Duello tra papa Leone XIV e i poteri delle imprese hi-tech: per i padroni economici, regolamentare è un segno di Anticristo
Sei mesi dopo l’avvento del nuovo pontefice Leone XIV appare più chiara la scelta del conclave. Gli anziani cardinali riuniti nella cappella Sistina appaiono in genere all’opinione pubblica come “saggi”, ma anche “vecchi” inesorabilmente superati dai tempi e dallo sviluppo della modernità. Eppure, di ciclo in ciclo, questi presunti vecchioni si rivelano capaci di scelte strategiche lucide.
Anno 1978: con gli accordi di Helsinki del 1975 la Guerra Fredda è definitivamente sepolta, diventano più aperti i rapporti tra Occidente e impero sovietico, il mondo entra in una fase nuova. Ed ecco che i cardinali elettori, dopo la meteora Giovanni Paolo I, scelgono come papa un leader religioso dall’interno del campo sovietico. La scelta è lungimirante. Nessun altro papa – al di fuori di Karol Wojtyla – poteva collocarsi così prepotentemente sulla scena internazionale giocando un ruolo cruciale nello sfascio dell’impero sovietico.
Anno 2025: sono saltati tutti parametri abituali dello schema planetario. Lo stile padronale della presidenza Trump, la guerra in Ucraina, il terremoto provocato in Medio Oriente dallo sterminio perpetrato dall’esercito israeliano a Gaza e dal delirio di onnipotenza del governo di Tel Aviv contraddistinguono quello che papa Bergoglio ha battezzato come “cambio d’epoca”. Negli Stati Uniti il sistema liberaldemocratico di pesi e contrappesi è messo in questione dall’autoritarismo trumpiano, sull’asse atlantico l’idea di “Occidente” diventa evanescente, sulla scena mondiale svanisce il multilateralismo e si disegna la prospettiva di un club di potenze capibastone.
Può stupire, eppure ancora una volta i vecchi cardinali del conclave del maggio 2025 non hanno sbagliato colpo. Eleggere un papa africano avrebbe avuto un significato meramente simbolico, eleggere un papa italiano sarebbe equivalso ad aggrapparsi ad antiche abitudini, scegliere un europeo sarebbe parso un atto di sicumera: quasi che soltanto il Vecchio Continente potesse offrire una guida capace di ricucire le lacerazioni interne alla Chiesa.
Davanti alla strapotenza dell’imperatore Donald i cardinali hanno posto al vertice del cattolicesimo un uomo nato a Chicago, a cui non si può dire che è “anti-americano” o non capisce l’America o non è al passo della modernità. Il prescelto è una personalità perfettamente consapevole della complessità del sistema economico-finanziario-tecnologico del XXI secolo, ma al tempo stesso ha sperimentato nel Sud del pianeta, in Perù, il sudore, la polvere, lo sfruttamento, la miseria di quanti stanno “sotto”.
Se gli ultraconservatori speravano di imporre un papato che tornasse indietro sul piano ecclesiale o dell’approccio ai problemi politici, sono rimasti delusi. Sì, papa Prevost ha autorizzato una messa in latino in San Pietro, ma non ha abolito la benedizione delle coppie omosessuali, l’accesso alla comunione dei divorziati risposati continua e così continueranno le nomine di donne alle posizioni apicali della Curia romana.
Anche sul piano sociale non c’è nessun ammorbidimento. Nel solco di Francesco, papa Prevost continua a denunciare con fermezza sfruttamento ed emarginazione, entrando nel cuore delle politiche repressive di Trump (e dei partiti populisti di estrema destra). La sicurezza dei confini è un conto, ha detto al recente incontro con i Movimenti popolari, ma “con l’abuso dei migranti vulnerabili, non assistiamo al legittimo esercizio della sovranità nazionale, ma piuttosto a gravi crimini commessi o tollerati dallo Stato… (Si stanno adottando) misure sempre più disumane – persino politicamente celebrate – per trattare questi indesiderabili come se fossero spazzatura e non esseri umani”.
Ma è soprattutto sul tema dell’intelligenza artificiale che si profila il confronto-scontro di Leone con gli interessi delle grandi società tecnologiche statunitensi alleate con l’amministrazione Trump. La posta in gioco riguarda il potere economico e politico su scala mondale e profitti che si misurano in trilioni.
Leone ha intenzione di pubblicare un documento cruciale sulla questione e i poteri fortissimi dell’High Tech già si mobilitano. Negli Stati Uniti Peter Thiel, fondatore di PayPal, Palantir e potenti fondi di investimento, mentore intellettuale di Elon Musk e del vicepresidente statunitense Vance, ha lanciato un ciclo di lezioni a pagamento aperto a esponenti economici, religiosi e politici per sostenere che lo sviluppo e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale non va bloccato da regolamentazioni. L’immagine usata è quella di un Anticristo contrario al progresso, un Anticristo che diffonde visioni catastrofiche.
La posta in gioco, spiega Thiel, è la difesa delle libertà individuali, che vanno assolutamente tutelate da soffocanti norme imposte in nome di una pretesa sicurezza collettiva. Come già ai tempi della pandemia Covid le forze animali dell’economia rifiutano regole o proibizioni, agitando lo spettro di un oscuro “governo mondiale” centralizzato teso a soffocare gli individui.
E’ sempre lo stesso schema: le regole dettate per il bene comune (propugnate da Francesco ieri e Leone oggi) vengono presentate come strumenti diabolici. Un segno dell’Anticristo, secondo Thiel. Papa Francesco, invece, al vertice del G7 in Puglia nel 2024 aveva già sottolineato l’esigenza che la politica governasse lo sviluppo tecnologico perché fosse orientato “al servizio dell’umano” e non scollegato dal senso etico. In questo capitolo della storia totalmente nuovo si capisce meglio perché la scelta di un “papa americano” è stata lungimirante.