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La rete Ue salva banche ha 10 anni, il presidente Laboureix: “C’erano molti scettici, si sbagliavano”

Il richiamo del vicepresidente della Bce Luis De Guindos all'Italia: "Se vogliamo essere preparati alle crisi bancarie, va colmata una lacuna finalizzando la ratifica del Trattato Mes riformato”.
La rete Ue salva banche ha 10 anni, il presidente Laboureix: “C’erano molti scettici, si sbagliavano”
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Mentre a Roma va in scena l’ormai consueta trattativa tra governo e banche, alle quali viene chiesto un contributo al bilancio dello Stato senza badare troppo ai cuscinetti di capitale accumulati per far fronte alle incertezze di un futuro a tassi normalizzati, a Bruxelles si celebra il decimo anniversario del fondo Meccanismo di risoluzione unico per le crisi bancarie del Vecchio Continente. E l’Italia, benché innominata, è il convitato di pietra di un compleanno dove guardando al futuro, non si può non ricordare non solo che l’unione bancaria è incompleta, ma anche che Roma non ha ratificato il Meccanismo europeo di stabilità. “Sebbene il Fondo di risoluzione unico sia pronto, il suo sostegno, che sarà fornito dal Mes, è ancora mancante -, ricorda il vicepresidente della Bce Luis De Guindos nel suo intervento al decennale della rete di salvataggio delle banche europee creata dopo la grande crisi del 2008 – se vogliamo essere preparati alle crisi bancarie, questa lacuna deve essere colmata finalizzando la ratifica del Trattato Mes riformato

Il padrone di casa, Dominique Laboureix, preferisce partire dai risultati: “La risoluzione, intesa come quadro normativo e secondo pilastro dell’Unione bancaria, è partita da zero. Una serie di elementi teorici costruiti sulle ceneri di una delle peggiori crisi finanziarie di sempre – dice il presidente del board che gestisce il meccanismo di risoluzione nel suo discorso di apertura – Nessuno sapeva se una risoluzione avrebbe potuto funzionare. Inoltre dovevamo dimostrare il valore di un’autorità centralizzata in una rete di autorità nazionali. C’erano molti scettici, ma credo che si sbagliassero”. E ricorda i casi del Banco Popular e di Sberbank, “i nostri successi più importanti. Solo due? Fortunatamente, le crisi delle grandi banche sono piuttosto rare. Ma, in quelle rare occasioni, non eravamo liberi di commettere errori”. Questione di fiducia, ma anche certezza delle regole, fattori entrambi che sono fondamentali nella tutela della stabilità finanziaria dal rischio di contagio. Sul fronte dei numeri Laboureix cita “oltre 2600 miliardi di euro di capacità di assorbimento delle perdite” costituita dalle banche nell’Unione bancaria e 80 miliardi di euro del fondo di risoluzione “pronti per essere utilizzati”, oltre a circa 150 piani di risoluzione c”operativi e attuabili che vengono redatti e aggiornati ogni anno per gli istituti più significativi e meno significativi”.

Il futuro è comunque in salita, aggiunge, perché il mestiere sarà sempre “complicato” e “pieno di sorprese”. Motivo per cui le semplificazioni intese per esempio come l’eliminazione di doppioni burocratici e un miglior coordinamento tra livelli locali e quello centrale, sono ben accette e cercate. Non lo sono invece quelle intese come un abbassamento del livello di guardia, che anzi andrebbe applicato anche a enti e operatori contigui agli istituti bancari. “Ora più che mai, è importante ricordare che i modelli di business e le banche stesse sono in continua evoluzione. Emergono nuovi attori e con, con essi, nuovi rischi. Oggi molta attenzione è rivolta ai nuovi operatori che entrano direttamente o indirettamnte nelle attività bancarie. Dall’esposizione delle banche verso istituzioni finanziarie non bancarie allo sviluppo del ‘mondo delle criptovalute’, diventa sempre più urgente chiedersi: è giunto il momento di iniziare a esplorare un quadro di gestione delle crisi per un numero maggiore di istituzioni finanziarie non bancarie?”, conclude. Senza contare l’Unione bancaria ancora da completare.

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