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Cappellani militari, per la Cei il ruolo va rivisto: “Meno legati all’esercito per parlare più di pace”. Gradi e stipendi: chi è oggi il sacerdote “in divisa”

I vescovi italiani propongono forme di presenza religiosa meno legate alla struttura militare per garantire più libertà nell'annuncio di pace. Cosa c'è da sapere sul ruolo del cappellano
Cappellani militari, per la Cei il ruolo va rivisto: “Meno legati all’esercito per parlare più di pace”. Gradi e stipendi: chi è oggi il sacerdote “in divisa”
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Da anni svolgono il servizio spirituale per il personale militare, sono essi stessi arruolati nelle forze armate e prendono parte alle missioni, umanitarie o in campo di guerra. I cappellani militari, i sacerdoti “in divisa”, hanno anche i gradi e sono equiparati agli ufficiali. Ma il loro ruolo nel prossimo futuro potrebbe cambiare o essere affiancato da altre figure. L’argomento è stato, infatti, affrontato dalla Conferenza episcopale italiana nella nota pastorale “Educare alla pace disarmata e disarmante“, approvata dall’assemblea generale che si è svolta ad Assisi.

“Servono forme meno legate alle forze armate”

Dopo aver criticato la corsa al riarmo, parlato di obiezione di coscienza e servizio civile obbligatorio, i vescovi hanno anche dedicato un paragrafo della nota proprio alla “testimonianza ecclesiale di pace entro le Forze armate”. Ricordando le figure di alcuni noti cappellani militari (in primis Angelo Roncalli, poi diventato Papa Giovanni XXIII, o don Giovanni Minzoni) e il ruolo dei sacerdoti anche nelle missioni all’estero delle Forze armate italiane, la Cei ribadisce la “gratitudine” per “l’opera dei cappellani militari che in tanti contesti hanno testimoniato l’Evangelo della pace anche in situazioni molto difficili”, ma apre una riflessione. “Ci chiediamo però anche se non si debbano prospettare diverse forme di presenza in tali contesti, meno direttamente legate a un’appartenenza alla struttura militare“. In questo modo, si legge nella nota pastorale, le nuove figure “consentirebbero maggior libertà nell’annuncio di pace specie in contesti critici”.

La recente modifica

Parole in qualche modo rivoluzionarie che potrebbero portare a sostituire o modificare una figura che ha creato dibattito anche all’interno della Chiesa stessa (basti ricordare la “Lettera ai cappellani militari” scritta da don Milani nel 1965). Presa di posizione che arriva, tra l’altro, a un mese dall’entrata in vigore delle modifiche – conseguente allo Scambio di Lettere tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede – relative al ruolo di cappellano militare: tra queste anche l’abbassamento dell’età richiesta per la nomina da 28 a 25 anni e l’eliminazione del limite anagrafico massimo (prima fissato a 40 anni). Novità che, in realtà, sembrano finalizzate a consentire un ampliamento dell’organico.

Il ruolo e come avviene la nomina

Presenti al fianco dei militari già prima dell’unità d’Italia, il ruolo dei cappellani militari è stato via via sempre più formalizzato e strutturato. Il 6 marzo del 1925 nasce l’Ordinariato militare per l’Italia, al quale è stato assegnato il compito dell’assistenza spirituale nelle forze armate. Oggi assimilato a una diocesi, l’Ordinariato è guidato da un arcivescovo ordinario militare (ruolo ricoperto dall’aprile scorso dall’arcivescovo Gian Franco Saba), designato dal Papa e nominato con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio e dei ministri della Difesa e dell’Interno. L’Ordinario militare è coadiuvato da un vicario generale militare e da tre ispettori. Anche i cappellani militari vengono nominati con decreto del Presidente della Repubblica ma su proposta del ministro della Difesa, previa designazione dell’Ordinario Militare. L’istituzione ecclesiastica di cappellano militare e il conferimento della missione canonica sono, invece, di competenza propria dell’Ordinario Militare.

Il giuramento e i gradi militari

Essendo anche lui arruolato il cappellano militare, nell’assumere servizio, presta giuramento con la formula e secondo le modalità previste per gli ufficiali delle Forze armate dello Stato. Di regola indossa solo l’abito ecclesiastico previsto, salvo situazioni speciali dove è necessario indossare la divisa militare. La gerarchia prevede anche per loro i gradi militari: l’ordinario militare è equivalente al grado di generale di corpo d’armata; il vicario generale militare al grado di generale di divisione; l’Ispettore al grado di generale di brigata. Poi ci sono il 3º cappellano capo, equivalente al grado di colonnello; il 2º cappellano capo equivalente al grado di tenente colonnello; il 1º cappellano capo equivalente al grado di maggiore; il cappellano capo, equivalente al grado di capitano; il cappellano addetto, equivalente al grado di tenente e, infine, il cappellano di complemento equivalente al grado di sottotenente. Dal 1998 è stato istituito anche il Seminario Maggiore dell’Ordinariato Militare per l’Italia, denominato “Scuola Allievi Cappellani Militari”: qui i giovani possono prepararsi per essere sacerdoti al servizio pieno dell’Ordinariato.

Gli stipendi

Non solo i gradi. Ai cappellani militari spetta anche un trattamento economico, che corrisponde integralmente a quello degli ufficiali della Forza armata presso la quale prestano servizio, secondo il grado di assimilazione. Lo stesso vale per gli altri: all’Ordinario militare, ad esempio, compete il trattamento economico previsto per il grado di generale di corpo d’armata. Stipendi che sono a carico delle casse dello Stato italiano. A novembre, tra l’altro, i Radicali Italiani hanno presentato un esposto alla Corte dei Conti per chiedere di verificare la legittimità e l’economicità della spesa pubblica destinata ai cappellani militari. “Ogni anno lo Stato spende oltre dieci milioni di euro per finanziare un servizio religioso interno alle Forze Armate, con preti in uniforme e elevati stipendi a carico dei contribuenti”, ha dichiarato il segretario dei Radicali Filippo Blengino. Sottolineando le recenti modifiche ai limiti di età “in modo da consentire un ampliamento dell’organico e una permanenza più lunga nel servizio religioso militare”, per Blengino c’è il rischio “di aumentare ulteriormente la spesa pubblica e di rafforzare un privilegio confessionale incompatibile con la laicità della Repubblica“. “La fede è una scelta personale; la laicità è un dovere dello Stato. Chiediamo che la Corte dei Conti del Lazio accerti se questo uso di fondi pubblici sia conforme alla Costituzione e all’interesse generale dei cittadini”, conclude la nota del segretario del Radicali. Intanto – su un altro fronte – è oggi la Cei ad aprire una riflessione sul ruolo dei cappellani militari.

(Nella foto l’Ordinario Militare in visita al Multinational Battle Group in Bulgaria dal sito ordinariatomilitare.it)

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