Il rapporto Censis dice ciò che ci aspettavamo: siamo poveri e senza ambizioni. Ma ci resta un po’ di sesso
L’uscita del Rapporto Censis, a dicembre di ogni anno, per me è un momento di interesse e di curiosità. La maggior parte delle cose dette nel rapporto sono arcinote, ma almeno c’è una lettura sociale ed etica che un tempo era frequente e che ora nessuno fa più. Soprattutto, anche se a tratti mi pare non proprio scientifico, il rapporto Censis utilizza un linguaggio fatto di metafore forti e con un certo grado di giudizio morale. Ma, ripeto, di questi tempi è almeno un diversivo rispetto al piattume generale.
E allora veniamo a quello di quest’anno, il 59esimo. In sintesi, dice, appunto, cose che ci aspettavamo. Gli italiani sono abbastanza poveri. Il ceto medio è schiacciato, il debito pubblico è immenso, l’inflazione è inquietante e a due cifre, come il Rapporto bene specifica analizzando ogni bene, dall’energia agli alimenti. Non solo. Gli italiani non hanno alcuna fiducia della politica (e si vede vista l’astensione) e non si interessano neanche dell’informazione politica. Sono consapevoli che l’Europa non conti più nulla, che la Cina sia il futuro e che forse la democrazia non stia tanto bene (il che non vuol dire che sposino l’autocrazia). Insomma, abbastanza saggi, nonostante tutto.
Di più: gli italiani odiano la guerra, specie se taglia quel poco di welfare che rimane. E infatti affermano che se dovesse essere necessario aumentare le spese per la difesa e tagliare i servizi, beh, allora non bisognerebbe aumentare le spese della difesa, punto. Neanche se, di fronte a una crisi industriale spaventosa, con un crollo delle piccole imprese che arriva al 40% negli ultimi anni, la produzione di armi e munizioni resta l’unico fattore di crescita. Anche qui, gli italiani mostrano lungimiranza.
Sono avversi, però, all’immigrazione. La temono. Non vogliono avere troppo immigrati, nonostante la crisi demografica sia ormai un fatto evidente (e devastante). Il nostro paese ha sempre meno culle (e più cucce per animali), siamo sempre più vecchi, anzi vecchissimi, e questo rappresenta un problema enorme di cui la politica non si occupa. Come non si occupa d’altronde delle sfide enormi che ci attendono, dice il rapporto, dall’Ai alla crisi climatica. Gli italiani, inoltre spendono meno in cultura; aumenta la voglia, invece, di eventi culturali dal vivo, dagli spettacoli ai concerti. Interessante.
Il dato però forse più curioso è dato dal piacere, in particolare sessuale. Gli italiani, ricorda il Rapporto, vivono di piccoli piaceri legati al consumo, lo sconto del Black Friday o l’upgrade gratis in business class che non possono permettersi, ma soprattutto si dedicano al più economico dei piaceri, quello per il quale non servono soldi, a parte l’acquisto di preservativi (poco amati) e di altri strumenti di piacere. Sì, il Rapporto Censis quest’anno ci regala un focus sesso, sostenendo che chi fa sesso dalla giovinezza alla maturità avanzata lo fa regolarmente, la maggioranza almeno una volta alla settimana, un cinque per cento tutti i giorni, mentre gli astenuti perenni sono poco di più. Certo, bisognerebbe sapere se i dati sono “tarati”, visto che come è noto le persone tendono a dire che fanno più sesso di quanto di fatto ne facciano, ma è un dato interessante. Insomma, siamo poveri, le cose costano una follia, almeno dedichiamoci a un po’ di piacere dei corpi.
Si potrebbe sorridere, ma si tratta di un sorriso amaro. In effetti, il sesso è sempre stato, nella storia, legato anche a dei valori. Faccio un esempio. Negli anni Settanta, fare sesso era bello perché esprimeva anche una protesta, era un gesto di liberazione privato ma anche pubblico. Per questo così meraviglioso. Il film di Bertolucci The Dreamers lo racconta bene: alla fine quei ragazzi, stufi di stare chiusi in casa, scendono in piazza e si uniscono alle manifestazioni (quelle che che, secondo il Rapporto di quest’anno, sono invece vistosamente calate, non si scende quasi più in piazza per protestare).
Un altro legame tra sesso e valori è quello tra sesso e figli. Quando si cerca una maternità, il sesso assume un valore quasi “ontologico”, perché capace di generare vita, insomma un grande senso in più. Oggi non è così. Il sesso di cui parla il Censis sembra un “sesso per il sesso”, fine a se stesso. Un sesso un po’ disperato, un sesso un po’ ginnastica come l’abbonamento in palestra, che facciamo perché non ci resta molto altro. Non ci sono orizzonti politici utopici e ideali. Non c’è l’utopia del creare una famiglia. Allora forse ha un po’ – a mio avviso – il sapore della sconfitta e della rinuncia. D’altronde, che altro fare? Non ci sono grandi riforme, non c’è nessuna utopia concreta, Si naviga a vista, questo il Censis non lo dice oggi ma da anni. Almeno su questa barchetta ci si stringe forte. A volte strettissimi. Ben attenti, però, a che non nascano figli, che i soldi per mantenerli proprio non ci sono più.