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Praterie di piante marine sempre più ridotte nell’Adriatico: “La causa è il surriscaldamento del mare”

Lo dimostra uno studio internazionale guidato dall’Italia con l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale. Le praterie marine sono essenziali per la stabilità costiera e lo stoccaggio del carbonio
Praterie di piante marine sempre più ridotte nell’Adriatico: “La causa è il surriscaldamento del mare”
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Le praterie di piante marine dell’Adriatico settentrionale sono in progressivo declino. La colpa è del riscaldamento del mare, causato dalla crisi climatica in atto, insieme alle alterazioni dovute a urbanizzazione e inquinamento. È la conclusione dello studio internazionale guidato dall’Italia con l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), a cui hanno partecipato anche il National biodiversity future center di Palermo, l’Università di Trieste e l’Area marina protetta di Miramare gestita dal Wwf.

Nella ricerca, pubblicata sulla rivista Estuarine, coastal and shelf science, si evidenzia la necessità di sviluppare strategie di conservazione mirate per proteggere questi ecosistemi. Le praterie dell’Adriatico sono dominate dalla pianta acquatica Cymodocea nodosa, mentre la Posidonia oceanica e altre specie sono distribuite in maniera più frammentata, spesso solo in piccole aree isolate. Parliamo di piante vitali per la biodiversità, la stabilità costiera e lo stoccaggio del carbonio. L’analisi guidata da Fabrizio Gianni si è concentrata soprattutto sulle coste italiane e slovene del golfo di Trieste, per valutare i cambiamenti avvenuti in due diversi intervalli temporali: 2009-2013 e 2014-2018.

“I risultati indicano che Cymodocea nodosa è ancora presente nel Golfo, in particolare lungo la costa da Monfalcone alla foce del Tagliamento, ma nel periodo 2014-2018 si è registrata una diminuzione della sua copertura pari al 30% nelle acque slovene e fino all’89% lungo la costa vicino a Trieste – spiega Vinko Bandelj, oceanografo dell’Ogs – l’analisi delle variabili fisico-chimiche ha rivelato un aumento della temperatura dell’acqua marina in tutto il Golfo e una variazione del carico di nutrienti, con una riduzione significativa nelle acque slovene”.

Lo studio

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