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Ddl Valditara, cosa cambia davvero per le scuole. E il bluff del consenso informato: era già così, ma ora i progetti extra saranno disincentivati

L'ANALISI - Ecco cosa contiene il provvedimento bandiera per il governo e contestato dalle opposizioni: dai divieti alle norme che erano già applicate dagli istituti
Ddl Valditara, cosa cambia davvero per le scuole. E il bluff del consenso informato: era già così, ma ora i progetti extra saranno disincentivati
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Dal 3 dicembre il disegno di legge “Valditara” sull’educazione alla sessualità e all’affettività ha il via libera della Camera con 151 voti favorevoli e 113 contrari. Dopo lunghi dibattiti in Commissione e nell’Aula di Montecitorio ora passerà al Senato. Ma cosa cambierà nei fatti, nella quotidianità della vita dei nostri ragazzi, dei loro genitori e docenti?

Valditara rassicura che per quanto riguarda l’attività curriculare alla primaria, alle medie e alle superiori nulla sarà diverso. Tradotto: ciò che è previsto nelle Indicazioni nazionali sarà rispettato. Tradotto ulteriormente per chi non è del mestiere: se il libro di geografia parla dell’apparato riproduttore, spiegando anatomicamente quello maschile e femminile, il periodo della pubertà, la gravidanza e l’ecografia, quello si farà senza bisogno di alcun consenso. Stop.

Vietato, invece, alla scuola che un tempo veniva definita materna (3-5) anni e alla primaria effettuare interventi di esperti esterni. Il comma quattro dell’articolo uno non lascia spazio a fraintendimenti: “Per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria sono escluse, in ogni caso, le attività didattiche e progettuali nonché ogni altra eventuale attività aventi ad oggetto temi attinenti all’ambito della sessualità”. La conseguenza è presto detta. Fino ad oggi, gli istituti comprensivi si avvalevano spesso del supporto di Consultori cattolici e non o di associazioni di esperti per approfondire il tema previo il consenso dei genitori che, spesso, venivano coinvolti anche in riunioni programmatiche. Ora il tutto sarà affidato solo all’insegnante di classe.

Passiamo alla secondaria di primo e secondo grado. Qui l’articolo uno è molto trasparente: “Le istituzioni scolastiche sono tenute a richiedere il consenso informato preventivo dei genitori o degli studenti, se maggiorenni, per la partecipazione a eventuali attività che riguardino temi attinenti all’ambito della sessualità, nonché ad acquisire tale consenso previa messa a disposizione, per opportuna visione, del materiale didattico che intendono utilizzare per le attività medesime, secondo le disposizioni del presente articolo”. Ma attenzione: stiamo parlando non della materia scienze ma della partecipazione alle attività extracurricolari eventualmente previste dal Piano triennale dell’offerta formativa che riguardino temi attinenti all’ambito della sessualità. Il professore in classe avrà ancora la sua autonomia ma non potrà più invitare liberamente un ginecologo o sessuologo a fare lezione.

E come funzionerà la richiesta del consenso? “Il consenso informato preventivo deve essere richiesto entro il settimo giorno antecedente alla data prevista per lo svolgimento delle attività e deve contenere le finalità, gli obiettivi educativi e formativi, i contenuti, gli argomenti, i temi e le modalità di svolgimento delle attività oltre che l’eventuale presenza di esperti esterni o di rappresentanti di enti o di associazioni a vario titolo coinvolti”. In pratica i ragazzi dovranno portare a casa – se veramente fosse così – un malloppo di carte da far leggere a mamma e papà. Da sottolineare che qui il legislatore non tiene in considerazione il fatto che potrebbero esserci la mamma favorevole e il papà contrario. E che si fa? Si ricorre al Giudice? Un tema fortemente criticato anche da “Save The Children”: “Riteniamo che l’introduzione di un consenso preventivo obbligatorio da parte dei genitori per attività di educazione alla sessualità rischi di produrre effetti controproducenti, rafforzando diseguaglianze educative e culturali e limitando la libertà di iniziativa delle ragazze e dei ragazzi, restringendo le loro possibilità di esplorare e proporre con responsabilità temi che li riguardano. Grazie alle richieste del mondo associativo e di parte del Parlamento – spiega Giorgia D’Errico, Direttrice Relazioni Istituzionali – si è evitato un ulteriore arretramento rispetto al testo originale che avrebbe vietato di svolgere attività di educazione alla sessualità anche alle secondarie di primo grado, ma nel suo complesso il disegno di legge non risponde alla necessità di un percorso educativo obbligatorio strutturato e interdisciplinare sui temi dell’affettività e della sessualità fin dall’infanzia per tutte le studentesse e gli studenti”.

Tra l’altro la questione del consenso – tanto sbandierata dalla destra – è già oggi realtà. Non esiste una legge che dica in modo generico “serve sempre il consenso per far entrare un esperto a scuola” ma il consenso è obbligatorio per effetto di altre leggi, soprattutto sulla privacy, la tutela dei minori, la responsabilità genitoriale e le attività non previste dal (Ptof) Piano triennale dell’offerta formativa. Per la Legge sull’ Autonomia scolastica – Dpr 275/1999, la scuola può organizzare attività con esperti solo se inserite nel Ptof, che è approvato dal Collegio docenti e dal Consiglio d’istituto (dove siedono anche i genitori). Se l’attività non è nel Ptof, allora serve il consenso delle famiglie. Altra questione rilevante è che la Legge distingue tra le attività extra curriculari (svolte fuori orario, facoltative) e quelle relative all’ampliamento dell’offerta formativa eventualmente previste dal Ptof che riguardino temi attinenti all’ambito della sessualità che richiedono il consenso informato preventivo, in forma scritta, dei genitori o degli studenti, se maggiorenni.

E in caso di mancata adesione? “L’istituzione scolastica garantisce, mediante i propri strumenti di flessibilità e di autonomia didattica e organizzativa, la fruizione di attività formative alternative, comunque comprese nel Piano triennale dell’offerta formativa”. In altre parole: chi sta con questi ragazzi? Allo stato attuale è difficile prevedere chi individuerà ogni preside.

La questione sollevata all’articolo due pare alquanto superflua visto che già era così: “Il coinvolgimento di soggetti esterni nello svolgimento di attività formative curricolari ed extracurricolari è subordinato alla deliberazione del collegio dei docenti e all’approvazione del consiglio di istituto. Ai fini della selezione dei soggetti esterni il collegio dei docenti definisce i criteri sulla base dei quali procedere alla comparazione e alla valutazione dei titoli e della comprovata esperienza professionale, scientifica o accademica”. L’ultimo periodo è l’unico ulteriore vincolo anche perché non si capisce quali possano essere i criteri e su che basi laureati in lettere o filosofia dovranno scegliere esperti in educazione alla sessualità e all’affettività.

Il risultato potrebbe essere una netta diminuzione di questi progetti al fine di non crearsi problemi. Decisamente critica, infatti, la segretaria generale della Flc Cgil Gianna Fracassi: “Il ministro Valditara promotore del disegno di legge, mentre sbandiera il principio della libertà di scelta educativa, continua in realtà a diffondere sfiducia e gettare discredito sulla scuola. Circoscrivere l’esclusivo perimetro familiare sui temi in ambito di sessualità è la prova di una visione reazionaria che conferma l’arretratezza della compagine di governo. Non si spiega diversamente questa ennesima ingerenza in materia di autonomia scolastica e libertà di insegnamento, che nega, di fatto, che la formazione è un diritto universale e uno straordinario strumento di prevenzione degli stereotipi, delle discriminazioni, di tutte le forme di violenza di genere”.

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