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Ultimo aggiornamento: 9:39 del 17 Novembre

Migranti, Edi Rama risponde infastidito all’inviato del Tg3: “Lei fa sempre la stessa domanda”. Cdr: “Inaccettabile attacco al collega”

La redazione e l'Usigrai solidali con il collega: "Orgogliosi di fare domande"
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“Lei mi domanda se mi sono pentito, ma se non si è pentito lei che fa da due anni la stessa domanda, come mi posso pentire io che intanto ho fatto cento altre cose con il suo presidente del Consiglio”. Ha risposto così il primo ministro albanese Edi Rama al giornalista del Tg3 Rai Jacopo Matano che gli domandava se si fosse pentito del Protocollo sulla gestione dei i migranti siglato due anni fa con l’Italia. “Lo sa, non so dire cosa capiranno quelli che seguiranno la sua cronaca – ha continuato Rama, rivolgendosi a Matano – Perché qui si è parlato di tantissimi progetti comuni, che non vanno semplicemente bene all’Albania, ma che vanno bene agli italiani. Va benissimo sapere che il progetto per l’interconnessione marina va avanti e che questo vorrà dire che in un tempo ragionevole gli italiani potranno vedere i risultati nella loro bolletta. Va benissimo agli italiani il fatto che noi lavoriamo per far sì che le imprese italiane investano di più e che abbiano di più per redistribuire ai loro impiegati. Va benissimo all’Italia di collaborare con noi in materia di difesa, perché intanto non potete evitare di dire come dobbiamo comprare gli armamenti dagli americani, ma bisogna anche dire come l’Italia agisce in questo campo con i suoi prodotti di eccellenza, aiutando l’Albania e altri e facendo economia per se stessa. Sono tante le cose fatte intanto che lei fa la stessa domanda, mi capisce?”. Parole che hanno scatenato le critiche e le proteste del Comitato di redazione, intervenuto in difesa del collega. “Le giornaliste e i giornalisti del Tg3 sono totalmente solidali con il collega Matano che in presenza della premier Meloni ha chiesto al primo ministro albanese Rama se si sia pentito del protocollo con l’Italia sui migranti e se lo riproporrebbe con altri Paesi. La domanda è più che mai attuale e interessante. In un Paese democratico – si legge in una nota – si risponde o magari non si risponde, ma non è accettabile che si attacchi frontalmente l’intervistatore facendo del sarcasmo prolungato e fuori luogo e pretendendo, come è successo oggi a Villa Pamphili, di dettare al giornalista cosa dovrebbe scrivere. Crediamo che le domande siano il prerequisito indispensabile di uno Stato libero e democratico. Per questo noi certamente non ci vergogniamo, anzi, siamo orgogliosi di continuare a farne”.

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