Giustizia

Referendum, gli avvocati ora chiedono ai giudici di “aiutarli” nella campagna per il Sì: Nordio non ha saputo fornire i dati

In una lettera inviata ai Tribunali di tutta Italia, il presidente delle Camere penali Francesco Petrelli chiede numeri sulle misure cautelari appellandosi alla "sensibilità istituzionale"

In nome della “sensibilità istituzionale“, capita pure che gli avvocati chiedano ai “nemici” magistrati di aiutarli nella campagna per il Sì al referendum sulla separazione delle carriere. È successo nei giorni scorsi con una lettera inviata da Francesco Petrelli, presidente dell’Unione delle Camere penali – il “sindacato” degli avvocati penalisti – ai presidenti dei Tribunali e ai coordinatori degli uffici Gip di tutta Italia: “Mi pregio di sottoporre alla Vostra cortese attenzione una questione di particolare rilievo per la trasparenza e la comprensione del funzionamento del nostro sistema giudiziario”. Un tono ossequioso per ottenere un dato importantissimo per la strategia comunicativa del Sì: la percentuale con cui i giudici accolgono le richieste di misure cautelari – arresti, interdittive, ma anche sequestri – avanzate dai pubblici ministeri. Se questa percentuale fosse particolarmente alta, sopra l’80 o il 90%, i sostenitori della riforma potrebbero usarla come argomento principe per avvalorare la tesi della presunta sudditanza dei giudici nei confronti dei pm. A questo scopo il deputato di Forza Italia Enrico Costa aveva chiesto il dato con un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia Carlo Nordio, che però non aveva saputo ricostruirlo: “Allo stato, per quanto concerne le misure cautelari, e fino alla piena operatività del Datalake, non è possibile ottenere evidenza delle percentuali di accoglimento e rigetto delle richieste del pubblico ministero”, era stata la risposta.

Ma sapere in quanti casi i gip dicano di sì ai pm, evidentemente, è un’autentica ossessione per i penalisti. Così Petrelli non ha potuto fare altro che rivolgersi direttamente ai magistrati, cioè alle controparti della campagna referendaria: “Con la presente sono a richiederVi di voler cortesemente fornire ovvero, qualora non ne aveste la diretta disponibilità, di voler indicare le modalità per ottenerli – i dati statistici aggregati relativi agli anni 2022, 2023 e 2024, concernenti la percentuale di accoglimento” delle richieste di misure cautelari “da parte dell’Ufficio gip da Voi coordinato. Certo di un Vostro cortese riscontro e confidando nella Vostra sensibilità istituzionale, porgo i miei più distinti saluti”, recita il testo, datato 24 novembre, inviato ai 165 presidenti. Non è dato sapere quanti di loro abbiano risposto alla richiesta – a quanto risulta al Fatto, alcuni non l’hanno ancora ricevuta – né se siano astrattamente in grado di farlo. Di certo il fronte del Sì mostra di essere alla spasmodica ricerca di numeri utili alla propria campagna: nei giorni scorsi i sostenitori della riforma hanno citato più volte il dato – fornito in risposta all’interrogazione di Costa – secondo cui i gip accolgono le richieste di intercettazioni dei pm nel 94% dei casi e quelle di proroga degli ascolti addirittura nel 99% dei casi. Ma molti magistrati hanno contestato la genuinità di quelle percentuali, sostenendo che sia impossibile ricostruirle sulla base delle statistiche trasmesse dagli uffici al ministero: sul tema i deputati Debora Serracchiani (Pd) e Angelo Bonelli (Alleanza Verdi e Sinistra) hanno depositato interrogazioni parlamentari.