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L’intervista di Vespa a Sempio lascia aperta la strada a dubbi ancora senza risposta

Andrea Sempio parla a Vespa delle chiamate fatte alla vittima prima dell'omicidio. I dubbi rimangono aperti
L’intervista di Vespa a Sempio lascia aperta la strada a dubbi ancora senza risposta
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Mancano ormai poche settimane all’incidente probatorio che il prossimo 18 dicembre chiarirà i punti chiave dell’indagine della Procura di Pavia a carico di Andrea Sempio, attualmente indagato per l’omicidio di Chiara Poggi. Ma accanto agli accertamenti scientifici che, oltre alla famigerata impronta 33 sul muro che conduce alla taverna della villetta di via Pascoli, riguardano le tracce di dna trovate sul margine ungueale della vittima e le risultanze della bpa dei Ris di Cagliari, è utile ricordare che le investigazioni tradizionali vanno di pari passo a quelle genetiche e dattiloscopiche nell’ambito di un quadro accusatorio che, a conclusione delle indagini, condurranno o meno ad un rinvio a giudizio dell’indagato.

A questo proposito risulta particolarmente interessante l’intervista che ieri sera Andrea Sempio ha concesso a Bruno Vespa e i punti cruciali del giallo che dallo scorso mese di marzo sta tenendo l’opinione pubblica con il fiato sospeso. Il giovane al centro della nuova indagine sull’assassinio della povera Chiara si è dimostrato abbastanza tranquillo, probabilmente forte del fatto che la sostituzione dell’avvocato Massimo Lovati, suo ex difensore, con il nuovo collegio formato dai suoi attuali legali e dai consulenti, stia attuando una strategia più lineare e ortodossa rispetto alle esternazioni a cui ci aveva abituati Lovati con le sue dichiarazioni, cariche di suggestioni e allegorie, e le parole rilasciate a Fabrizio Corona che tanto scalpore avevano destato.

Durante l’intervista Sempio ha lamentato una situazione difficile e problematica dovuta al fatto che la sua abitazione sia sempre circondata da orde di giornalisti pronti ad assalirlo ogniqualvolta lui esca o torni a casa e ha altresì confessato di vivere una vera e propria paranoia causata dall’eccessiva cautela che è costretto ad adottare quando cammina nel centro di Pavia e si sente tutti gli sguardi addosso o quando parla con i propri genitori e, temendo di essere intercettato, ritiene che ogni frase o parola possa eventualmente essere fraintesa dagli inquirenti. Se dal punto di vista umano uno sfogo di questo tipo è assolutamente comprensibile, occorre sottolineare che qualsiasi cittadino sia finito al centro di un’indagine per omicidio, innocente o colpevole che sia, si è trovato a dover fare i conti con le conseguenze che tali indagini comportano anche dal punto di vista dell’impatto che il diritto e dovere di cronaca ha sull’opinione pubblica.

A questo proposito non si possono dimenticare i nomignoli che, all’indomani della scoperta del corpo di Chiara, venivano affibbiati ad Alberto Stasi definito anche da certa stampa “il biondino dagli occhi di ghiaccio” a voler indicare la sua freddezza e la sua probabile colpevolezza quando ancora non era stata emessa alcuna sentenza. Ma al di là del destino che ogni indagato è costretto a vivere anche prima di un effettivo rinvio a giudizio, alcune domande poste da Bruno Vespa ad Andrea Sempio lasciano aperta la strada a dubbi che rimangono ancora senza risposta, come lo scontrino del parcheggio di Vigevano conservato per un anno come se fosse una reliquia e in particolare le tre telefonate che l’indagato ha fatto verso l’utenza fissa di casa Poggi tra il 7 e l’8 agosto del 2007, ovvero qualche giorno prima dell’omicidio.

Sempio ha dichiarato di aver fatto la prima telefonata a casa Poggi per errore perché sul proprio cellulare aveva memorizzato sia il numero dell’utenza mobile di Marco Poggi, suo amico e fratello della vittima, sia l’utenza fissa. Aggiunge poi di aver fatto la seconda telefonata per chiedere se Marco fosse in casa e di aver ricevuto risposta negativa da Chiara, che gli disse che Marco era in Trentino. Ma allora perché fare una terza telefonata a casa Poggi? Davvero per chiedere alla ragazza quando suo fratello sarebbe rientrato dalle vacanze? Davvero Sempio ignorava che il suo migliore amico con il quale si era visto solo la sera prima fosse partito per il Trentino insieme ai genitori?

Sempio sostiene di aver chiamato casa Poggi la seconda volta perché, nonostante avesse cercato più volte di contattarlo, il cellulare di Marco Poggi non prendeva la linea. Ma perché queste chiamate non risultano dai tabulati nonostante all’epoca esistesse il servizio del gestore telefonico che avvertiva il ricevente di essere stato cercato quando il dispositivo era spento o non c’era campo? Tutti interrogativi ai quali tutt’oggi non c’è una risposta convincente, tutti elementi di cui senz’altro la Procura di Pavia deve aver tenuto conto quando ben sei magistrati hanno deciso di intraprendere la nuova indagine su chi siano stati gli autori o l’autore di quel terribile delitto che 18 anni fa è costato la vita ad una ragazza di 26 anni.

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