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Manovra tra rinvii e freno tirato sulle misure ambientali: quanto costa all’Italia un altro anno di stallo

Cosa manca nella bozza: slitta ancora la plastic tax, mentre l'ecobonus è sempre meno un incentivo e l'energia elettrica resta gravata da tasse e oneri
Manovra tra rinvii e freno tirato sulle misure ambientali: quanto costa all’Italia un altro anno di stallo
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Lo Stato spende 15 miliardi all’anno per i danni dovuti al cambiamento climatico e non li fa pagare a chi è responsabile e sborsa circa 800 milioni di euro all’anno all’Unione europea per l’imballaggio di plastica non riciclato. Ma nella manovra il governo Meloni continua a rinviare la Plastic Tax che avrebbe potuto coprire parte di questi costi. L’esecutivo intende fare cassa sul diesel, ma ridurrà le tasse sulla benzina. Sul fronte delle misure ambientali ed energetiche, dietro la strada della ‘prudenza’ che si legge nella bozza di manovra, ci sono scelte mancate e occasioni perse. Che trovano spiegazione anche nelle parole pronunciate davanti al Senato dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni che, in vista del Consiglio europeo, chiede alla Commissione europea “di correggere un ampio numero di scelte azzardate compiute in passato con il Green Deal, che ora stanno mostrando tutti i loro limiti”. Il risultato di questo approccio è evidente nella bozza della legge di bilancio. “Questa manovra non è in grado di intervenire sulla questione centrale della strategia energetica e della decarbonizzazione che è l’elettrificazione e, in particolare, l’elevatissimo prezzo dell’energia elettrica, di cui una componete importante è proprio quella fiscale”, spiega a ilfattoquotidiano.it Matteo Leonardi, cofondatore e direttore esecutivo, del think tank Ecco, mettendo il dito nella piaga, ossia sugli oneri nelle tariffe elettriche (Leggi l’approfondimento). E aggiunge: “Se l’efficienza energetica viene praticamente equiparata alla ristrutturazione ordinaria, l’ecobonus non può essere definito un incentivo”. Nella bozza di manovra, poi, c’è il passaggio dal sistema dei crediti d’imposta di Transizione 5.0 destinato alle imprese che investivano nella transizione digitale ed ecologica (salvo ostacolarle a suon di burocrazia) a Industria 4.0. L’esecutivo risolve il problema eliminando i vincoli ambientali prima necessari per ottenere gli incentivi.

Slitta l’entrata in vigore della plastic tax e della sugar tax – “Proroghiamo la loro sterilizzazione a tutto il 2026”, ha annunciato la premier Giorgia Meloni riferendosi alle due tasse più e più volte rinviate sul consumo di manufatti in plastica con singolo impiego (Macsi) e sulle bevande zuccherate. La prima, fissata a 0,45 euro per chilogrammo di materia plastica, è stata introdotta in Italia nel 2020 senza mai entrare in vigore. Si stima che i continui rinvii, ormai dati per scontati, siano costati in termini di mancati introiti circa 1,2 miliardi di euro solo tra il 2020 e il 2023 (Leggi l’approfondimento). Nel frattempo, ammonta a circa 800 milioni di euro all’anno il contributo che l’Italia paga all’Unione europea per l’imballaggio di plastica non riciclato. Costi che oggi pesano sulle casse pubbliche e che potevano, invece, essere in parte coperti dalla Plastic Tax italiana. Della sugar tax si parla meno, ma è presente in più di cento Paesi del mondo che rappresentano oltre la metà della della popolazione mondiale. In Europa, viene applicata in Norvegia, Finlandia, Francia, Spagna, Polonia e Ungheria. In Italia, la nuova data di partenza per entrambe le tasse è fissata al 1° gennaio 2027. Soddisfatta l’industria. “Questo ulteriore tempo guadagnato – ha commentato il presidente di Assobibe, Giangiacomo Pieriniaggiunto – permettere un dialogo che auspichiamo ci porti, in 12 mesi, alla definitiva cancellazione di imposte che ormai ogni governo ha posticipato”. Sulla stessa linea, il presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino, secondo cui si tratta di “due tasse ingiuste”.

