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“Vivo da sempre col timore che ogni volta che saluto mio padre possa essere l’ultima”: il post di Emanuele Ranucci, figlio del conduttore di Report

Il testo, pubblicato su Facebook, risale a gennaio. Era la risposta alla rubrica di Andrea Marcenaro su Il Foglio, che aveva definito il giornalista  “multipremiato per l’imbattibile frequenza con cui da decenni mette quintalate di merda nel ventilatore”
“Vivo da sempre col timore che ogni volta che saluto mio padre possa essere l’ultima”: il post di Emanuele Ranucci, figlio del conduttore di Report
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Un post pubblicato su Facebook il 14 gennaio 2025 in cui il figlio di Sigfrido Ranucci, Emanuele, replica all’intervento di Andrea Marcenaro, che sulla sua rubrica Andrea’s version sul Foglio aveva definito il giornalista “multipremiato per l’imbattibile frequenza con cui da decenni mette quintalate di merda nel ventilatore”. Poi veniva ricordato quando Ranucci era stato stato inviato a Sumatra per lo tsunami dell’Oceano Indiano, un evento che causò 250 mila morti: “Ogni giorno a migliaia, per molto tempo. Era il 2005, per Ranucci purtroppo sembrava fatta. È riuscito a tornare”. Riportiamo integralmente la risposta di Emanuele, nel giorno in cui una bomba ha distrutto la sua auto su cui indaga l’Antimafia.

Caro Andrea,
fortunatamente mi sono imbattuto così poche volte nelle pagine del “giornale” in cui scrivi da non sapere né il tuo cognome né se tu – spero vivamente per la categoria di no – sia un giornalista professionista o un comico satirico, sono il figlio di Sigfrido Ranucci e nonostante alcune volte me ne sorprenda anche io, non sono ancora orfano di padre.

Vivo da sempre con il pensiero, il timore che ogni volta che saluto mio padre possa essere l’ultima, del resto credo sia inevitabile quando vivi per decenni sotto scorta, quando hai sette anni e ci sono i proiettili nella cassetta della posta di casa tua, quando vai a mangiare al ristorante e ti consigliano di cambiare aria perché non sei ben gradito nella regione, quando ti svegli una mattina e trovi scientifica, polizia, carabinieri e DIGOS in giardino perché casualmente sono stati lasciati dei bossoli, quando ricevi giornalmente minacce, pacchi contenenti polvere da sparo e lettere minatorie, o semplicemente quando ti abitui a non poter salire in macchina con tuo padre. Ricordo perfettamente il periodo dello Tsunami e dell’isola di Sumatra, che giusto per precisione si trova in Indonesia e non India, quando papà con il parere contrario del suo Direttore Roberto Morrione decise di raccontare la vicenda in uno dei luoghi più martoriati dalle inondazioni, lontano dalle comodità e dai luoghi privilegiati dai quali tutti i media scrivevano.

E’ uno dei primi ricordi di cui ho contezza, avevo 5 anni, mia sorella 6, mio fratello forse 8, eravamo in macchina, erano circa 40 ore che nessuno riuscisse ad avere contatti con papà, mamma tratteneva le lacrime a fatica, sola con noi tre, faceva finta che andasse tutto bene, forse è stata la prima volta che ho avuto la sensazione che dovessi percepire la vita con papà come se fosse a tempo, con una data di scadenza.
Ebbene sì, è tornato sano e salvo e a distanza di 20 anni purtroppo per te, Andrea, per fortuna per noi e credo di poter dire per il paese è ancora qui, a svolgere il suo lavoro come sempre, vivo e vegeto anche se in tanti lo vorrebbero morto. Il morto del giorno è il giornalismo italiano, ancora una volta, e chi è l’assassino è evidente a tutti.

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