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Ucraina, nel sangue e nel fango affonda anche l’Unione Europea

L’epilogo è ormai a portata di mano e sarà quello delineato dall’accordo raggiunto tra Trump e Putin. Al fondo di tanta follia si intravede un progetto politico preciso
Ucraina, nel sangue e nel fango affonda anche l’Unione Europea
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Come tutti i regimi fantoccio messi su e sostenuti dall’Occidente, anche quello ucraino si sta irrimediabilmente sgretolando sotto i colpi della Russia e della corruzione. Zelensky affoga miseramente in un mare di sangue, quello delle centinaia di migliaia di vittime, giovani ucraini mandati al macello – molto spesso a forza – e di fango, per non dire di merda, dati anche gli iconici cessi d’oro coi quali gli oligarchi ucraini adornano le proprie dimore.

L’epilogo è ormai a portata di mano e sarà quello delineato dall’accordo raggiunto tra Trump e Putin. Donbass e Crimea, fallito per colpa dei neonazisti ucraini e della Nato l’esperimento federalista imperniato per due volte sugli Accordi di Minsk, andranno a far parte della Federazione Russa, forse con caratteristiche peculiari più o meno internazionalmente garantite e le Forze armate ucraine saranno sensibilmente depotenziate: un passo concreto in direzione dell’inevitabile neutralizzazione del Paese, che deve diventare non già la punta di lancia dell’imperialismo occidentale ma piuttosto il ponte fra Est e Ovest, in una prospettiva di pace e sicurezza collettiva, l’unica che può scongiurare l’escalation e la guerra nucleare.

Rispetto ad analoghe recenti sconfitte dell’Occidente, come quella in Afghanistan, c’è però un ulteriore elemento che per noi è estremamente inquietante e cioè l’impegno diretto, nefasto e guerrafondaio, dell’Unione Europea e dei suoi Stati principali, Italia compresa.

Perché ciò avvenga è tema di analisi e di dibattito per le scienze, dalla geopolitica all’economia alla psicoanalisi. A mio modesto avviso questo conflitto e lo stesso mutamento dell’approccio statunitense conseguente all’avvento di Trump, che è quello che è ma certamente più lucido e realista di Rimbambiden e simili, hanno offerto alla pessima e corrotta classe dirigente europea un’occasione d’oro per rilanciare un proprio ruolo all’insegna del più becero militarismo e di un’avversione per la Russia che assume oramai da tempo chiara tinta di autolesionismo, fino all’estremo filibustering della confisca dei fondi russi che potrebbe delinearsi. Paradosso nel paradosso, questa scellerata e autodistruttiva scelta politica, che già ora costa molti miliardi di euro ai contribuenti italiani ed europei, avviene di fatto privilegiando e totalmente subordinandosi agli Stati Uniti, dal tema strategico delle forniture energetiche a quello dell’acquisto degli armamenti.

Al fondo di tanta follia si intravede in realtà un progetto politico preciso: fondare sul sentimento antirusso, sul riarmo e sulla guerra la rilegittimazione di una classe dirigente europea ovunque in fortissima crisi di credibilità minacciata da spregiudicate destre populiste, che giocano la carta del razzismo identitario ma, Meloni docet, appena giunte al potere sono pronte a riconvertirsi in fedeli esecutori dei programmi della finanza dominante. Ma alle prese anche, la classe dirigente europea, con movimenti di contestazione da sinistra che assumono maggior peso nell’area mediterranea: dalla Francia, dove alla forte spinta sociale si coniuga una presenza politica organizzata grazie soprattutto alla France insoumise di Melenchon, all’Italia dove invece la forte spinta sociale resta purtroppo tuttora priva di una sponda politica adeguata.

Come che sia l’attuale classe dirigente europea è scelleratamente convinta che riarmo e guerra le offrano un’opportunità per ristrutturare e disciplinare la società. Mentre l’Ucraina di Zelensky affonda nel sangue e nel fango, costoro vorrebbero trasformare tutta l’Unione Europea in una sorta di Ucraina, spremendo i contribuenti come limoni, rafforzando il complesso militare-industriale con al centro Rheinmetall, Leonardo e altri e preparandosi a mandare al macello i nostri figli e nipoti.

In tale quadro assume rilievo preminente la riconversione totale al verbo militarista e guerrafondaio degli apparati ideologici. Dal controllo totalitario sull’informazione (si vedano la vicenda di Report ed altre) a quello della scuola con le imprese oscurantiste dell’intollerabile Valditara, alle boutade del buon Crosetto sui cinquemila hacker da formare in tempi brevi per contrastare una “guerra ibrida” presuntamente russa che può significare tutto e niente. Non si tratta solo di alimentare nuove mangiatoie per puntellare un potere clientelare in crisi, ma di ricostruire un senso di appartenenza sull’odio per il “nemico” sia esso russo o islamico (e in questo quadro si rilegittima anche la cooperazione militare e di sicurezza col governo genocida israeliano, rilegittimata a sua volta dalla falsa tregua di Sharm El Sheik e dai miliardi di dollari coi quali l’hasbara (macchina di propaganda) sionista compra interi giornali, giornalisti anche della Rai e influencer, sia pure di bassissima qualità).

Non dobbiamo permetterlo. È imperativo ed urgente opporsi a questo progetto omicida e suicida, delle classi dominanti europee, cogli scioperi, soprattutto il 28 novembre ma anche il 12 dicembre e le manifestazioni come quella del 29 novembre a fianco della resistenza palestinese. Ricercando rapporti colla Russia e il suo grande popolo, anche a prescindere dal governo attuale. E mettendo in cantiere il Partito che ancora non c’è ma prima o poi dovrà esserci: quello della rivoluzione socialista europea per salvaguardare la pace e il benessere delle generazioni attuali e ancor più di quelle future.

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