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Anziani, quando chiedere l’indennità di accompagnamento è un’odissea. Storia della signora Giorgia, che ha avuto l’ok quando era già morta

L'assegno di 540 euro al mese per la non autosufficienza può essere un aiuto prezioso per dare un po' di assistenza di qualità e dignità a un malato grave. Ma può succedere che ci metta così tanto ad arrivare che il titolare non sia più li a riceverlo - Racconta la tua testimonianza a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it
Anziani, quando chiedere l’indennità di accompagnamento è un’odissea. Storia della signora Giorgia, che ha avuto l’ok quando era già morta
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L’indennità di accompagnamento di 540 euro al mese è un diritto per un malato grave al quale può essere indispensabile, per esempio per avere qualche ora di assistenza di qualità in situazioni drammatiche o per dare un po’ di respiro ai familiari, quando ci sono. O ancora per acquistare beni o apparecchi necessari per far stare meglio o meno scomodo il malato: una poltrona elettrica, un vassoio mobile, un cuscino ortopedico, per fare alcuni esempi. Questioni di sopravvivenza, insomma, ma anche di dignità della persona.

Tuttavia può succedere che l’assegno ci metta così tanto ad arrivare che il titolare non sia più li a riceverlo. Capita anche in pieno nord, a Milano. Estate 2025, la signora Giorgia (nome di fantasia, ndr), 74 anni, è gravissima, ma riesce a fare domanda per l’invalidità. La risposta che riceve dopo la visita è sorprendente: una lettera dell’Inps le riconosce un “handicap lieve”, ma in allegato c’è un verbale della Asl che riconosce l’handicap grave e la necessità di assistenza continua. Il problema viene segnalato all’Inps e la pratica viene rivista in autotutela.

Dopo qualche settimana la signora riceve una seconda raccomandata che ristabilisce l’ordine delle cose. Ma agosto è appena iniziato e all’Inps forse le preoccupazioni sono altre. Fatto sta che il profilo della signora non viene allineato alla nuova certificazione, bisogna che prenda un appuntamento e si rechi allo sportello, le viene detto a metà settembre. Ma la signora non può, sono i suoi ultimi giorni di vita. Un mese dopo la beffa finale per il figlio che riceve un richiamo dall’ufficio del personale dell’azienda dove lavora, cui l’Inps ha mandato una raccomandata per respingere la domanda di permessi retribuiti ex 104 per assistere la madre invalida.

Lui esibisce la certificazione corretta, ma nella sua raccomandata l’istituto di previdenza ha invitato l’azienda di non pagare le giornate di permesso, perché non saranno rimborsate. Correggere da remoto la domanda non è possibile, bisogna andare allo sportello o perdere anche le giornate di 104. Ma soprattutto l’Inps non sa come sia potuto succedere e, interpellata in merito, si limita a far sapere che a fine ottobre “la procedura è stata allineata e le somme spettanti dalla data della domanda saranno erogate agli eredi”. Insomma, altro che riforma dell’assistenza agli anziani, qua bisogna ripartire dalle basi.

Hai un anziano non autosufficiente a carico e l’iter per ottenere il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento è stato un incubo? Scrivi la tua testimonianza a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it

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