Mattarella: “L’Italia ripudia la guerra. Legame inscindibile tra diritti umani e pace. La violenza non prevalga sulle regole”
C’è il diritto (internazionale e degli individui) al centro del discorso del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani. Un diritto costantemente violato soprattutto in questi ultimi anni di guerre, ma che, sostiene il capo dello Stato, non può essere scisso dalla pace. Un messaggio chiaro, il suo, ai leader mondiali che in questi giorni stanno di nuovo cercando un accordo per mettere fine a quasi quattro anni di guerra in Ucraina e di avviare la fase 2 del piano di pace a Gaza, nonostante le violenze in Palestina da parte di militari e coloni israeliani continuino quotidianamente. Il capo dello Stato, che si è sempre espresso in sostegno a Kiev, parlando davanti al Bundestag il 16 novembre scorso aveva lanciato un avvertimento sul rischio di escalation nucleare e sui “nuovi dottor Stranamore che amano la bomba”.
“La Repubblica Italiana, in questa Giornata, rinnova il suo convinto sostegno a un ordine internazionale basato sul rispetto dei diritti umani – ha dichiarato Mattarella nel suo messaggio – È un impegno che discende dalla nostra storia e dai valori scolpiti nella Costituzione: il ripudio della guerra, la promozione della giustizia, l’affermazione della solidarietà, dell’uguaglianza e della libertà. Sono gli stessi valori che hanno ispirato la costruzione europea, divenuta nel tempo uno spazio di pace e di diritti senza precedenti”. Il riferimento all’Europa non sembra essere casuale, dato che Bruxelles in entrambi i principali fronti di conflitto non è riuscita a imporsi come attore di primo livello e, soprattutto, a chiedere il rispetto del diritto internazionale, anche quando sono stati sferrati attacchi diretti ai vertici delle Nazioni Unite. Il presidente ha poi voluto ricordare, e il riferimento sembra essere alla crisi di Gaza, che “la centralità dei diritti umani non significa indulgere nella memoria del dolore, ma assumere quella memoria come guida per l’azione. È a questa responsabilità che siamo chiamati: impedire che la violenza prevalga sulle regole, affermare l’universalità dei principi che tutelano la dignità umana, affinché la Dichiarazione del 1948 non resti solo un enunciato di alti ideali ma sia concreto codice di condotta cui tutti gli Stati scelgano di conformarsi”.
Tutto questo perché “esiste un rapporto inscindibile tra diritti umani e pace, il rispetto dei primi è premessa essenziale della seconda, mentre l’assenza di pace smorza la speranza di proteggere diritti e libertà. L’evidenza di tale relazione aiuta a comprendere come la pace sia il risultato di un impegno quotidiano e di una responsabilità condivisa, che trova il suo fondamento nella tutela della dignità di ogni persona e nel rifiuto della logica della sopraffazione”. E aggiunge che “a tal riguardo, il diritto internazionale e le istituzioni multilaterali rivestono un ruolo decisivo, in quanto strumenti concreti di protezione per gli Stati come per ciascun singolo essere umano. Indebolirli significa esporre ogni individuo, in particolare i più vulnerabili, al rischio che l’esistenza finisca per essere regolata dalla prevaricazione e dall’abuso della forza”. Esattamente la direzione verso la quale, invece, il presidente americano Donald Trump sembra tendere se si prendono in considerazione le sue ultime dichiarazioni riguardo alla Nato.
“Settantasei anni fa, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani pose al centro dell’ordinamento internazionale un principio semplice e rivoluzionario: ogni persona, in quanto tale, è titolare di diritti inviolabili. È questo il messaggio che la comunità internazionale volle affidare al futuro, traendo lezione dalle macerie morali e materiali dei conflitti mondiali. È un messaggio che continua a sollecitare la nostra coscienza collettiva. Ancora oggi, – ha poi concluso – i diritti umani subiscono molteplici attacchi. Le guerre – vecchie e nuove – tornano a proiettare la loro ombra sulle popolazioni civili, causando vittime inermi e portando ovunque sofferenza e distruzione, come la cronaca dei conflitti contemporanei dolorosamente conferma. Le violenze contro donne e minori, le discriminazioni, l’erosione delle libertà democratiche, assumono spesso la forma di un generale arretramento della civiltà giuridica rispetto a traguardi che credevamo acquisiti. Di nuovo, vediamo riaffiorare razzismo, aggressioni, disuguaglianze: fenomeni che la storia aveva già ammonito a non ripetere”.