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Il Messico è da anni la capitale mondiale delle spie russe. Gli Usa protestano, ma dal governo centramericano ancora nessuna espulsione

Il New York Times rilancia il tema: allontanate dall'Europa dopo l'inizio della guerra in Ucraina, i funzionari dell'intelligence di Mosca sono arrivati in massa nel Paese centroamericano. Washington ha fornito una lista di nomi, ma Città del Messico nicchia. Il caso emblematico di Cabrera Fuentes, da biologo molecolare di fama internazionale ad agente reclutato dai "compagni"
Il Messico è da anni la capitale mondiale delle spie russe. Gli Usa protestano, ma dal governo centramericano ancora nessuna espulsione
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Glen David VanHerck, generale dell’Aeronautica Militare americana, responsabile del Comando Nord e del Comando di Difesa Aerospaziale (2020-2024), il 24 marzo 2022 durante una audizione aveva dichiarato: “La maggior parte dell’intelligence russa dislocata nel mondo, in questo momento si trova in Messico”. Le spie dietro la porta di casa, insomma. E le cose negli ultimi tre anni non sono migliorate tanto che il New York Times è tornato a sottolineare, citando cinque fonti, che i funzionari al servizio del Cremlino sono sempre lì a mangiare tacos e tendere l’orecchio, nonostante la Cia abbia individuato almeno 24 nomi. Il governo messicano – questa è la recriminazione degli Usa non ha fatto nulla per evitare questa situazione; pur avendo una lista fornita da Washington, non ha provveduto alle espulsioni.

Prima del quotidiano della Grande Mela, ad occuparsi della questione nel 2022 era stato il Wall Street Journal, indicando che in seguito agli allontanamenti avvenuti in Europa – dopo l’invasione russa in Ucraina – almeno 85 funzionari erano arrivati all’ambasciata russa di Città del Messico con la qualifica di “diplomatici”. A quanto risulta al New York Times, all’epoca il presidente Obrador era stato informato direttamente delle attività di spionaggio, senza prendere provvedimenti. E nessuna espulsione è avvenuta con la presidente Claudia Sheinbaum: i timori di Washington sono stati liquidati come “paranoie”.

Al Times Juan González, direttore degli Affari dell’Emisfero Occidentale presso il Consiglio di Sicurezza Nazionale durante l’amministrazione Biden, ha dichiarato: “Abbiamo fornito i nomi di spie russe che si spacciavano per diplomatici nell’ambasciata di Città del Messico. Si trattava di spie esperte che avevano partecipato a operazioni sofisticate in tutta Europa”. Il compito dei funzionari dell’intelligence russa sarebbe anche quello di sostenere una contro informazione per spingere l’opinione pubblica messicana ad allontanarsi sia dagli Stati Uniti che dall’Europa. Un allarme preso sul serio dalla Francia che per la prima volta ha nominato un esperto a capo di un ufficio specifico per valutare il processo di disinformazione avviato nella capitale messicana.

Uno degli esempi concreti per raccontare questa storia di spie è la vicenda di Héctor Alejandro Cabrera Fuentes, biologo molecolare considerato tra le “menti” messicane più in vista all’estero. Nel 2020 fu arrestato e accusato di aver svolto attività di spionaggio per la Russia. Secondo l’atto d’accusa del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, un funzionario di Mosca, la cui identità non è stata rivelata, ha reclutato Cabrera Fuentes nel 2019: il suo compito era quello recuperare notizie su un “collaborazionista” che passava agli americani informazioni sul governo russo. Il biologo diventato agente segreto è stato poi condannato a quattro anni di reclusione.

Dalle serie di successo come The Americans, alla realtà di una guerra di spie tra Mosca e Washington giocata su diversi scenari. Città del Messico del resto non è nuova ad essere teatro di intrighi: nel 1940 Lev Trotsky fu ucciso da un agente segreto dell’Nkvd per essersi schierato contro la “dittatura burocratica di Stalin”. E nel 1963, sei settimane prima dell’omicidio del presidente Kennedy a Dallas, la visita di Lee Harvey Oswald alle ambasciate di Cuba e della Russia alimentò una delle tante piste cospirative sull’assassinio di JFK.

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