Stangata sul diesel e alleggerimento sulla benzina – Per il settore automotive, si confermano il rifinanziamento degli incentivi per i veicoli elettrici e ibridi plug-in (con circa 500 milioni di euro) e per colonnine domestiche e la realizzazione di infrastrutture di ricarica pubbliche (200 milioni di euro nel biennio 2026-2027), finanziati dal Fondo per la transizione industriale. Ma, nelle parole pronunciate davanti al Senato, Meloni ha citato proprio il settore automobilistico, insieme a quello dell’industria pesante, parlando di “neutralità tecnologica”, consentendo i biocarburanti oltre il 2035. Nella bozza di manovra, il governo accelera sull’allineamento nella tassazione gasolio e benzina. Un anno fa, prevedeva di arrivarci gradualmente nel 2030. Da gennaio 2026, invece, benzina e gasolio avranno la stessa tassazione: si riduce l’accisa sulla benzina di 4,05 centesimi di euro per litro e si aumenta – sempre di 4,05 centesimi di euro per litro – quella applicata al gasolio. L’obiettivo sulla carta è quello di eliminare l’agevolazione storica al gasolio (più inquinante) e attuare così il “superamento del sussidio ambientalmente dannoso” invocato da anni. “Al posto di riequilibrare tutto al rialzo si è deciso di uniformare le accise sui carburanti (portando entrambe a 0,672 euro a litro, ndr). Va bene fino a un certo punto”, spiega Carlo Tritto, responsabile Sustainable fuels di Transport & Environment. “La tassazione sale sul carburante più emissivo da un punto di vita di inquinamento locale e che oggi rappresenta la grande fetta dei consumi energetici dei trasporti, ma scende sulla benzina che sarà il carburante più diffuso non nell’immediato, ma nei prossimi anni”. Una misura che mal si coniuga “all’abbandono dei carburanti fossili, soprattutto in vista del meccanismo di prezzamento del carbonio dell’European Emissions Trading System 2” che entrerà in vigore nei prossimi anni. Non sono mancate le reazioni, come quella di Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Prevedere la stessa accisa per diesel e benzina significa voler far cassa – ha commentato – se non sarà allineata a un livello inferiore rispetto a 672,90 euro per mille litri ora previsti. A dirlo non siamo noi ma il ministero dell’Ambiente che, nel varare il precedente riordino, lo ha scritto nero su bianco nel decreto”.

Bonus edilizi ed efficienza energetica. Leonardi (Ecco): “Ma quali incentivi?” – La manovra dice addio all’era dei Superbonus, ma conferma la proroga per le detrazioni sugli interventi di recupero e di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio, che rischiavano già dal 2026 un taglio consistente. La detrazione al 50% per la prima abitazione (al 36% per gli interventi realizzati su altre categorie di immobili) resta per le spese sostenute fino al 2026. Confermato anche l’Ecobonus fino al 31 dicembre 2027, con detrazioni dal 50% al 65% in base a tipo di intervento e di edificio. La misura riguarda sì gli interventi finalizzati al risparmio energetico e alla riduzione delle emissioni, come la sostituzione di infissi e serramenti, l’installazione di pompe di calore e l’installazione di pannelli fotovoltaici. Ma è davvero un incentivo? “L’efficienza energetica viene praticamente equiparata alla ristrutturazione ordinaria che, tra l’altro, in termini di certificazioni è anche più semplice”, commenta Matteo Leonardi di Ecco.

Immutata la componente fiscale sull’elettricità – Nel frattempo, l’energia elettrica resta gravata da tasse e oneri. “Ad oggi l’elettricità paga delle componenti fiscali e di oneri di sistema due o tre volte più del gas. In Finanziaria – spiega Leonardi – servirebbe un lavoro di equilibrio che ad oggi non è stato fatto, non permettendo ai consumatori di accedere ai vantaggi delle tecnologie elettriche, che consumano un quarto di energia”. Quello che c’è nel testo, invece, è la soppressione dell’addizionale regionale all’accisa sul gas naturale, che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2028. Una misura che dovrebbe alleggerire i costi energetici per le imprese industriali e artigianali che usano intensivamente il gas. “Una misura che da un lato – aggiunge Leonardi – aumenta il divario tra elettrico e gas e dall’altro, pur riducendo il gettito, non è minimamente significativa”.

Gli incentivi all’innovazione e alla transizione, ma senza vincoli ambientali – La manovra prevede il maxi-ammortamento di Industria 4.0, destinato alle aziende che investono in beni strumentali 4.0 e in tecnologie per l’autoproduzione di energia rinnovabile. Scompaiono, però, i vincoli ambientali. Per gli investimenti in beni materiali e immateriali (sono inclusi gli impianti fotovoltaici e i sistemi di accumulo), l’agevolazione è del 180% per le spese fino a 2,5 milioni di euro, del 100% per investimenti fino a 10 milioni e del 50% fino a 20 milioni. Le percentuali arrivano rispettivamente al 220%, 140% e 90% nel caso di investimenti finalizzati alla realizzazione di obiettivi di transizione ecologica, compresa la riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva a cui è destinato l’investimento. Che non deve essere inferiore al 3% o, in alternativa, va certificata una riduzione dei consumi energetici dei processi produttivi non inferiore al 5%.

I fondi (insufficiente) per l’ambiente – Se il Fondo sociale per il clima viene poi finanziato con risorse europee per sostenere le famiglie vulnerabili e contrastare la povertà energetica, il Fondo per la riduzione dell’esposizione a situazioni di rischio nel territorio nazionale, con una dotazione di 250 milioni di euro per il 2026, dovrebbe finanziare soggetti privati che realizzano interventi per ridurre l’esposizione a eventi imprevedibili. “I danni climatici in Italia nel biennio 2022-2023 ammontavano ad almeno 15 miliardi all’anno – dice Leonardi – e queste sono le necessità con cui il Paese deve confrontarsi”.

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