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Il Fatto non tace in caso di dissenso verso presunti "amici": insiste sulla lotta alla corruzione, il contrasto al cambiamento climatico, l'opposizione al bellicismo e sostiene apertamente battaglie

È in corso la campagna per spingere quante più persone possibile ad abbonarsi al Fatto Quotidiano. Il Fatto non riceve fondi pubblici, e ha bisogno di entrate per sopravvivere. Altri giornali o ricevono fondi pubblici o sono proprietà di imprenditori che ne dispongono a sostegno dei loro interessi, il Fatto cammina con le proprie gambe.

La carta stampata ha ormai scarso potere di penetrazione nell’opinione pubblica. I giovani si informano sul web, gli anziani in televisione, dove ci sono le rassegne stampa e i giornalisti della carta stampata sono invitati come opinionisti. I giornali, però, sono i protagonisti nelle rassegne televisive delle prime pagine, dove giornali che vendono pochissimo hanno visibilità quasi identica a giornali più affermati. Molti programmi di opinione, inoltre, invitano giornalisti di schieramenti differenti, a confrontarsi. E un giornalista i cui articoli sulla carta stampata sono totalmente ignorati, sale alla ribalta come chi, invece, ha ben maggiore autorevolezza.

Tutti conosciamo bene le sparate dei vari Sechi, Belpietro, Giordano, Feltri, Sallusti, Cruciani, Senaldi, Borgonovo, Bocchino, e Giuli prima che diventasse ministro. Ad alcuni sono affidati programmi televisivi. Questi sono facilmente riconoscibili e non fanno mistero del campo in cui militano. Se li conosci li eviti. Poi ci sono i benpensanti moderati. La loro tattica argomentativa è di dire tante cose condivisibili dai più, in modo da acquistare le loro fiducia, per poi instillare opinioni che benpensanti e moderate non sono. Penso a Mieli, Severgnini, Molinari, Della Loggia, e moltissimi altri. Questi signori, in caso di confronti in TV, sono sbertucciati dai giornalisti del Fatto, penso ovviamente a Travaglio, Padellaro, Scanzi, Sommi e Gomez. Anche loro, per fortuna, dico io, presenti in programmi che spesso conducono.

Alcuni danno al Fatto il ruolo di spalla mediatica del Movimento 5 Stelle, di cui, però, il Fatto ha criticato duramente alcune decisioni politiche. Il Fatto sostiene posizioni che condivide, senza tacere in caso di dissenso verso presunti “amici”: insiste sulla lotta alla corruzione, il contrasto al cambiamento climatico, l’opposizione al bellicismo e, ovviamente, concorda con chi sostiene politicamente le battaglie che conduce mediaticamente.

La serietà degli argomenti si affianca alla levità con cui molti giornalisti, prima di tutto Travaglio, li affrontano. L’articolo di fondo di Travaglio è la prima cosa che leggo, assieme alle vignette. I vignettisti del Fatto sono soda caustica, come anche i lettori che partecipano alla Palestra di Luttazzi, finendo in prima pagina. Dopo Travaglio e le battute scritte e disegnate, corro da Luttazzi, e poi leggo la posta. Poi torno indietro e scorro tutto il giornale.

Insomma, per me il Fatto è una voce fuori dal coro dei mal e benpensanti. Non è la sola. Gli affianco Il Manifesto e Avvenire. Il diavolo e l’acqua santa. Poca cosa rispetto al volume di fuoco delle testate più affermate, in mano a proprietari potenti, di cui difendono gli interessi. Berlusconi, da proprietario de Il Giornale, ordinò a Montanelli di sostenerlo quando decise di scendere in campo. Montanelli se ne andò e fondò La Voce, che però ebbe vita breve. Travaglio partecipò ad entrambe le imprese (Giornale e Voce), e non è un caso che il logo del Fatto, uno strillone, richiami il concetto di Voce.

Il Fatto quotidiano si chiama così in omaggio a Enzo Biagi, che conduceva un programma che, appunto, si chiamava Il Fatto. Montanelli, Biagi, Luttazzi furono tutti oggetto delle purghe berlusconiane, assieme a Santoro. Con precedenti che vanno da Fo a Grillo. Cacciati dalla televisione perché scomodi. Il Fatto devia dalla norma, e senza deviazione dalla norma il progresso non è possibile. E il Fatto ospita anche deviazioni dalle sue stesse “norme”, come si può vedere nei commenti agli articoli. Ci sono commentatori che non sono d’accordo, e altri che lo sono. In molti sono contrari agli argomenti che il Fatto promuove, e trovano spazio sulla pagina web del giornale: la visitano e ne sono stimolati.

Non è scontato che questo spazio continui ad esistere. Comprare il cartaceo e abbonarsi al digitale è un finanziamento pubblico volontario, deciso dai singoli cittadini.

Nota: sono un collaboratore volontario, l’unica ricompensa che ricevo per i miei articoli sono l’abbonamento digitale gratuito e uno spazio dove poter dire la mia, con la possibilità di interagire con chi mi legge, per capire come si può interpretare quel che scrivo. Rassicuro i commentatori: nulla viene censurato. Capita anche a me che risposte a commenti non appaiano, probabilmente sono falle nel sistema informatico. Esiste un codice di comportamento e solo in seguito vengono rimossi i commenti che non lo rispettano. Posso bloccare commentatori che diventano molesti, ma questo toglie i loro messaggi dalla mia vista, gli altri li possono vedere.