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Manovra, c’è l’intervento sulle banche: su l’Irap, rinviata la deduzione di crediti fiscali e aliquota del 27,5% per sbloccare le riserve

Il testo bollinato conferma il tormentato intervento su cui si è consumato l'ennesimo scontro in maggioranza, con Forza Italia contraria a "tasse sugli extraprofitti" e la Lega ostentatamente bellicosa nei confronti degli istituti che "hanno guadagnato miliardi"
Manovra, c’è l’intervento sulle banche: su l’Irap, rinviata la deduzione di crediti fiscali e aliquota del 27,5% per sbloccare le riserve
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Il testo bollinato della manovra conferma il tormentato intervento sulle banche su cui si è consumato l’ennesimo scontro in maggioranza, con Forza Italia contraria a “tasse sugli extraprofitti” e la Lega ostentatamente bellicosa nei confronti degli istituti che negli ultimi anni “hanno guadagnato miliardi”. Il pacchetto, ovviamente passibile di modifiche nel passaggio parlamentare, comprende l’aumento di due punti dell’aliquota Irap per istituti di credito e assicurazioni, la sospensione della deduzione dei componenti negativi connessi alle Dta e la revisione dell’aliquota per l’affrancamento delle riserve accantonate dagli istituti nel 2024 per sottrarsi al prelievo straordinario allora previsto sugli extraprofitti. Il gettito atteso è di 4,11 miliardi nel 2026 e un importo quasi identico nel 2027 che scende poi a 1,8 miliardi l’anno seguente, per un totale di 10 miliardi. Meno degli 11 previsti dal Documento programmatico di bilancio.

Il governo ha previsto la possibilità di svincolare i 6,2 miliardi di euro accantonati pagando nel 2026 il 27,5%. L’aliquota è poi destinata a salire al 33% dall’anno successivo. Per rendere di fatto obbligatorio il versamento, l’esecutivo ha inserito una presunzione automatica di utilizzo del fondo a partire dal 2028, trasformando quella che sembrava un’opzione in una necessità contabile. “Si ritiene che la previsione dell’aliquota in misura inferiore per il 2026 induca all’affrancamento della riserva straordinaria, preordinato alla libera disponibilità per la distribuzione sotto forma di utili, interamente nell’anno 2026, onde evitare di scontare una maggiore tassazione”, spiega la Relazione tecnica. L’affrancamento non comporta automaticamente la distribuzione di dividendi, che resta prerogativa degli organi amministrativi delle singole banche.

L’intervento più tecnico, ma potenzialmente più pesante nel medio periodo, riguarda la deducibilità degli interessi passivi. Il nuovo articolo prevede che, per le banche e gli intermediari finanziari, la quota deducibile scenda al 96% per il periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2025 per poi risalire 97% nel 2027 e 98% nel 2028, fino al 99% dal 2029. Oggi la deducibilità è al 100%: era stata introdotta per allineare il trattamento fiscale del settore bancario agli standard europei. La manovra dunque ripristina una parziale indeducibilità, con un effetto cumulato stimato in circa 500 milioni di euro annui a regime.

Per le banche e gli intermediari finanziari viene inoltre ulteriormente sospesa la deduzione dei componenti negativi connessi alle DTA (attività per imposte anticipate). In sostanza, il governo rinvia ancora in avanti la possibilità per le banche di portare in deduzione dal reddito imponibile una parte dei costi legati ai crediti fiscali che derivano da perdite e svalutazioni effettuate negli anni passati e che, in base alle regole vigenti, possono essere scontati dalle imposte future. L’articolo 22 stabilisce che le quote di deduzione previste per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 – rispettivamente pari al 3,8%, 12,36% e 9,5% in base alle diverse norme che le disciplinano – non potranno essere utilizzate nello stesso esercizio, ma saranno spalmate in due anni successivi, 2028 e 2029, “in quote costanti”. In pratica, le banche dovranno rinviare di due anni l’utilizzo di quei benefici fiscali.

In più, la norma impone un limite anche alla possibilità di compensare quelle maggiori imposte con le perdite fiscali pregresse o con l’eccedenza ACE (aiuto alla crescita economica). Risultato: per due esercizi il sistema bancario dovrà pagare un’imposta effettiva più alta, senza poter abbattere il reddito con tutte le deduzioni disponibili. Dal 2028, la deducibilità tornerà progressivamente in vigore, ma in due rate costanti. L’obiettivo è chiaramente di anticipare gettito: far entrare subito risorse in cassa rallentando i tempi di utilizzo dei crediti fiscali maturati in passato.

Un altro articolo, il 19, modifica per quattro anni – dal 2026 – il meccanismo di riconoscimento fiscale delle perdite attese, che regola la copertura dei rischi di credito nei bilanci bancari. “Per i crediti del primo e secondo stadio di rischio di credito, le svalutazioni derivanti esclusivamente dall’adozione del modello di rilevazione del fondo a copertura delle perdite per perdite attese su crediti sono deducibili, in quote costanti, nell’esercizio in cui le stesse sono iscritte in bilancio, e nei quattro successivi”.

Stando alla relazione tecnica il prossimo anno arriveranno 1,153 miliardi dall’aumento delle aliquote Irap, 1,188 dallo slittamento delle Dta, 126 milioni dalla norma sulle perdite per i crediti e nulla dalla limitazione della deducibilità degli interessi passivi. Nel caso in cui le banche volessero attingere ai 6 miliardi di riserve di capitale sfruttando l’aliquota ridotta al 27,5% lo Stato incasserà altri 1,65 miliardi di euro. Nel 2027 l’Irap assicurerà 1,339 miliardi di euro, le Dta 2,143 miliardi, dalle norme sui crediti giungeranno 111,7 milioni e da quelle sugli interessi 519 milioni di euro. Infine nel 2028 l’Irap apporterà 1,335 miliardi, i crediti 70 milioni e gli interessi 389,3 milioni mentre sarà esaurito l’effetto delle Dta che dovranno essere restituite a partire dal 2029.

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