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“L’unica fedeltà è a sé stessi”: ecco chi sono gli “otroversi”, la nuova personalità individuata dallo psichiatra Rami Kaminski

Né introversi né estroversi: scopri gli otroversi, persone che non sentono il bisogno di appartenere a un gruppo sociale
“L’unica fedeltà è a sé stessi”: ecco chi sono gli “otroversi”, la nuova personalità individuata dallo psichiatra Rami Kaminski
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Conosciamo bene due tipi di personalità: c’è l’introverso che ricarica le batterie in solitudine e c’è l’estroverso che invece trae energia dalla folla. Ma ne esiste un’altra, che è un nuovo modo di essere che non si limita a bilanciare i due estremi, ma li trascende. Si tratta dell’”otroverso”, nome coniato dallo psichiatra americano Rami Kaminski nel suo libro “Né introversi né estroversi” (Corbaccio editore), che descrive un modello comportamentale distinto.

Gli otroversi sono persone che non sentono il bisogno di fondere la propria identità con quella di un gruppo. Non provano quel senso di “legame sacro” che spinge la maggior parte delle persone a unirsi a squadre, club, partiti politici o qualsiasi altra forma di collettività. Per loro, riti d’iniziazione, giuramenti e simboli di appartenenza sono semplicemente “parole”, prive di una vera risonanza emotiva. Questo distacco non è dovuto a problemi di connessione emotiva, ma è un tratto distintivo della loro natura. “Nasciamo tutti otroversi, prima che il condizionamento culturale dell’infanzia consolidi le nostre affiliazioni con varie identità e gruppi”, spiega Kaminski sul New Scientist.

Vivere in una società che premia l’appartenenza può sembrare difficile per un otroverso, ma Kaminski sostiene che questo tratto offre due potenti vantaggi: originalità e indipendenza emotiva. Non essendo soggetti alle regole implicite del gruppo o influenzati dal pensiero di massa, gli otroversi sono liberi di pensare e creare in modo unico. La loro capacità di distinguere la propria “gravità interiore” dalla spinta del consenso di gruppo permette loro di generare idee innovative, non contaminate dal “pensiero del gregge”. Possono adattarsi facilmente a situazioni che cambiano, senza il timore di sovvertire le nozioni collettive di ciò che è “giusto” o “buono”. L’indipendenza emotiva è un’altra conseguenza diretta di questo tratto. Non avendo un gruppo da cui temere il rifiuto, gli otroversi non cercano l’approvazione esterna. La loro autostima non dipende dalla convalida altrui. Questo li libera dal bisogno di convincere gli altri del proprio valore e li rende capaci di costruire legami profondi e genuini, non basati su interessi o affiliazioni di gruppo, ma su una vera affinità con l’individuo.

La storia è piena di pensatori indipendenti che non dipendono emotivamente da nessun gruppo e che quindi riescono a vedere il fanatismo di una mente collettiva molto prima della maggior parte delle persone. Pensiamo, ad esempio a George Orwell. Forse possiamo imparare dagli otroversi che, sebbene ci siano molte ragioni per elogiare la comunità, dovremmo anche essere profondamente consapevoli del suo lato oscuro: il tribalismo.

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