Gianluigi Nuzzi spiato: “E’ in atto un assedio elettronico alla libertà d’informazione”
“Il problema non è che qualcuno ha spiato me. Il problema è che in questo paese i giornalisti vengono regolarmente spiati”. Gianluigi Nuzzi, reporter d’inchiesta e conduttore di Dentro la notizia, è tra le migliaia di persone messe sotto controllo e sorvegliate tra il 2007 e il 2014 con il software prodotto da un’azienda indonesiana chiamata First Wap.
Sapevi di essere spiato?
Ero controllato mentre scrivevo “Sua Santità: le carte segrete di Benedetto XVI“, tra maggio e giugno del 2012. Mi occupavo di documenti che stavano sulle scrivania di un papa e che parlavano di malversazioni e malaffare. All’epoca i servizi vaticani facevano arresti, intercettazioni e pedinamenti anche sul suolo italiano, quando non possono farlo perché l’Italia è un altro Stato. Si muovevano con i famosi “furgoni bianchi”. In quel periodo ci furono anche un paio di visite notturne nella redazione di Chiarelettere, la casa editrice: portarono via i computer ma non toccarono soldi e oggetti di valore.
Non ti sorprende, quindi.
Non sono sorpreso, ma profondamente indignato. I colleghi che hanno realizzato l’inchiesta mi hanno spiegato sono stato localizzato tra le dieci e le venti volte al giorno. Si sono introdotti nella mia vita privata, mentre ero a casa con i miei figli. La mia intimità è stata violata. Ora la domanda che bisogna porsi è “perché?”.
Qual è la risposta?
Posso fare solo delle ipotesi. L’inchiesta giornalistica non ha individuato il dante causa. Si può pensare al Vaticano o a settori del Vaticano. Ma non dimentico che poco dopo la pubblicazione del libro Papa Ratzinger rinunciò al pontificato, un evento epocale che avvenne pubblicamente nel 2013 ma che era maturata anni prima, prima dell’uscita del mio libro.
Che legame c’è tra tra l’essere tenuti sotto controllo e quanto accaduto a Sigfrido Ranucci?
E’ un periodo brutto per la stampa. La libertà di informazione è uno dei fattori che misurano lo stato di salute di una democrazia. Anche prima degli ordigni che hanno distrutto le auto di Sigfrido era chiaro che è in corso un deterioramento nel rapporto tra questo potere, perché la stampa è un potere, e gli altri. Giampaolo Pansa diceva che l’informazione deve essere il cane da guardia dei cittadini. Ma c’è qualcuno che vorrebbe che questo cane fosse un peluche o uno di quei cuccioli che, impettiti e pettinati, sfilano nelle gare di bellezza.
Le cronache degli ultimi anni ci dicono che lo spionaggio ai danni dei giornalisti è una pratica elevata a sistema.
Io sono stato messo sotto controllo dall’autorità giudiziaria per le notizie che avevo dato. Una volta camminavo con Belpietro (direttore de La Verità, ndr) ed ero pedinato. Maurizio ha la scorta. Mentre eravamo al bar, gli uomini della scorta si sono accorti che quelli che mi seguivano erano armati e hanno messo loro la pistola alla testa per fermarli. E’ finita che si sono dovuti riconoscere attraverso i tesserini delle rispettive forze di appartenenza. Però intendiamoci, non è una questione di immunità: chi commette reati è giusto che paghi.
Come ci si difende?
Quando hai la passione per questo mestiere vai per la tua strada, a prescindere. Lo fanno i giovani cronisti che in Calabria si occupano di ‘ndrangheta a 5 euro lorde a pezzo e si vedono recapitare proiettili per posta, lo farà Sigfrido nonostante l’autobomba. Questa santabarbara composta di strumentazioni elettroniche che permettono a chiunque di entrare nella vita privata di un giornalista è un altro capitolo su cui indagare a fondo. Ciò a cui abbiamo assistito nell’ultimo periodo è un assedio elettronico alla libertà d’informazione.
Oggi Giorgia Meloni in Parlamento, rispondendo alle critiche ricevute dall’opposizione sul caso Ranucci, ha citato Reporters San Frontiers secondo cui da quando è a Palazzo Chigi la situazione in Italia è migliorata.
La presidente del Consiglio avrà anche ragione, ma io ho una percezione diversa. E in corso un assalto a chi fa vera informazione, in un contesto in cui sui social si spaccia disinformazione ad alta digeribilità alimentando tensioni e scontri sociali. Siamo in una tenaglia: da una parte ci sono lo spionaggio e le minacce e dall’altra i “campioni” dei social che propalano falsità sugli argomenti più vari. Persino la cronaca nera è diventato terreno di scontro tra curve di ultrà: raccontano che Chiara Poggi è stata uccisa dal fratello Marco, che l’alluvione in Emilia è stata un’invenzione, che con i vaccini ci inoculano microchip nell’organismo e un’altra infinità di fandonie di questo genere. Il punto vero è che la libertà d’informazione non deve finire ostaggio di scontro politici perché è un bene primario.