta di nuclei con figli a carico in cui la persona di riferimento ha meno di 65 anni e nessun componente è occupato o pensionato. Tali valori sono oltre quattro volte superiori rispetto a quelli registrati in altre città del centro-nord: Bologna si ferma all’1,2%, Venezia e Genova all’1,3%, Milano e Firenze all’1,4%. Emerge dall’analisi condotta sui 14 comuni capoluogo.
Dentro una stessa città, i divari possono risultare ancora più ampi. A Catania ad esempio, a fronte di una media cittadina del 6,2%, si va dal 3,1% del Terzo municipio al 9,3% del Sesto. A Napoli, si va dal 3% di quartieri come Arenella e Vomero al 9,2% del quartiere di San Pietro a Patierno.
Il rapporto conferma che bambini e ragazzi restano la fascia d’età più spesso in povertà assoluta (13,8% contro una media del 9,8%). In media, nel 2024, il 12,3% delle famiglie in cui vivono minori di 18 anni si è trovato in tale condizione; la quota sale al 16,1% dei nuclei con minori nei comuni centro dell’area metropolitana.
L’istruzione
La condizione di partenza si riflette spesso sugli esiti educativi. Gli abbandoni precoci della scuola colpiscono soprattutto il Mezzogiorno. Ha lasciato l’aula prima del diploma delle superiori o di una qualifica oltre il 25% dei giovani a Catania, il 19,8% a Palermo, il 17,6% a Napoli. Si tratta anche delle città in cui oltre uno studente su cinque arriva in terza media con competenze del tutto inadeguate in italiano. La dispersione scolastica implicita ed esplicita resta elevata soprattutto tra i ragazzi provenienti da famiglie svantaggiate.
Sul tema istruzione, nemmeno certe zone delle città del Nord si salvano: nel comune di Milano gli abbandoni precoci della scuola riguardano il 12,4% dei giovani tra 18 e 24 anni ma tra i figli delle persone senza diploma il dato sale al 19,3% a livello comunale. Complessivamente, la quota raggiunge il 28,2% a Triulzo Superiore. A Roma la zona della Magliana risulta critica per gli abbandoni scolastici precoci (27,9%) e la presenza di Neet mentre è molto più contenuta a Grottaferrata (2,5%). Tra i figli delle persone senza diploma, l’abbandono scolastico precoce è più frequente nel quartiere San Lorenzo (35,8%), mentre appare assente nelle zone di Foro Italico e di Grottarossa Est. Stessa musica a Torino dove complessivamente, la quota di abbandoni raggiunge il 26,5% nella zona di Borgata Monterosa mentre nelle zone statistiche di Reaglie – Forni e Goffi, Comandi Militari – Stazione Porta Susa e Strada di Pecetto-Eremo non raggiunge il 3%.
Giovani che non studiano né lavorano
I comuni capoluogo con più giovani Neet (che non studiano e lavorano) sono, invece, Catania (35,4%), Palermo (32,4%) e Napoli (29,7%). A quota 20% circa, tra le altre, le due città italiane più popolose, Roma e Milano. La quota scende al 17,3% a Bologna. Anche qui, tuttavia, dove il fenomeno è meno diffuso, la quota risulta molto più elevata in aree come l’Ex Mercato Ortofrutticolo (47,2%), il Caab (39,8%) e il Pilastro (29,6%), mentre i livelli più bassi si registrano nelle aree di Siepelunga (11,3%), La Dozza (10,9%), Scandellara (5,6%).
Comportamenti violenti in aumento dopo la pandemia
Il report riporta anche un segnale preoccupante in merito ai comportamenti a rischio o violenti tra gli adolescenti. I primi studi esplorativi, come evidenzia il lavoro di “Transcrime”, Centro di ricerca interuniversitario, in collaborazione con il dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del ministero della giustizia, mostrano alcuni segnali di peggioramento proprio tra i più giovani dopo la pandemia dovuto al Covid. “Il tasso di presunti autori di delitti violenti denunciati o arrestati dalle forze dell’ordine ogni 100mila abitanti è rimasto sostanzialmente stabile nella popolazione complessiva”, si legge, “se si confrontano i dati precedenti la pandemia (133,14 nel periodo 2007-19) con quelli successivi all’emergenza (133,43 tra 2021 e 2022)”. Mentre “tra i minori e gli adolescenti, il quadro mostra una situazione molto più critica. Nella fascia tra 14 e 17 anni si è passati da una media di 196,61 presunti autori ogni 100mila giovani nel periodo 2007-19 a 301,87 dopo la pandemia. Nella fascia fino a 13 anni, l’incremento è stato ancora maggiore, trattandosi di numeri in partenza molto più contenuti: da 2,38 a 6,25 ogni 100mila minori, per un aumento del 163%”.