Diritti

Caregiver familiari, associazioni inascoltate e risorse insufficienti: perché il ddl Locatelli fa infuriare tutti

I 400 euro mensili destinati ai caregiver conviventi prevalenti vengono definiti "spiccioli", una “mancia” incapace di riconoscere ruolo, fatica e diritti reali

Il “disegno di legge sui caregiver familiari conviventi prevalenti” non è apprezzato da nessuno dei diretti interessati, neanche dagli esponenti delle associazioni che hanno partecipato al Tavolo tecnico caregiver familiari istituito ad ottobre 2023 dalla ministra per le Disabilità e dalla ministra del Lavoro per la stesura di una proposta di legge. Il ddl arriverà […]

Hai già letto 5 articoli
questo mese.

PER CONTINUARE A LEGGERE

1 € PER IL PRIMO MESE

Il “disegno di legge sui caregiver familiari conviventi prevalenti” non è apprezzato da nessuno dei diretti interessati, neanche dagli esponenti delle associazioni che hanno partecipato al Tavolo tecnico caregiver familiari istituito ad ottobre 2023 dalla ministra per le Disabilità e dalla ministra del Lavoro per la stesura di una proposta di legge. Il ddl arriverà in Consiglio dei Ministri dopo l’approvazione della Legge di Bilancio che stanzia la misera cifra di 1,15 milioni di euro per il 2026 e 250 milioni strutturali a partire dal 2027, risorse ritenute “ampiamenti insufficienti” dalle organizzazioni. “Il ddl caregiver familiari sarà discusso in parlamento agli inizi del 2026. Siamo davvero a una svolta: dopo 15 anni di tentativi stiamo per portare in parlamento una proposta complessiva e sostenibile di riconoscimento dei caregiver”, ha dichiarato il 16 novembre in un’intervista su Avvenire la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli. “Si dà riconoscimento al caregiver familiare in generale, ma con tutele differenziate, a partire dal “Caregiver familiare convivente prevalente” al quale si riconosce un sostegno economico più importante. Poi a scalare le altre tipologie di chi si prende cura di un familiare con disabilità”. Un ddl che, ancora prima di entrare in CdM, ha già provocato durissime reazioni da parte di tutti i diretti interessati caregiver familiari, associazioni delle persone con disabilità, Cgil. La proposta della ministra Locatelli, a seguito di un lavoro portato avanti dal Tavolo tecnico durato circa 2 anni, prevede alcune novità ma, a detta degli stessi partecipanti, “non accoglie le nostre richieste nè affronta fondamentali capitoli per vedere finalmente riconosciuti anche in Italia i diritti dei caregiver familiari conviventi h24” come i riconoscimenti giuridici, sociali, i contributi a fini pensionistici, oltre che appropriate risorse economiche e supporti psicologici.

Il ddl caregiver familiari, cavallo di battaglia della ministra Locatelli che lo ha definito più volte “rivoluzione culturale”, presenta dei parametri assai stringenti che riducono la platea degli aventi diritto. Si erogano al massimo 1.200 euro trimestrali (400 euro al mese, poco più di 10 euro al giorno) per il caregiver convivente prevalente che assiste una persona con disabilità grave per almeno 91 ore settimanali, ma con dei paletti che sono il limite del reddito annuo da lavoro di 3mila euro e un ISEE familiare fino a 15mila euro. Il contributo massimo di 1.200 euro ogni tre mesi sarà “compatibile con l’Assegno per i figli e con l’Assegno di inclusione, e anche con le misure di riconoscimento del caregiver familiare previste dalle Regioni”, precisa Locatelli, “abbiamo anche messo a disposizione 1,15 milioni di euro per il 2026 al fine di istituire una piattaforma gestita dall’Inps per la raccolta dei dati e l’individuazione della platea stessa”. E’ questo uno dei punti più controversi secondo le associazioni, che evidenziano: “vogliono fare una legge sui caregiver familiari conviventi ma non hanno nemmeno delineato la quantità degli aventi diritto e al momento le risorse disponibili sono briciole”. La ministra leghista aggiunge che “il punto di caduta è il riconoscimento a tutele differenziate mentre il punto di partenza è quello di prendere in considerazione il familiare con un elevato compito di cura”.

Ma è davvero considerato in maniera idonea questa figura? Che cosa ne pensano del ddl i caregiver familiari h24 che da decenni aspettano di veder riconosciuti diritti e dignità? Il Fatto.it ha chiesto analisi e valutazioni a diversi esperti e persone direttamente interessate. Sofia Donato è la portavoce della Rete Caregiver Familiari COMMA 255 che da anni si batte in tutte le sedi istituzionali per il riconoscimento della figura e del ruolo sociale del caregiver familiare come individuo autonomo dalla persona con disabilità di cui si prende cura e come cittadino con diritti soggettivi propri. Donato ha partecipato anche al Tavolo tecnico istituito sulla materia ma si dice “ampiamente insoddisfatta, nonostante il grande lavoro svolto”. Riconosce che ci sono aspetti positivi, “troppo pochi”, ma che “sono surclassati da quello che manca” e che, come mamma caregiver h24, rivendica. “Il disegno di legge proposto puntella meritoriamente alcuni criteri per noi imprescindibili quali la convivenza e, almeno, la prevalenza, e per la prima volta pone un limite minimo di 91 ore settimanali di cura in un sistema di riconoscimento a tutele crescenti del caregiver familiare”.

