Manovra, l’Ufficio parlamentare di bilancio: col taglio Irpef un operaio pagherà 23 euro in meno di tasse, un dirigente 408
Un operaio pagherà in media 23 euro in meno di tasse all’anno, un dirigente 408. Il vantaggio del taglio di due punti della seconda aliquota Irpef previsto dalla manovra, per la struttura stessa del sistema fiscale, cresce con il reddito. E la presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio Lilia Cavallari, in audizione sulla legge di Bilancio, ha quantificato che cosa significa per diverse tipologie di contribuenti. Le simulazioni dell’organismo indipendente che vigila sulla finanza pubblica confermano che il taglio, se si guarda ai benefici in valore assoluto, favorisce le categorie con redditi medio-alti. E il 50% del risparmio d’imposta va ai contribuenti con reddito superiore ai 48.000 euro, che rappresentano solo l’8% del totale.
Gli impiegati e i lavoratori autonomi risparmieranno in media, rispettivamente, 123 e 124 euro, i pensionati 55. Il beneficio medio per i dirigenti sarà invece di 408 euro, mentre si fermerà a 23 per gli operai e a 55 per i pensionati. In termini relativi, la riduzione dell’aliquota media varia dallo 0,1% per gli operai allo 0,4% per impiegati e autonomi.
Sulla carta, il governo ha introdotto un correttivo per evitare che anche chi ha redditi molto alti sia avvantaggiato dalla misura, presentata come un aiuto al “ceto medio”: il ddl prevede un taglio delle detrazioni d’imposta per i redditi oltre i 200.000 euro, in modo da sterilizzare (in tutto o in parte) il vantaggio. Ma solo un terzo circa di quei contribuenti (58.000 persone) ha detrazioni aggredibili che non siano state già tagliate da precedenti interventi normativi, nota l’Upb. E anche per loro il taglio medio effettivo ammonta a 188 euro, significativamente inferiore al risparmio di 440 euro di cui beneficeranno grazie alla riforma. Per gli altri due terzi, il beneficio del taglio Irpef resta intatto.
Secondo l’Upb, dunque, la riduzione dell’aliquota Irpef concentra i benefici sui redditi medio-alti, con un impatto redistributivo molto limitato. E si somma a un sistema di detrazioni già frammentato e poco trasparente. Anche Banca d’Italia e Istat avevano tracciato un quadro analogo, rilevando che il taglio Irpef favorisce i nuclei dei due quinti più alti della distribuzione dei redditi, producendo “una variazione percentualmente modesta del reddito disponibile”.