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Scuola, rinnovato il contratto: circa 150 euro mensili in più ai docenti. La Cgil non firma, soddisfatti gli altri sindacati

“Non avrebbe avuto alcun senso, e nessuna utilità per lavoratrici e lavoratori, perdere altro tempo rinviando la chiusura", sottolinea la Cisl
Scuola, rinnovato il contratto: circa 150 euro mensili in più ai docenti. La Cgil non firma, soddisfatti gli altri sindacati
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Circa 150 euro in più al mese. È stato firmato il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Istruzione e Ricerca per il triennio 2022-2024. Il rinnovo riguarda oltre 1 milione e 286mila dipendenti tra personale della scuola, università, enti di ricerca e istituzioni Afam (Alta formazione artistica, musicale e coreutica). L’accordo è stato sottoscritto oggi mercoledì 5 novembre durante la riunione decisiva all’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (Aran), dopo un lungo confronto con le organizzazioni sindacali Cisl, Uil, Snals, Gilda e Anief, che si sono dette soddisfatte. L’intesa riguarda in modo particolare la parte economica del contratto, definendo l’entità degli incrementi retributivi e dei relativi arretrati, la cui erogazione potrebbe avvenire già nel mese di gennaio 2026. La trattativa sulla parte normativa, fin qui sviluppata a fondo solo su un limitato numero di materie, viene ora di fatto a intrecciarsi col negoziato per il nuovo triennio.

Nel dettaglio prevede un incremento medio a regime di 150 euro medi mensili per 13 mensilità, con punte di 185 euro medi mensili per gli insegnanti (in base all’anzianità di servizio), e 240 euro medi mensili per ricercatori e tecnologi. Per il personale tecnico-amministrativo, il personale Ata, l’aumento medio mensile è invece di circa 110 euro (109,78). Il contratto, che si concentra principalmente sulla parte economica, consentirà inoltre il pagamento di arretrati, che per i docenti possono raggiungere circa 2mila euro.

“Questa settimana segna un momento significativo per il pubblico impiego”, sottolinea il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo. “Con la firma dei contratti di enti locali e istruzione e ricerca completiamo un percorso che coinvolge oltre 1,6 milioni di lavoratori, ossia metà dell’intera platea del settore pubblico, per un impegno complessivo di 4,1 miliardi di euro a regime”, aggiunge. Per il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, “la firma di questi contratti rappresenta un segnale concreto di attenzione verso chi ogni giorno contribuisce al funzionamento dei servizi pubblici essenziali, alla formazione delle nuove generazioni e allo sviluppo della ricerca scientifica italiana”.

“Non c’erano margini realistici per avere condizioni più favorevoli. Questa firma è un punto di partenza per il rinnovo del contratto per il 2025-27, non un traguardo”. Le voci che difendono l’accordo sono quelle della segretaria nazionale della Cisl Scuola Ivana Barbacci, del coordinatore nazionale della Gilda Scuola Vito Carlo Castellana, del numero uno dell’Anief Marcello Pacifico e del segretario nazionale della Uil Scuola, Giuseppe D’Aprile.

Castellana della Gilda da una parte esprime delusione dall’altra sottolinea alcune conquiste: “Siamo consapevoli che le risorse stanziate siano esigue rispetto all’inflazione del triennio e questo riguarda tutto il comparto, ovvero Scuola università Afam (Alta formazione artistica, musicale e coreutica). e ricerca. Tuttavia, vogliamo anche sottolineare un traguardo molto importante ottenuto, lo stanziamento previsto per il Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, poco più di 100 milioni di euro, andrà direttamente nelle buste paga incrementando la retribuzione professionale docenti e il compenso individuale accessorio”. Castellana vorrebbe un contratto separato per la docenza e per il personale Ata, ma per ora è solo una speranza.

Realista e soddisfatta Barbacci della Cisl Scuola: “Non avrebbe avuto alcun senso, e nessuna utilità per lavoratrici e lavoratori, perdere altro tempo rinviando la chiusura di un contratto, già scaduto, per il quale non vi erano più margini realistici per avere condizioni più favorevoli. Per la prima volta da decenni, infatti, si riuscirebbe a ottenere gli aumenti contrattuali nel corso del triennio di vigenza, senza i trascinamenti che quasi sempre hanno portato a rinnovi dei Ccnl ben oltre il termine della loro scadenza”.

L’Anief entra nel merito delle cifre: gli aumenti complessivi stipendiali medi vanno da 82 a 186 euro mensili per il personale amministrativo e da 105 a 177 euro mensili per i docenti. Sono state inoltre rideterminate le indennità fisse, che per i docenti passano da 200 a quasi 313 euro mensili, mentre per il personale amministrativo variano tra 84 e 104 euro mensili. Per i Direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga) l’indennità di direzione è stata fissata a 2.874 euro annui per il 2024. A queste cifre occorre aggiungere poco altro. C’è l’una tantum per complessivi 240 milioni di euro del decreto legge 127/25 che porterà, in media, altri 142 euro a lavoratore.

Dal 2025 gli aumenti complessivi stipendiali medi tabellari e accessori aumentano ulteriormente e vanno da 106 a 217 euro mensili per il personale amministrativo (compresi i DSGA) e da 120 a 201 euro mensili per i docenti. Considerando che in parte gli aumenti sono stati già liquidati, i lavoratori si troveranno in busta paga ulteriori 70 euro di aumento e un arretrato di circa 1.500 euro. “Chiederemo – commenta Pacifico – al Governo di inserire nelle prossime leggi di bilancio il recupero dell’inflazione delle prossime annualità, che però è probabile che sia molto inferiore a quella schizzata in alto nel triennio precedente”.

Di diverso avviso la Flc Cgil, con la segretaria Gianna Fracassi che resta da sola contro il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara: “Qualcuno non fece il proprio dovere perché scelse di bloccare il contratto per dieci anni, congelare gli scatti di anzianità e cancellare un gradone stipendiale. Era il 2008 e le forze politiche di quel governo erano le stesse del governo attuale”. Il sindacato non ha firmato perché, spiegano in un comunicato, “gli incrementi stipendiali previsti e, per oltre il 60% già erogati in busta paga sotto forma di indennità di vacanza contrattuale, coprono neanche un terzo dell’inflazione del triennio di riferimento e sanciscono la riduzione programmata dei salari del comparto”.

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