‘La terza dimensione’ di Enrico Pandiani: il respiro internazionale del noir italiano
Enrico Pandiani non è un semplice giallista. È un noirista di razza, uno di quelli che, diciamocelo subito senza troppi giri di parole, oggi è probabilmente il miglior autore italiano del genere in circolazione, per una ventata di originalità e un respiro che travalica i confini nazionali. Con il suo ultimo sforzo, La terza dimensione (Rizzoli), non si limita a confezionare un poliziesco teso. Firma un testo che ti afferra, ti scuote, e ti sbatte in faccia un futuro che non è dietro l’angolo, ma è già qui, operativo, e lo fa con quel mix di sensibilità ironica e distacco cinico che è il marchio di fabbrica della sua formidabile squadra investigativa: Les Italiens.
L’intuizione geniale di Pandiani sta tutta qui, nel suo cavallo di Troia piantato nel cuore della narrativa crime: una serie interamente costruita sul contrasto vitale tra il rigore (spesso al limite dell’asfissia) della polizia francese e l’istinto caotico, la malinconia viscerale e il genio bruciante e mediterraneo del commissario Jean-Pierre Mordenti e dei suoi uomini. Les Italiens sono un antidoto, un elemento di calore umano e disordine creativo che l’autore gestisce con una coerenza narrativa e una freschezza inventiva che li rendono unici nel panorama del noir contemporaneo.
In questo settimo volume, la trama è di una contemporaneità magistrale. È notte a Parigi quando tre vite sconnesse – una studentessa, una coppia di anziani – vengono spezzate sull’asfalto, senza un movente apparente. L’unico, agghiacciante indizio? Un pezzo di plastica. Il frammento di una pistola fabbricata con una stampante 3D. A questo punto, Pandiani alza il tiro, spostando l’asticella tra la banale cronaca nera e il noir visionario che anticipa i tempi.
La terza dimensione non è soltanto il fulcro dell’indagine; è la dimensione che il male, la violenza criminale, ha imparato a conquistare. Quella zona grigia e letale dove l’invenzione tecnologica si trasforma in minaccia anonima, dove un’arma non è più forgiata in metallo e non lascia la traccia d’acciaio della fabbrica, ma può essere replicata in un atelier clandestino, in un magazzino informatico, dietro l’angolo di casa. Una follia silenziata e infinitamente riproducibile, accessibile a chiunque.
Mordenti e la sua squadra si ritrovano a muoversi in questa rete invisibile. Il commissario, come al solito, è un fascio di nervi scoperti e fiuto animale, perennemente insofferente alla burocrazia asfissiante dei colleghi parigini. Ma il caso lo travolge: non è più la tradizionale caccia all’uomo del polar classico, ma una caccia all’algoritmo del male. Devono scardinare una rete criminale radicata che ha compreso come il futuro della violenza stia nella sua anonimità totale e nella replicabilità seriale.
Pandiani ha l’intelligenza di non farsi inghiottire dalla tecnofilia sterile. Le stampanti 3D sono l’innesco, ma il vero motore emotivo e narrativo del romanzo sono le conseguenze umane di questa nuova, fredda forma di criminalità. E come nei suoi libri migliori, la tensione schiacciante del caso si intreccia, in modo inaspettato e doloroso, con le vite private e il caotico vissuto di Les Italiens.
La terza dimensione è un noir teso, chirurgico e velocissimo, con dialoghi affilati che sanno passare dalla tragicità nuda e cruda all’assurdo in un lampo, simulando alla perfezione i nostri stati d’animo nevrotici. È un libro che lascia addosso un senso di vertigine gelida, la consapevolezza brutale che il futuro del crimine non è una speculazione fantascientifica: è già qui, ed è fatto di plastica e silicio.
Leggetelo, perché Pandiani non è solo un bravo scrittore di genere; è un autore necessario per capire dove sta realmente andando il noir italiano. Ed è, senza paura di esagerare, da circuito internazionale come pochi altri.