“Ma rimangono tante le criticità che denunciamo”, chiarisce Donato. “Indipendentemente dal limite proposto contestiamo l’uso dell’ISEE familiare, che è un sistema di misurazione del reddito e patrimonio di famiglia e non consente quindi di valutare la capacità economica personale del caregiver familiare a rispondere alla propria sussistenza autonoma. Non riteniamo corretto neanche rivolgersi in primis ai soli inoccupati quando ben conosciamo con quanta fatica alcuni caregiver familiari mantengano la propria attività lavorativa anche ricorrendo al part-time”. La portavoce di Comma 255 evidenzia che “le tutele crescenti dovrebbero prevedere un fisso rivolto a tutti i caregiver familiari per il riconoscimento del proprio ruolo sociale e poi un sistema di valutazione personalizzata del supporto economico a garanzia della propria sussistenza”. Il fine della legge deve essere emancipare il più possibile il caregiver familiare dalla sua condizione. Contattato dal Fatto.it il presidente della Fish, Vincenzo Falabella, è lapidario e sottolinea “la scarsità dei fondi dedicati” per una platea fondamentale che è quella dei “caregiver familiari conviventi che svolgono un ruolo preziosissimo per l’intera società, finora non riconosciuto adeguatamente dallo Stato”.

Su posizioni di forte perplessità si pone anche Alessandro Chiarini, presidente del Coordinamento nazionale famiglie con disabilità. “Il Governo dimostri attenzione, concretamente, per questa categoria, scongiurando il rischio che ancora una volta si approvino leggi scarsamente finanziate, che creano aspettative prima, e delusione e sfiducia poi”. Durissima è Alessandra Corradi, presidentessa di Genitori Tosti APS e coautrice di “L’esercito silenzioso. I caregiver familiari italiani”. “Anche stavolta è stata persa una magnifica occasione. Chi ha scritto questo Ddl”, aggiunge Corradi, “non ha minimamente considerato contributi e suggerimenti di familiari e associazioni presenti al Tavolo tecnico su previdenze sociali e contributi pensionistici – allora perché indire un Tavolo con il ministero del Lavoro?”. Corradi annuncia che “insieme ai colleghi di tutta Italia, ci batteremo in ogni modo per bloccare questo ddl. Si tratta di una battaglia per la dignità delle persone, del loro diritto ad una vita decorosa e di qualità migliore, rispetto al calvario che si affronta quotidianamente”.

Valerio Serino, responsabile dell’Ufficio politiche per il lavoro e inclusione delle persone con disabilità della Cgil, ripete da mesi che quello che andava delineandosi “sarebbe stato inefficace e poco rispettoso per i caregiver”. “La valorizzazione del ruolo dei e delle caregiver non può concretizzarsi con mancette o bonus, inoltre serve una infrastrutturazione di servizi per la presa in carico del bisogno delle persone con disabilità o non autosufficienti”. Il responsabile Cgil sottolinea un punto specifico di quello che è del tutto assente nel Ddl. “Ai fini pensionistici, la tutela previdenziale dovrebbe consistere sia nel riconoscere la contribuzione figurativa del caregiver familiare non lavoratore, per il tempo necessario alla cura e assistenza, sia quella di garantire maggiore flessibilità in uscita dal lavoro per i caregiver lavoratori. Questi temi sono stati volutamente omessi nel testo, forse anche per la mancanza di appoggio da parte del Ministero del Lavoro. La specificità che attiene alla individuazione di forme di sostegno per il caregiver lavoratore deve essere incardinata nelle forme di conciliazione definite dal sistema contrattuale, promuovendo intese con le organizzazioni sindacali”, dichiara Serino.

Critica anche Benedetta Demartis, vice presidentessa dell’Associazione nazionale genitori di persone con autismo che ha partecipato ai lavori del Tavolo. “Sono spiccioli per i caregiver h24 che dedicano praticamente quasi tutta la vita ai propri congiunti in condizioni di estrema fragilità. Nelle varie sedute avevamo inoltre chiesto di riconoscere almeno sostegni economici adeguati anche ai caregiver che lavorano part-time, dei contributi figurativi che migliorassero il contributo della pensione al termine dell’età lavorativa, e un congedo anticipato dal lavoro per l’usura che un accudimento di tanti anni procura certamente. Ma nel ddl non ce n’è traccia”, denuncia Demartis. “C’è però la possibilità che il caregiver instauri un contratto lavorativo col congiunto disabile per la mansione di assistente, ma in questo caso non avrà diritto al riconoscimento economico dedicato ai caregiver. Ci sembra una forma di discriminazione”. Dall’insoddisfazione alla delusione e infine alla rabbia, il passo è breve.